Le prime due domeniche di quaresima possono essere lette come una duplice introduzione alla spiritualitร di questo tempo liturgico, consacrato โ lo si ricordi โ a tornare ad agitare le acque del nostro battesimo per impedire che diventino uno stagno di acque morte.
Lโinizio ci ha detto come, nella nostra condizione di creature deboli e handicappate, abbiamo bisogno di una continua lotta contro il male e di un costante allenamento per edificare in noi abitudini buone; la seconda domenica ci ha presentato nella Trasfigurazione lโobiettivo di realizzare giorno per giorno in noi la bellezza di quella โnuova creaturaโ della quale il battesimo ha instillato in noi la radice, e questo mediante il fascino che deriva dalla bellezza del traguardo, e la consolazione di sapere che in questo percorso il Risorto ci ha preceduto e ci accompagna.
Ora, con le altre tre domeniche si entra decisamente nel percorso catecumenale di riscoperta del nostro battesimo mediante tre storie che hanno come tema centrale lโacqua (III, la Samaritana), la luce (IV, il cieco nato), la vita (V, Lazzaro). Sono pagine che la tradizione antica ci ha consegnato (il rito ambrosiano le fa leggere tutti gli anni, e la cosa, volendo, e se si ritiene opportuno, puรฒ essere fatta anche nel rito romano) proprio come ingredienti di base di un percorso catecumenale.
Lโacqua รจ lโelemento piรน noto e piรน qualificante del battesimo. Lโelemento ha piรน di un significato. Quello piรน noto รจ il suo potere di lavare e pulire, e temo che, per tanti, sia lโunico che viene in mente, anche perchรฉ la catechesi di anni passati insisteva molto sulla โmacchiaโ del peccato originale, anche se poi alcuni erano portati a chiedersi: ma cosa mai ha fatto di male un neonato per aver bisogno di essere purificato? Domanda piรน che legittima, che perรฒ proveniva da una catechesi mutila e riduttiva.
Che questa sia una visione parziale delle cose, e neanche la piรน importante, lo spiega bene Pietro nella sua prima Lettera, che รจ intesa dagli esegeti come unโomelia battesimale, lร dove, ricordando le otto persone che nel diluvio furono salvate per mezzo dellโacqua, scrive: ยซQuestโacqua, come immagine del battesimo, ora salva anche voi; non porta via la sporcizia del corpo, ma รจ invocazione di salvezza rivolta a Dio da parte di una buona coscienza in virtรน della risurrezione di Gesรน Cristoยป (1Pt 3,21).
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La liturgia di oggi, per esempio, vede nellโacqua principalmente un elemento che disseta, e che come tale รจ necessario alla vita. A un livello superiore metaforico la sete รจ simbolo del โdesiderioโ che ci abita dal principio, a partire dai bisogni di carattere fisico fino a quelli piรน elevati di carattere morale e spirituale. Questo รจ il tema della liturgia di questa domenica.
โIl Signore รจ in mezzo a noi, sรฌ o no?โ
La cosa รจ chiara fin dalla prima Lettura (Es 17,3-7), dove, di fronte al popolo che rischia di morire di sete nel deserto, Dio, per mezzo di Mosรจ, fa scaturire acqua dalla roccia cosรฌ che il popolo possa bere e salvarsi. Lโepisodio dice anche altre cose, e il ricordo con cui viene consegnato alla storia, curiosamente non riguarda il miracolo dellโacqua, quanto piuttosto il retroterra che lo precede, e cioรจ la โmormorazioneโ del popolo assetato per la mancanza di acqua, che se la prende con Mosรจ.
Il lamento รจ feroce: il condottiero, che giร tanti ostacoli e resistenze aveva dovuto sopportare da parte della sua gente che egli intendeva liberare dalla schiavitรน, si sente dire ora che egli li avrebbe portati attraverso il deserto per ยซfarli morire tuttiยป, uomini e bestiame!
