Nico Guerini – Commento al Vangelo di domenica 15 Novembre 2020

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Il tempo e i talenti

Il talento, al centro anche di unโ€™altra parabola che illustra come si deve vivere il tempo della vita che ci รจ donata, non รจ una moneta qualsiasi, perchรฉ costituiva la paga annuale di un lavoratore comune per circa quindici anni, un totale di 5.500 giornate di lavoro. La cosa si deve tener presente, perchรฉ anche colui che ne ha ricevuto uno solo ha comunque a disposizione un capitale enorme.

La parabola รจ lโ€™ultima delle tre che precedono il giudizio finale, preceduta da quella dei due tipi di maggiordomo, uno fidato e prudente, lโ€™altro malvagio che, profittando dellโ€™assenza del padrone, maltratta i servi e sbevazza con gli ubriaconi (Mt 24,45-40), e quella delle dieci ragazze letta domenica scorsa, di cui cinque erano sagge e cinque stolte.

Tutte illustrano due comportamenti, uno giusto e uno sbagliato, comprendono un tempo in cui il padrone รจ โ€œlontanoโ€, e hanno come traguardo un giudizio finale che premia felice chi ha operato bene e castiga severamente chi in vario modo ha sbagliato, non rispondendo alle attese del padrone.

Per il loro tema, che รจ come ci si deve comportare durante lโ€™assenza del padrone, e il giudizio definitivo che viene dato al comportamento in questione, si usa dire che le tre parabole hanno un chiaro intento escatologico, riguardano cioรจ il giudizio finale. Ma questo non le sottrae allโ€™interesse che hanno per il tempo presente, se non altro perchรฉ alla fine saremo chiamati a rendere conto di come abbiamo sfruttato il tempo che ci รจ stato donato, e cosa abbiamo fatto dei beni che ci sono stati โ€œaffidatiโ€ perchรฉ ne facessimo un buon uso.

Le tre parabole, uguali nello schema e nellโ€™intento, non sono perรฒ identiche nel modo di sviluppare lโ€™argomento, come si รจ visto. Quella di oggi mette a tema la laboriositร , visibile nei due servi dei quali si loda lโ€™intraprendenza e il fervore, mentre si giudica severamente la neghittositร  e lโ€™ignavia del terzo, insieme a una falsa paura che la genera.

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La โ€œdonna forteโ€

La prima lettura ci fa entrare direttamente nel tema illustrando il comportamento di una ยซdonna forteยป. Il testo รจ un collage composto di versetti tratti da Pr 31,10-31 (10-13.19-20.30-31) che descrivono una figura le cui qualitร  eccezionali sono evidenziate dalla sua raritร : ยซUna donna forte chi potrร  trovarla? Ben superiore alle perle รจ il suo valoreยป.

Gli elementi del ritratto possono essere raccolti in tre quadretti.

Il primo riguarda il rapporto con il marito, che ha fiducia in lei e dalla quale riceve ยซfelicitร  e non dispiacere per tutti i giorni della sua vitaยป.

Questo mirabile esempio di fedeltร  รจ inoltre accompagnato da una laboriositร  esemplare, che si esprime nel filare e nel tessere e in molte altre attivitร  che comprendono, nei versetti qui omessi, lโ€™acquisto di cibo e provviste varie, lโ€™organizzazione del lavoro da fare nella casa, lโ€™intraprendenza di chi ยซpensa a un campo e lo acquista, e con il frutto delle sue mani pianta una vignaยป.

Il terzo quadretto va ancora oltre, perchรฉ questa donna allarga la sfera delle sue attenzioni al misero e al povero. E la conclusione giunge quanto mai opportuna: ยซIllusorio รจ il fascino e fugace la bellezza, ma la donna che teme Dio รจ da lodareยป.

Il verbo โ€œtemereโ€ non inganni. Il termine si ritrova molto spesso nella Bibbia, ma il timore di Dio non รจ la paura โ€“ come invece si vedrร  nel terzo servo che ha ricevuto un solo talento โ€“ ma il rispetto dovuto a chi ci ha ricolmato con la vita di tanti doni e chiede giustamente che ci sentiamo responsabili dellโ€™uso che ne facciamo. Peraltro, il significato di โ€œtemere Dioโ€ รจ illustrato magnificamente e chiaramente nel Salmo 127.

Verso lโ€™aurora

Si รจ giร  detto dellโ€™orizzonte escatologico che caratterizza questo gruppo di tre parabole che guardano al giudizio finale, e la seconda Lettura (1Ts 5,1-6) arriva a proposito. La nostra fede ha come sbocco il ritorno del Signore, noto come โ€œseconda venutaโ€, che comprende quattro eventi chiamati โ€œnovissimiโ€, cioรจ le โ€œultime coseโ€: morte, giudizio, inferno, paradiso.

Negli anni cinquanta, quando frequentavo il seminario, questi temi formavano ancora un passaggio obbligato negli esercizi spirituali tenuti in unโ€™atmosfera di rigoroso silenzio, allโ€™inizio e alla fine dellโ€™anno scolastico, cui partecipavano tutti, dai piccoli ai teologi.

Lโ€™idea che me ne facevo โ€“ ma non solo io โ€“ era che il loro scopo principale era seminare la paura, se non proprio il terrore, in funzione di quella liberazione catartica che era la confessione generale, dopo la quale si tornava a respirare nella leggerezza e nella gioia. Era come viaggiare in discesa una volta raggiunta la cima al termine di unโ€™ascesa faticosa.

