Il percorso ascendente del catecumenato quaresimale arriva al punto piรน alto nella domenica di Lazzaro, con il miracolo-segno piรน grande che Gesรน abbia compiuto, in cui riporta alla vita uno morto da quattro giorni, che paradossalmente segna anche la sua condanna a morte.
Dopo lโintrecciarsi di sete fisica e sete spirituale nellโincontro con la samaritana, dopo il contrasto tra chi dice di sapere e non sa di fronte a colui che รจ nato cieco e cresce gradualmente in conoscenza e consapevolezza, siamo messi oggi di fronte alle due possibilitร che lโuomo si trova davanti nel suo percorso su questa terra, una vita mortale e una morte vitale, per dirla con alcuni grandi Padri della tradizione cristiana.
La morte sconfitta dalla vita
Nellโottica della fede, la prima morte รจ il destino al quale ci espone la nascita fisica, mentre la seconda morte, quella fisica, diventa in realtร una seconda nascita, il cui seme รจ messo in noi dal battesimo, e che si realizzerร con la morte terrena, la quale, nel linguaggio cristiano, รจ sempre chiamata dies natalis o โnascita al cieloโ. Come scrive Isacco della Stella: ยซQuando nasciamo, cominciamo a morire, e a vivere quando moriamo. Per cui, come questa vita รจ chiamata mortale, cosรฌ quella morte dovrebbe essere chiamata vitale. Fino a quando viviamo su questa terra noi moriamo; e, quando terminiamo la vita, siamo simultaneamente privati della morte. [โฆ] Meraviglia! La vita dร la morte, e la morte dร la vita: la vita รจ la nascita della morte, e la morte la nascita della vitaยป (Sermone 49, 1-2, in I sermoni, vol. II, Milano 2007, p. 295).
Questo discorso, che parrebbe un elegante gioco di parole, assume tutta la sua veritร alla luce di due eventi capitali: la colpa originale che inserisce la morte in ciรฒ che รจ nato come vita (vedi 1ยช domenica di quaresima), e la morte e risurrezione di Cristo, che, trasmessa in noi dal battesimo, inserisce nel nostro corpo mortale un principio di vita che si rivelerร nella โrisurrezione della carneโ, come professiamo di credere nella forma breve di Credo nota come Simbolo apostolico, altrimenti descritta come โrisurrezione dei mortiโ nellโaltro Credo, quello piรน lungo e piรน usuale chiamato Simbolo niceno-costantinopolitano.
Questo passaggio dalla morte alla vita รจ il tema della liturgia di questa domenica, e costituisce lโultima tappa del cammino catecumenale nel quale siamo entrati con lโinizio della quaresima.
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Ezechiele e Paolo
La promessa di una finale sconfitta della morte รจ proclamata a gran voce dal profeta Ezechiele nella prima Lettura (Ez 37,12-14), un discorso che si rivolge agli ebrei al tempo dellโesilio babilonese (597-538 a.C.), tratto dallo spettacolare capitolo 37 con la visione delle โossa inariditeโ, del quale gli ultimi due versetti letti oggi sono la conclusione.
La visione รจ una parabola del popolo disperso in migliaia di ossa frantumate che, grazie al โsoffio vitale dello Spiritoโ, si riuniscono e si compongono pian piano in corpi integri e vivi tornando a formare il popolo di Dio, un ยซesercito grande e sterminatoยป che ritrova non solo la propria forza vitale, ma anche la terra dalla quale era stato strappato, che sarร loro ridonata adempiendo la promessa fatta al tempo dellโuscita dalla schiavitรน egizia per entrare nella patria della libertร , nella terra dove โriposareโ, un tema che troverร uno splendido sviluppo in Eb 3,1-4,11.
Gli orizzonti aperti dai profeti sono sempre larghi e dilatati, e servono a mantenere viva lโattesa e la speranza quando la realtร sembra andare in direzione tutta contraria. E forse non cโรจ in proposito preghiera piรน bella, in relazione a questa promessa, che riprendere le parole del Salmo 129, oggi proposto come risposta alla Lettura: ยซLโanima mia รจ rivolta al Signore piรน che le sentinelle allโaurora. Piรน che le sentinelle lโaurora, Israele attenda il Signore, perchรฉ con il Signore รจ la misericordia e grande con lui รจ la redenzione. Egli redimerร Israele da tutte le sue colpeยป.
Lโaurora sarร il mattino di Pasqua, quando Cristo, uscito dal sepolcro ยซprimogenito tra i mortiยป (Eb 1,6; Ap 1,4), potrร proclamare: ยซO morte, sarรฒ la tua morte, sarรฒ il tuo morso, o inferno!ยป (Ant. 1ยช per i Vespri del Sabato Santo).
Quanto accade nel nostro battesimo รจ detto con chiarezza da Paolo nella sua Lettera ai Romani di cui oggi leggiamo un brano tratto dal grandioso e magnifico cap. 8: ยซSe Cristo รจ in voi, il vostro corpo รจ morto per il peccato, ma lo Spirito รจ vita per la giustizia. E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesรน dai morti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darร la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo Spirito che abita in voiยป (Rm 8,8-11).
