La frase chiave di questa domenica non รจ un invito, ma unโaffermazione! Il verbo non รจ nel modo del congiuntivo esortativo, e neanche di un imperativo, che sarebbe โsiateโ, ma esprime con chiarezza una situazione di fatto, perchรฉ il modo del verbo รจ โindicativoโ, dice ciรฒ che โsiamoโ, indica una realtร di cui occorre avere coscienza, perchรฉ diventa ipso facto una responsabilitร .
Il digiuno che Dio gradisce
Il brano profetico (Is 58,7-10) si colloca nel solco della tipica denuncia di una religione ridotta a formalismo rituale e di una conseguente proposta di tradurre la fede nel Dio di Israele in comportamenti che si immagina siano i suoi.
I versetti che precedono il brano proposto nel Messale, e che forse non sarebbe male riprendere anche nellโomelia, descrivono tutta una serie di modi di intendere il digiuno che hanno come regola anzitutto il bisogno di essere visti da Dio: ยซPerchรฉ digiunare, se tu non lo vedi, mortificarci, se tu non lo sai?ยป, contro cui Gesรน stesso avverte invece di fare penitenza senza essere visti (Mt 6,18); viene poi il digiunare ยซtra litigi e alterchi e colpendo con pugni iniquiยป, per non dire di quella messa in scena mirata a raccogliere lโapplauso, che si fa ยซpiegando come un giunco il proprio capo, usando sacco e cenere per lettoยป!
Certo, la spettacolarizzazione della propria fede, con gesti e atteggiamenti tutti esteriori che si possono calcolare e infilare in maniera vistosa su un ยซpallottoliereยป della fede possono dare lโillusione di far vedere a tutti come si รจ bravi, ma non รจ questa la via. Questo รจ gettare fumo negli occhi, mentre quello che Dio si attende da noi รจ ยซuna luce che sorge come lโauroraยป!
Si noti la stupenda gentilezza dellโimmagine. Si รจ mai avuto la fortuna di osservare il nascere della luce nel silenzio di un mattino in alta montagna? Il vangelo di oggi ci ricorderร che siamo anche chiamati, per vocazione, ad essere ยซluce che risplende davanti agli uomini, perchรฉ vedano le nostre opere buone e rendano gloria al Padre nostro che รจ nei cieliยป, ma โ come dice Isaia โ questa non รจ la luce degli abbaglianti che accecano e uccidono, ma luce delicata, quasi un sussurro, che ha la sua forza nel mettere in primo piano anzitutto il Dio invisibile piuttosto che lโingombrante presenza del nostro io.
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Il โdigiunoโ che Dio apprezza consiste nel ยซdividere il pane con lโaffamato, nellโintrodurre in casa i miseri, senza tetto, nel vestire uno che vedi nudo, senza trascurare i parentiยป. Possiamo tradurre questi comportamenti in virtรน quali la condivisione, lโospitalitร , il dono che arricchisce chi ne รจ privo, per concludere con lโattenzione caritatevole ai parenti, che si rischia di trascurare magari facendo appello proprio a un amore โuniversaleโ, che tale non puรฒ essere se non comincia dai vicini.
I benefici di โquestoโ digiuno sono magnificamente riassunti nei quattro effetti che seguono: diventare luce aurorale che infonde speranza e coraggio, guarire le nostre ferite guarendo quelle degli altri, procedere nel cammino della vita come avvolti da una giustizia che ci precede e dalla gloria del Signore che ci segue.
E, per finire, la meravigliosa prospettiva che si apre in un rapporto familiare e gioioso con il Signore: lo invocherai ed egli ti risponderร ! E per non dimenticare, il profeta riprende i comportamenti virtuosi esposti sopra per concludere con uno squillo di fanfara che riprende il tema della luce: ยซla tua tenebra sarร come il meriggioยป!
La sapienza umana davanti al mistero
La seconda lettura (1Cor 2,1-5) ci presenta un Paolo che, in certo senso, si tira indietro; a differenza dei digiunatori bollati da Isaia, si toglie dal proscenio e si colloca sul fondo scena, quasi si auto-cancella: ai cristiani di Corinto dichiara di non essersi presentato ad ยซannunciare il mistero di Dio con lโeccellenza della parola o della sapienzaโฆ ma nella debolezza e con molto timore e trepidazioneยป.
Si dice che, quando arrivรฒ a Corinto, gli scottava ancora la sconfitta subรฌta dopo il discorso dellโareopago (At 17,32), nel quale aveva fatto un tentativo di โinculturareโ il messaggio cristiano in categorie filosofiche, peraltro tipiche della propaganda monoteistica del giudaismo ellenistico.
Lโinsuccesso di quella proposta, anche se non totale, lo portรฒ a un atteggiamento radicalmente opposto: ยซIo ritenni di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesรน Cristo, e Cristo crocifissoยป.