Ricordo ancora lโ€™impressione che mi fece la lettura del Ritratto dellโ€™artista da giovane, un romanzo autobiografico pubblicato da Joyce un secolo fa, nel 1916, quando arrivai alla descrizione minuziosa del corso di esercizi da lui frequentato quando studiava dai gesuiti, dove ritrovavo nelle prediche sui novissimi โ€“ e nelle paure che ne seguivano โ€“ un linguaggio identico a quello che udivo e, di riflesso, le stesse sensazioni da me provate cinquantโ€™anni dopo.

Da tempo il tema dellโ€™escatologia รจ in piena revisione, e succede che la generazione degli anziani lamenti a volte il fatto che non se ne parli piรน. Ma non รจ un discorso che si possa eliminare, e trovo molto apprezzabile il tentativo dellโ€™arcivescovo di Milano di fornire una versione piรน positiva e incoraggiante dellโ€™escatologia, un tema da sviluppare come educazione alla speranza e alla gioia proprie di ยซun popolo che รจ in cammino verso la cittร  santa, la nuova Gerusalemmeยป (Lettera pastorale per il 2018-2019).

Questa era peraltro la visione, in forma di affresco o mosaico, che le grandi cattedrali medievali mostravano sulla controfacciata, dove i fedeli, al termine della celebrazione liturgica, potevano vedere con chiarezza la meta verso la quale uscivano: il giudizio universale con i suoi due esiti!

Del resto, negli autori medievali era comune la proposta di scegliere come tema di meditazione la contemplazione del paradiso, che san Bernardo vede come ยซcittร  dellโ€™amiciziaยป, dove ยซnessun nemico entra e da dove nessun amico se ne vaยป! Una visione del genere cambia tutto.

E il brano di Paolo, offerto oggi in seconda Lettura, mira proprio a non farci vivere nella paura dovendo aspettare un giustiziere che arriva ยซcome un ladro di notteยป! Lโ€™apostolo ricorda che noi ยซnon apparteniamo alla notte nรฉ alle tenebre, ma siamo figli della luce e figli del giornoยป, e dunque dovremmo abituarci a pensare alla morte non come a un entrare nel buio, ma come un giungere alla pienezza della luce! Mi piace ricordare unโ€™immagine molto bella usata da Gregorio Magno, che vede il cristiano come ยซuomo dellโ€™auroraยป, non piรน nella notte, ma non ancora in pieno giorno, sempre a rischio di essere risucchiato nel buio, certo, ma potenzialmente aperto a un crescere della luce fino al giorno pieno.

I tre destinatari dei talenti

Con il vangelo (Mt 25,14-30) si arriva finalmente alla parabola dei tre servi e dei talenti che un uomo, ยซpartendo per un viaggioยป, consegna loro ripartendoli ยซsecondo le loro capacitร ยป. Comunque venga chiamato questo โ€œuomoโ€, รจ chiaro che il riferimento รจ a Dio, signore del creato e della storia. Piuttosto interessa la visione di lui che hanno i tre servi ai quali vengono affidati dei โ€œtalentiโ€.

Mentre i primi due vedono in lui un generoso benefattore, che sentono il bisogno di ringraziare usando al meglio i benefici ricevuti, il terzo ha paura della sua severitร , sapendo che รจ ยซun uomo duro, che miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparsoยป, e va a nascondere il talento sotto terra per poterlo restituire al ritorno del padrone.

Mentre i primi due sono dichiarati ยซservi buoni e fedeliยป e invitati a ยซprender parte alla gioia del loro padroneยป, il terzo รจ condannato come ยซmalvagio e pigroยป, e come tale viene ยซgettato nelle tenebreยป.

Il messaggio non puรฒ essere piรน chiaro. Piuttosto puรฒ sorprendere la sentenza conclusiva, per cui ยซa chi ha verrร  dato, ma a chi non ha verrร  tolto anche quello che haยป. Sembrerebbe una crudeltร  incomprensibile. In realtร  si potrebbe parafrasarla cosรฌ, introducendo il fattore della โ€œconsapevolezzaโ€: piรน uno รจ consapevole della grandezza dei doni ricevuti, piรน li utilizza per farli fruttare davanti al donatore, perchรฉ sa che, come dice un vecchio adagio, ยซquanto piรน crescono i doni, tanto piรน cresce il conto che si dovrร  rendere circa lโ€™uso che se ne รจ fattoยป. Chi pensa invece che i โ€œtalentiโ€ siano sua proprietร , da sprecare come si crede, resterร  alla fine a mani vuote.

Lโ€™attesa della seconda venuta del Figlio per giudicare le nazioni non รจ dunque un tempo vuoto da spendere nellโ€™inerzia, e ancor meno nella paura. Se รจ vero che i cristiani sono i ยซseguaci della viaยป (At 9,2) essi sono chiamati, come il loro Maestro, a โ€œcamminareโ€! Ed รจ una buona regola credere che ogni cosa, o persona, che ostacola o paralizza il cammino non puรฒ essere buona.

Entrano in questo discorso anche i fallimenti e le delusioni che costellano la vita di ognuno, e che possono portare a una sorta di rassegnazione che in realtร  traduce una forma sottile di disperazione. Contro questo pericolo vale sempre la raccomandazione preziosissima di Paolo: ยซNon lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il beneยป (Rm 12,21). Si puรฒ fare tenendo viva la speranza mediante il pensiero costante dellโ€™amore nel quale siamo stati creati, siamo custoditi, e saremo premiati.

Per questo penso che forse, nella predicazione, piรน che mettere lโ€™accento maggiore o unico sul comportamento sbagliato del servo ยซpigroยป, conviene piuttosto esaltare e magnificare la forza che nasce dal sapersi costantemente beneficati, e sullโ€™onda di tale consapevolezza, fare il proprio lavoro, per quanto umile possa essere, con quella sana laboriositร , che dร  senso e valore alle nostre giornate.

FonteSettimana News

Commento a cura di Nico Guerini


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