
Sono un frate domenicano. Docente di teologia presso lโIstituto Superiore di Scienze Religiose โsanta Caterina da Sienaโ a Firenze. Direttore del Centro Espaces โGiorgio La Piraโ a Pistoia.
Socio fondatore Fondazione La Pira โ Firenze.
โChi รจ il mio prossimo?โ una domanda apre un dialogo. Gesรน accetta di rispondere ma senza entrare in una questione da intellettuali religiosi.
Il dialogo ci riporta allo stile di Gesรน, al suo parlare non per via di definizioni, non per via di precetti da imporre, ma accompagnando a scorgere le nostalgie del cuore, raccontando una vicenda in cui tutti potevano comprendere.ย Un uomo รจ attaccato dai briganti, ed รจ lasciato dolorante e percosso, moribondo sulla strada tra Gerusalemme e Gerico, quella via che discendeva coprendo mille metri di dislivello per 30 Km circa tra la cittร del tempio e Gerico. Per quella strada passano diverse persone: un sacerdote prima, un levita poi, persone religiose, anzi custodi del sacro. Il primo forse scendeva dopo aver svolto il suo servizio settimanale nel tempio di Gerusalemme; il secondo aveva compiuto la sua mansione di inserviente o di cantore nel tempio. Erano due persone osservanti e religiose. Il sacerdote vide e passรฒ oltre e cosรฌ pure il levita vide e passรฒ oltre. La ripetizione di questo passare e andare oltre riporta ad un vedere che non si lascia interrogare non solo da quellโuomo, ma dagli innumerevoli volti segnati dalla sofferenza, dalla violenza, dallโemarginazione verso i quali cโรจ indifferenza. Videro quellโuomo lasciato mezzo morto ma proseguirono. Forse lo videro senza scorgerne un volto, forse preoccupati delle osservanze cultuali. Il racconto non presenta le ragioni del perchรฉ non si fermarono: forse perchรฉ il contatto con il sangue o con un morto rendeva impuri e impediva di compiere azioni di culto, forse perchรฉ lโuomo era uno sconosciuto, per evitare incomodi e per poter continuare il loro cammino senza interruzioni. Un modo di intendere la fede staccata dal sentire il dolore dellโaltro, oppure un modo di intendere la vita pesi solo dai propri affari.
Il samaritano, nemico ed estraneo invece vede e quel vedere lo porta a fermarsi, ad interrompere il suo cammino di fronte a quellโuomo ferito sulla strada. Tre verbi delineano il suo atteggiamento: lo vide, ne ebbe compassione e si fermรฒ. Anchโegli vide ma non passรฒ oltre. Il suo vedere lo porta a scorgere il volto di un uomo nella sofferenza e nel bisogno: il samaritano, a differenza degli altri due apparteneva ad una popolazione vista con sospetto dagli abitanti della Giudea: era considerato eretico, straniero e nemico.ย Di fronte a quellโuomo che soffriva sulla strada il suo vedere รจ diverso, si lascia toccare e coinvolgere: riconosce in lui un volto di uomo da soccorrere perchรฉ nella sofferenza e nel bisogno. โNe ebbe compassioneโ: avvertรฌ in lui una sofferenza che lo prese nelle viscere, lo coinvolse come se fosse propria. Il verbo usato โavere compassione/essere preso nelle viscereโ รจ quello nella Bibbia รจ utilizzato per dire il sentire di Dio che si prende cura di chi soffre e delle vittime. A quel samaritano รจ attribuito il verbo del soffrire di Dio che sente su di sรฉ le sofferenze dellโaltro. E la com-passione si fa movimento di avvicinamento con un progredire di azioni concrete in rapporto a quel โluiโ che da sconosciuto diviene vicino. il samaritano scopre di essere prossimo: โgli si fece vicino, gli fasciรฒ le ferite versandovi olio e vino; poi, caricatoloย sopra il suo giumento, lo portรฒ ad una locanda e si prese cura diย luiโ. Sono gesti concreti, gesti della cura che hanno al centro la persona. Quellโuomo รจ per il samaritano un โtuโ di cui prendersi cura, cosรฌ come dice allโalbergatore mettendo in atto un movimento piรน vasto che giunge dove egli stesso non puรฒ arrivare: โAbbi cura di luiโฆโ.
Nel racconto il samaritano si prende cura dellโaltro, riconosce nel sofferente non un nemico, ma un uomo da soccorrere. Il prossimo non รจ solamente chi appartiene al proprio gruppo, al proprio clan, alla propria confessione religiosa. Nel racconto Gesรน mostra che il samaritano non si รจ chiesto teoricamente โchi รจ il mio prossimoโ ma ha scoperto il volto di chi soffriva. Gesรน poi rinvia alla responsabilitร personale: โchi รจ stato il prossimo di colui che รจ incappato nei briganti?โ. Capovolge la domanda iniziale del dottore: non รจ importante domandarsi teoricamente โchi รจ il mio prossimo?โ, ma scoprire nella vita imparando a vedere, a fermarsi e a provare compassione: ย โa chi tu sei prossimo?โ.
I gesti del prendersi cura sono lโunica parola credibile su Dio. In quei gesti si rende vicino il volto di Dio che chiede a noi di vivere una fraternitร nuova.
Alessandro Cortesi op
Fonte: il sito di don Alessandro Cortesi