Morte e vita in questo breve passo si rincorrono come due lottatori che cercano di superarsi lโun lโaltro: 4 volte ricorre la parola โmorteโ, due volte la parola โvitaโ, ma su questa lotta aleggia lo Spirito, nominato due volte, per di piรน con lโaggiunta cruciale che lo indica come colui che โabita in noiโ, รจ il Signore di quella casa che รจ il nostro corpo, e la sua missione รจ precisamente quella di โdare la vitaโ, perchรฉ lui รจ vita, ed รจ il โsoffioโ, o forse meglio il โfiatoโ, che viene insufflato in noi. Questo speriamo.
Tra fiducia e paura
Veniamo al lungo racconto della risurrezione di Lazzaro (Gv 11,1-45), dove, come giร detto, si intrecciano vita e morte, una vita, quella di Gesรน, che porta alla morte, che sarร perรฒ una morte che porta alla vita, cosรฌ come si devono scrutare con cura tutti i comportamenti dei vari personaggi dellโepisodio nei quali siamo chiamati a identificarci anche noi.
La prima cosa che conta รจ focalizzarsi sul come si muove Gesรน. ร descritto come colui che ยซamava Marta e sua sorella e Lazzaroยป. Il verbo, agapao, รจ importante, perchรฉ ritorna nel vangelo di Giovanni quando si parla del ยซdiscepolo che Gesรน amavaยป, una figura misteriosa che tanta parte avrร nella parte finale del quarto vangelo. ร il verbo che indica un โamore affettoโ che diventerร poi tipico del lessico cristiano, lโagape, per esprimere lโaspetto di gratuitร e di dono che caratterizza lโamore vero.
Sul realismo di tale amore non cโรจ documento piรน chiaro dei singhiozzi che escono dal cuore di Gesรน davanti al sepolcro dellโamico morto. In questo dettaglio Dio ci si mostra non come unโidea o la conclusione di un sillogismo, ma come un corpo che ha sete, come noi (vedi lโepisodio della samaritana), uno che si commuove profondamente e scoppia a piangere davanti alla morte di un amico, come noi: un Dio che โ come professiamo di credere โ si รจ fatto โcarneโ nel corpo di Gesรน.
E forse รจ anche un Dio che ha paura, perchรฉ potrebbe essere questa la ragione dellโesitazione di Gesรน a muoversi per soccorrere Lazzaro. Si รจ detto che avrebbe deciso di attendere per aspettare la morte dellโamico, e rendere cosรฌ piรน grande il miracolo che intendeva compiere. Puรฒ darsi. Penso piuttosto che, sapendo di andare incontro alla โsuaโ morte, come del resto gli ricordano i discepoli, e come conferma la conclusione del brano (vv. 46-53), si รจ trovato a non sapere quale decisione prendere.
Di contro, vediamo un Gesรน che afferma con sicurezza: ยซIo vado a svegliare Lazzaroยป, e a Marta: ยซTuo fratello risorgerร ยป, e alla stessa: ยซIo sono la risurrezione e la vitaยป, e davanti al sepolcro: ยซTogliete la pietraยป, per finire con quel grido a gran voce: ยซLazzaro, vieni fuori!ยป, e ยซLiberatelo e lasciatelo andareยป.
Tra i personaggi che popolano la scena, Marta appare la protagonista. I suoi interventi meritano considerazione, a partire da una prima confessione di fede che segue un velato rimprovero: ยซSignore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! Ma anche ora so che, qualunque cosa tu chiederai a Dio, Dio te la concederร ยป. E alla risposta di Gesรน, che le assicura la risurrezione del fratello, dichiara di credere che ci sarร una risurrezione ยซnellโultimo giornoยป, ma si sente dire da lui: ยซIo sono la risurrezione e la vitaยป. Il futuro รจ trascinato nel presente. E a questo punto la fede di Marta giunge al traguardo: ยซSรฌ, o Signore, io credo che tu sei il Cristo che viene nel mondoยป.
Maria appare piรน โlentaโ, come รจ del resto la sua caratteristica (cf. Lc 10,39), e si ferma al rimprovero che Marta ha giร fatto a Gesรน di non essere intervenuto in tempo.
Poi sono da considerare i discepoli: quelli che avvertono Gesรน del pericolo che incorre andando a Gerusalemme, e, allโopposto, Tommaso che aderisce con slancio alla decisione di Gesรน di andare a ยซsvegliareยป Lazzaro: ยซAndiamo anche noi a morire con lui!ยป.
Anche il gruppo degli astanti si divide (in Giovanni questa divisione รจ la reazione regolare ai detti e ai comportamenti di Gesรน), tra chi, davanti al pianto di Gesรน, dice: ยซGuarda come lo amavaยป, e chi invece osserva: ยซLui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sรฌ che costui non morisse?ยป.
Il miracolo รจ preceduto da un momento di intensa preghiera da parte di Gesรน, che alza gli occhi al cielo e rende grazie al Padre di averlo esaudito.
Sarร bene sostare su tutti questi ondeggiamenti, quelli di Gesรน in primis, ma ancor piรน quelli di tutti gli altri personaggi, i discepoli, Marta e Maria, i giudei, che dipingono tutti i dubbi e le titubanze che costellano il nostro cammino di fede, tra la fiducia e la paura, tra lโentusiasmo con cui decidiamo di seguire Gesรน e lo scoramento che ci prende davanti alle tante difficoltร e alle numerose โmortiโ che la lotta per aderire al bene comporta.
ยซMolti dei giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciรฒ che egli aveva compiuto, credettero in luiยป. ร la conclusione alla quale siamo invitati anche noi, se vogliamo che, insieme a Gesรน, vinca in noi la vita.
