Nico Guerini – Commento al Vangelo di domenica 24 Maggio 2020

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Ai tempi in cui in seminario e nelle cattedrali lโ€™inizio delle messe nelle domeniche e nelle solennitร  era marcato dallโ€™attacco in gregoriano dellโ€™Introito, si capiva subito qual era il tono della festa. Mi torna dโ€™istinto alla mente il Viri Galilaei, con quello scatto di note verso lโ€™alto fatto apposta per accendere lโ€™attenzione, e per dire che questa festa non ha lo scopo di lasciarci imbambolati a guardare nel nulla, perchรฉ quel Gesรน che รจ venuto, verrร  ancora, e, tra un evento e lโ€™altro, continua a venire: la sua partenza da questa terra, infatti, non ha creato nessun vuoto, ma semmai lo ha riempito!

In effetti, che lโ€™Ascensione non sia una fine ma un inizio, o forse, meglio, che sia una fine nel senso di meta raggiunta per Gesรน (รˆ compiuto, dirร  sulla croce: Gv 19,30), che diventa per ciรฒ stesso anche un inizio, quello di una โ€œmissioneโ€, che ora continua come โ€œtestimonianzaโ€ nei suoi discepoli, รจ lo stesso Luca a dircelo con una scelta straordinariamente geniale. Lโ€™ultimo capitolo del suo vangelo, infatti, coincide con il primo degli Atti, che diventa dunque il โ€œsecondo raccontoโ€ di una medesima storia. Ma cโ€™รจ di piรน.

Non allontanarsi da Gerusalemme

Nella prima lettura di oggi (At 1,1-11), perรฒ, ci vengono dette alcune cose che mirano a stabilire lo stretto rapporto tra i due โ€œraccontiโ€, per cui la memoria del primo racconto mira a stabilire il percorso del secondo.

Lโ€™oggetto della memoria รจ ยซtutto quello che Gesรน fece e insegnรฒยป, dove la sequenza conta, eccome: perchรฉ prima vengono i โ€œfattiโ€, e poi le โ€œparoleโ€, anche se le due maniere con cui Dio si rivela rimangono strettamente intrecciate, come scrive la Dei Verbum: ยซQuesta economia della rivelazione avviene con eventi e parole intimamente connessi, in modo che le opere, compiute da Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtร  significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in esse contenutoยป (n. 2).

Segue un tempo di convivenza indicato nel numero simbolico di quaranta giorni in cui Gesรน si mostra vivo e torna a discorrere di ciรฒ per cui รจ venuto: il โ€œRegno di Dioโ€, immagino per ricordare e precisare in che cosa consista questo regno per il quale รจ morto e risorto, e che ora affida come ereditร  ai discepoli, e per il quale essi saranno ยซbattezzati in Spirito Santoยป.

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รˆ interessante che questi discorsi vengano collocati intorno a una โ€œmensaโ€, luogo privilegiato nei vangeli per tanti incontri, discorsi, parabole e anche rimproveri. La mensa non รจ unโ€™aula scolastica, dove Gesรน siederebbe da maestro come un professore, ma รจ un luogo di incontro, dove tutti sono sullo stesso piano, dove si celebra la fraternitร  attorno al cibo, visto e benedetto come dono di Dio per tutti, dove la โ€œparolaโ€ diventa un ulteriore nutrimento. Non ci dice niente sul come dovremmo intendere le nostre eucaristie?

Poi cโ€™รจ ยซlโ€™ordine di non allontanarsi da Gerusalemmeยป, che nella prospettiva di Luca รจ il centro di tutto: dallโ€™inizio (lโ€™annuncio a Zaccaria: 1,8-9), al compimento (la passione, morte e risurrezione), alla missione (24,47).

La menzione del Regno di Dio fa partire la domanda: รจ venuto il tempo di ricostituire un regno per Israele? Gesรน non risponde direttamente, e โ€œdistraeโ€ i discepoli da quello che forse avevano in testa con quella domanda, che cioรจ questo regno poteva essere preso sรฌ come un ยซtesoro nascosto nel campoยป, o anche ยซuna perla di grande valoreยป (Mt 13,44-46), ma forse si aspettavano che tesoro e perla glieli facesse avere per posta raccomandata in un pacchetto che bastava scartare!