Certo, la fede ha bisogno anche della ragione, almeno per concludere alla sua ragionevolezza, ma lโatto di fede non รจ la pura conclusione di un โragionamentoโ! La croce resta pur sempre, da qualsiasi parte la si guardi, scandalo e stoltezza (1Cor 1,22-23), realtร irriducibili a qualsiasi tentativo di razionalizzazione. La croce, in se stessa, rimane un grosso punto interrogativo, come rimane tutto il male che cโรจ nel mondo.
Lโunica risposta a quellโinterrogativo รจ il corpo di Gesรน che vi รจ morto sopra, e la risposta decisiva รจ la sua risurrezione, che รจ la firma messa da Dio sul senso di quella morte. ร importante che Paolo riassuma il senso del suo discorso ricordando che ciรฒ che egli intende e desidera รจ che ยซla nostra fede non sia fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dioยป.
La croce, con tutto ciรฒ che questo significa, resterร sempre un problema, e la fede richiederร sempre un โsaltoโ di fiducia che chiama in questione la nostra libertร di decisione. Cosรฌ come la fede, in quanto adesione a Gesรน Cristo, e a Cristo crocifisso, che รจ e rimane stoltezza e scandalo rispetto al buon senso di una visione tutta mondana delle cose, resterร sempre aperta al dubbio e agli interrogativi che tale prospettiva continuerร a porre.
La โsapienza umanaโ la conosciamo bene, la โpotenza di Dioโ possiamo solo intravederla, ma in modo tale da porre in essa la nostra speranza. Non รจ facile, e perรฒ un โtuffarsiโ nellโamabilitร di un Dio che si รจ rivelato nella figura umana di Gesรน, ha lโeffetto liberatorio di toglierci da un eccesso di attenzione a noi stessi, il che ci rende piรน disponibili e aperti verso gli altri, gioiosi di condividere con tanti lo stesso affidamento.
Sale, luce e cittร sul monte
Il vangelo (Mt 5,13-16) ci presenta tre modi di presenza nel mondo del discepolo di Gesรน: il sale della terra, la luce del mondo, la cittร sopra un monte; aggiunge poi che queste tre figure rispondono allโesigenza che la fede โsi vedaโ, precisando che questa visibilitร รจ mirata a visualizzare e celebrare la โbontร del Padreโ. Questo rimane il vero e unico obiettivo del โmostrareโ quale effetto faccia sulla vita del discepolo ciรฒ che egli afferma di credere.
Allโopposto, le visualizzazioni di un โdigiunoโ tutto esteriore e formale cui non segue alcun effetto di una vita virtuosa, giร denunciate da Isaia, costituiscono non un aiuto a questa epifania della bontร , ma sono piuttosto un ostacolo, diventano un sale insipido, una lampada che irradia fumo e tenebra, una cittร che sprofonda nel nulla.
Vorrei collegare le tre figure al ยซpiccolo granello di senapaยป e al ยซlievitoยป di cui parla Mt 13,31-33, che con la loro natura di โpiccolezza e di nascondimentoโ aiutano a leggere in modo non vacuamente trionfalistico le tre metafore presentate nel vangelo odierno.
Tenendo ben chiaro nella mente che la missione del discepolo nel mondo รจ quella di rivelare con trasparenza la bontร di Dio, รจ possibile evitare il rischio di una sorta di narcisismo spirituale, o di autoreferenzialitร , che rimane sempre nel desiderio di una visibilitร della fede vissuta.
La posizione radicale di Paolo, che mette al centro dellโannuncio cristiano Cristo, e Cristo crocifisso, mira proprio a battere in breccia tale illusione.
Comincio dal sale, circa il quale ricordo unโaffermazione di padre Sorge, che, in anni in cui da qualche quartiere cattolico si criticava la โscelta religiosaโ dellโAzione cattolica come un rintanarsi nelle catacombe, ebbe a dire: ยซGesรน ci chiede di essere sale del mondo, non di trasformare il mondo in una salieraยป!
Quanto alla luce poi, mi รจ capitato di riflettere che ai tempi di Gesรน, e per moltissimo tempo dopo, questa parola aveva un senso ben diverso dal nostro, abituati ormai a un eccesso di illuminazione (si parla in proposito di โinquinamentoโ) che ha i suoi rischi. Fino a neanche un paio di secoli fa, credo che la luce prendesse tutto il suo significato in riferimento al buio e alla notte: era la luce di una candela o di una lanterna, la luce prodotta da un fuoco, una luce viva, cioรจ, che nasceva da qualcosa che si consumava: la cera, lโolio o la legna. Applicato a noi, questo fatto ci ricorda che non basta un clic su un pulsante perchรฉ le nostre opere diventino luce, e se pensiamo che lโopera di fede per eccellenza รจ il dono di sรฉ, รจ necessario che qualcosa in noi bruci e si consumi perchรฉ questo appaia; detto in altri termini, qualcosa deve morire perchรฉ si manifesti la vita, perchรฉ si accenda una luce.