Si sa quanti equivoci ha ingenerato lโ€™immaginario di Re e regno giร  al tempo di Gesรน, e non solo, purtroppo. รˆ probabile che i discepoli, pur dopo il Calvario e quel che ne era seguito, non avessero ancora capito il Regnavit a ligno Deus! E per il vero non รจ mai facile capirlo. Lโ€™ansia su โ€œtempi e momentiโ€ รจ ricorrente, ma รจ un falso problema. Le scadenze le fissa Dio, non noi. A noi tocca, come ai primi discepoli, attendere la forza dallโ€™alto per ยซessere testimoni a Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samaria, e fino ai confini della terraยป.

Detto questo, Gesรน รจ ยซsottratto ai loro occhiยป, ma non รจ il caso di perdere tempo ad aspettare che rispunti. โ€œVerrร โ€, di certo, ma non ora. Questo รจ il tempo in cui egli โ€œvieneโ€, โ€œpuรฒ venireโ€ in tutti i momenti, ma per vederlo occorre che, come dirร  subito la seconda lettura, egli ยซillumini gli occhi del nostro cuoreยป.

Le meraviglie di Dio

La Lettera agli Efesini รจ un capolavoro assoluto anche a livello letterario: amo ripetere che si tratta di un testo che canta e incanta. Oggi ci viene proposto Ef 1,17-23, un passo che, dopo tre versetti di una densissima prosa (si vedano nella Bibbia di Gerusalemme di quanto sono cariche di citazioni le sei righe che vanno da 17 a 19), esplode in una seconda parte del Cantico che ha giร  occupato i versetti 1,3-14.

Non รจ un ragionamento, non รจ una disquisizione dottrinale, รจ un โ€œinnoโ€ che celebra le glorie, le promesse, le meraviglie di Dio, usando il linguaggio di quella che si chiama teologia dossologica, o celebrativa, che si esprime piรน volentieri nel canto. Di cosa parla infatti? Di speranza, di gloria, di una nostra ereditร  tra i santi, della forza e del vigore di Dio, di Cristo che siede al di sopra di tutte le potenze del cielo, al disopra di ogni nome, nel tempo presente e futuro, con tutte le cose messe sotto i suoi piedi. รˆ una vera e propria intronizzazione, che termina con una glorificazione pure della Chiesa, che riceve questo Cristo come suo capo, e diventa cosรฌ il suo corpo, ยซla pienezza di Colui che รจ il perfetto compimento di tutte le coseยป.

Questa idea per cui la Chiesa รจ il โ€œcompimentoโ€ del corpo di Cristo รจ stata magnificamente illustrata da Isacco della Stella, un โ€œmaestroโ€ della grande generazione di primi cistercensi del XII secolo, nel suo magnifico Sermone 42 per la festa dellโ€™Ascensione. Comincia con il chiedersi: ยซQuale sarebbe il vantaggio della discesa del Figlio di Dio se la sua ascensione come Figlio dellโ€™uomo riguardasse solo lui?ยป.

Proprio riflettendo sullโ€™unitร  sostanziale tra capo e corpo, Isacco arriva a precisare il suo pensiero cosรฌ: ยซTutto รจ con Dio un solo Dio, ma il Figlio di Dio รจ con Dio per lโ€™unitร  della natura, e il Figlio dellโ€™uomo รจ con Dio per lโ€™unitร  della persona con il Figlio di Dio, e il suo corpo รจ con Dio per lโ€™unitร  sacramentale con il Figlio dellโ€™uomo. Il Figlio dellโ€™uomo รจ dunque disceso dal cielo solo, e questo in riferimento alla divinitร , ma non tutto intero, e questo in ragione della sua umanitร , mentre ascenderร  solo e tutto intero in ragione dellโ€™unitร  che lega il capo al corpoยป (Si vedano Isacco della Stella, I sermoni, Paoline 2006, p. 327 e 330).

Isacco della Stella รจ stato giustamente indicato come una fonte importante della teologia del Corpo mistico. Segnalo che i nn. 11-18 di questo Sermone 42 appaiono, con non poche omissioni, nellโ€™Ufficio delle Letture del venerdรฌ della 5a settimana di Pasqua.

Una missione gigantesca

E siamo al vangelo (Mt 28,16-20), che dice un altro modo di vedere il senso di questo evento, un modo presto detto, senza nessuna scenografia: ยซEcco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondoยป. รˆ difficile dire con maggiore chiarezza che lโ€™Ascensione non รจ la fine di una presenza, ma la dilatazione immensa della presenza di Cristo, che diventa cosรฌ Signore del tempo e dello spazio, in conseguenza di ciรฒ che viene detto: ยซA me รจ stato dato ogni potere in cielo e sulla terraยป. Il ยซDio con noiยป annunciato a Giuseppe (1,23), riaffermato presente ยซdove due o tre sono riuniti nel suo nomeยป (18,20), adesso ritorna come unโ€™assicurazione che rompe ogni limite.

Matteo, a differenza di Luca, fa ripartire la storia lร  dove era iniziata, dalla Galilea delle genti, da uno dei tanti โ€œmontiโ€ del vangelo, tra i quali, per quanto riguarda Matteo, sono almeno da nominare quello delle Beatitudini (5,1), quello dove saliva, solo, a pregare (14,23), e quello della Trasfigurazione (17,1).

In questa solenne conclusione del primo vangelo, appare perรฒ un elemento che potrebbe disturbare, se non addirittura inquietare. รˆ una frase enigmatica: ยซQuando lo videro si prostrarono. Essi perรฒ dubitaronoยป! Detta cosรฌ, sembra una contraddizione, perchรฉ come si fa a mettere dโ€™accordo la prostrazione con il dubbio? E perรฒ evidentemente Matteo non poteva dimenticare quello che gli altri tre evangelisti raccontano senza problemi (cf. Mc 16,11.14; Lc 24,11-41; Gv 20, 24-29).

Ma forse lโ€™accostamento ci aiuta a ricordare che il dubbio non sparisce mai dallโ€™orizzonte della fede, e che puรฒ essere addirittura un indicatore provvidenziale, perchรฉ capita non di rado nella vita che, alla luce di quanto ci accade, la fede rischi di appannarsi e vada di continuo riconquistata.

Contrariamente a quanto avviene di solito in Matteo, questa volta รจ Gesรน che ยซsi avvicina a loroยป: รจ un gesto che ispira fiducia, ed รจ forse ciรฒ che giustifica quanto segue. Perchรฉ รจ a persone che insieme si prostrano e dubitano che il Risorto affida una missione gigantesca: ยซfate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro tutto ciรฒ che vi ho comandatoยป.

Lโ€™aspetto dellโ€™insegnamento รจ dominante, giร  del resto preparato dalla ricchezza di materiale raggruppato da Matteo nei classici cinque โ€œdiscorsiโ€ che punteggiano il suo vangelo, che deriva, sembra, da una โ€œscuola di catechistiโ€ che era nata ad Antiochia, dove il vangelo sarebbe stato composto. รˆ il vangelo che san Domenico di Guzman teneva sempre con sรฉ, segno indubbio del motivo che lo portรฒ a fondare lโ€™ordine dei โ€œpredicatoriโ€.

Ma la parola, per quanto importante, non basta. In mezzo ci sta il sacramento, quel battesimo nel nome della Trinitร  che significa una piena immersione nel circolo virtuoso delle relazioni trinitarie. Questo รจ il frutto dellโ€™Ascensione, che dopo aver portato il cielo in terra, ora porta la terra in cielo, perchรฉ, come dice unโ€™antica colletta, ripresa alla lettera da un sermone di Leone Magno: ยซFaโ€™, o Dio onnipotente, che esultiamo di gioia santa e ci rallegriamo in un devoto rendimento di grazie, perchรฉ lโ€™ascensione di Cristo tuo Figlio รจ anche la nostra elevazione, e lร  dove รจ arrivata la gloria del capo, รจ pure chiamata la speranza del corpoยป.

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