Circa la cittร sul monte, sempre pensando ai tempi del vangelo, penso che si possa dire che una vista del genere รจ possibile solo da lontano, qualcosa cioรจ che non si puรฒ toccare con mano, ma รจ piuttosto un traguardo che si intravede, un ideale da raggiungere, del quale le nostre opere โbuoneโ sono solo una visione parziale, appunto perchรฉ la visione totale รจ solo la bontร di Dio.
Non so quanto tale interpretazione possa trovare consensi, ma ritengo che in tale lettura ci sia una sua coerenza, soprattutto se si pensa al regno paragonato alla sproporzione che esiste tra il granello di senapa e lโalbero che ne nasce, e al lievito rispetto alla pasta. Ma ancor piรน si deve riflettere alla messa in guardia di Gesรน, che ci invita a digiunare ยซnel segretoยป (cf. Mt 6,17-18), un avvertimento da tenere in tensione con il ยซvedano le vostre opere buoneยป.
Lโequilibrio โ come si sa โ non risulta dallo scartare lโuna o lโaltra delle cose che sembrano opporsi: questo produrrebbe solo lโappiattimento, o lโunilateralitร tipica del fanatismo vociante o della timidezza paralizzante: lโequilibrio โ come รจ stato detto โ รจ la sana gestione degli opposti, che, tenuti insieme, arrivano a temperarsi saggiamente gli uni gli altri. ร, come si dice, la logica dellโe/e, e non dellโo/o.
Per arrivare a questo traguardo, la pratica della riflessione e della preghiera non รจ mai troppa.
A cura di Nico Guerini, studioso di letteratura, esperto di testi di mistica, ha pubblicato vari libri di spiritualitaฬ.
Letture della Domenica
V Domenica del Tempo Ordinario โ ANNO A
Colore liturgico: VERDE
Prima Lettura
La tua luce sorgerร come l’aurora
Dal libro del profeta Isaรฌa
Is 58, 7-10
Cosรฌ dice il Signore:
ยซNon consiste forse [il digiuno che voglio]
nel dividere il pane con lโaffamato,
nellโintrodurre in casa i miseri, senza tetto,
nel vestire uno che vedi nudo,
senza trascurare i tuoi parenti?
Allora la tua luce sorgerร come lโaurora,
la tua ferita si rimarginerร presto.
Davanti a te camminerร la tua giustizia,
la gloria del Signore ti seguirร .
Allora invocherai e il Signore ti risponderร ,
implorerai aiuto ed egli dirร : โEccomi!โ.
Se toglierai di mezzo a te lโoppressione,
il puntare il dito e il parlare empio,
se aprirai il tuo cuore allโaffamato,
se sazierai lโafflitto di cuore,
allora brillerร fra le tenebre la tua luce,
la tua tenebra sarร come il meriggioยป.
Parola di Dio
Salmo Responsoriale
Dal Sal 111 (112)
R. Il giusto risplende come luce
Spunta nelle tenebre, luce per gli uomini retti:
misericordioso, pietoso e giusto.
Felice lโuomo pietoso che dร in prestito,
amministra i suoi beni con giustizia. R.
Egli non vacillerร in eterno:
eterno sarร il ricordo del giusto.
Cattive notizie non avrร da temere,
saldo รจ il suo cuore, confida nel Signore. R.
Sicuro รจ il suo cuore, non teme,
egli dona largamente ai poveri,
la sua giustizia rimane per sempre,
la sua fronte sโinnalza nella gloria. R.
Seconda Lettura
Vi ho annunciato il mistero di Cristo crocifisso.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corรฌnzi
1 Cor 2,1-5
Io, fratelli, quando venni tra voi, non mi presentai ad annunciarvi il mistero di Dio con lโeccellenza della parola o della sapienza. Io ritenni infatti di non sapere altro in mezzo a voi se non Gesรน Cristo, e Cristo crocifisso.
Mi presentai a voi nella debolezza e con molto timore e trepidazione. La mia parola e la mia predicazione non si basarono su discorsi persuasivi di sapienza, ma sulla manifestazione dello Spirito e della sua potenza, perchรฉ la vostra fede non fosse fondata sulla sapienza umana, ma sulla potenza di Dio.
Parola di Dio
Vangelo
Voi siete la luce del mondo.
Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 5, 13-16
In quel tempo, Gesรน disse ai suoi discepoli:
ยซVoi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderร salato? A nullโaltro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non puรฒ restare nascosta una cittร che sta sopra un monte, nรฉ si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e cosรฌ fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Cosรฌ risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perchรฉ vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che รจ nei cieliยป.
Parola del Signore