Il poveretto รจ sconvolto, e si rivolge al Signore, al quale pure risaliva lโiniziativa, affidata a Mosรจ, di far uscire il popolo dallโEgitto, con un โgridoโ che esprime la paura di essere โlapidatoโ da quegli stessi che egli voleva salvare.
Dio risponde, chiedendogli che, con lo stesso bastone con cui aveva aperto le acque del Nilo, percuota ora la roccia per farne sgorgare acqua: detto fatto.
Ma โ come ho appena sottolineato โ al redattore biblico interessa sottolineare la mancanza di fede del popolo, il che gli fa concludere il racconto con la parola che sfida Dio, chiamandolo direttamente in causa: ยซIl Signore รจ in mezzo a noi, sรฌ o no?ยป.
Quante volta capita anche a noi, davanti a una difficoltร , una malattia, una prova che intralcia il nostro benessere, di fare, e farci la stessa domanda, che, per quanto istintiva e legittima nei confronti di un Dio nel quale crediamo perchรฉ รจ buono, finisce per mettere in crisi proprio questa fede.
Non stupiamoci di questo: la cosa non va letta automaticamente come una โperdita di fedeโ, ma piuttosto come un momento di passaggio, nel quale possiamo imparare come pure ostacoli e prove fanno parte di una misteriosa pedagogia di Dio proprio per educarci a fare tesoro anche delle difficoltร , magari perchรฉ, per esempio, ci aiutano ad essere capaci di compassione verso le difficoltร degli altri.
Questione di fede
Il brano di Paolo (Rm 5,1-2.5-8) รจ un poโ una risposta alla mormorazione, che รจ poi in effetti una vera protesta, del popolo nel deserto. Se il loro peccato รจ stato una decisa mancanza di fiducia, o si potrebbe dire di โfedeโ, nei confronti del Dio di Israele, Paolo spiega quale possa essere il fondamento di una fede che ci deriva da una โgraziaโ inoppugnabile, quella che ci rende ยซsaldi nella speranza della gloria di Dioยป. Qual รจ questa grazia? La risposta รจ breve e chiara: ยซDio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo รจ morto per noiยป.
Non cโรจ molto da aggiungere: un amore cosรฌ totalmente gratuito, che non aspetta nรฉ la nostra bontร nรฉ i nostri meriti, per dimostrarci il suo amore, non puรฒ diventare improvvisamente โtirchioโ quando si tratta di venire in nostro aiuto.
Certo, rimane sempre un problema aperto: cosa pensare quando Dio non risponde alle nostre domande, o ci manda prove che noi riteniamo immeritate e insopportabili? Non cโรจ risposta se non abbandonarci alla fiducia nel Signore, credere a quella ยซsperanza che non delude, perchรฉ lโamore di Dio รจ stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci รจ stato datoยป. Parole? Sรฌ, ma sono le parole della fede, che almeno ci portano a pregare Dio perchรฉ ci sostenga nella nostra debolezza, perchรฉ non ci abbandoni nella tentazione.
Un doppia sete
Con il vangelo della samaritana (Gv 4,5-42) entriamo decisamente nel tema dellโacqua che disseta, da tenere costantemente in connessione con la logica del desiderio. Il brano โ come quelli che seguiranno nelle due domeniche successive โ รจ ricco di innumerevoli suggestioni, impossibili da cogliere nello spazio di unโomelia. Sarebbe certamente il caso di prendere queste tre mirabili pagine di Giovanni per farne materia di una lectio divina settimanale con le persone piรน sensibili. Quale migliore programma di catechesi quaresimale?
Qui mi limito a segnalare alcune cose in linea con quanto detto sin qui. Anzitutto ad aver sete รจ Gesรน. Lo dirร anche sulla croce. In ambedue i casi si tratta certo di una sete materiale, ma sottointesa cโรจ unโaltra sete, quella del suo spirito, a marcare il suo โdesiderioโ.
Il dialogo che segue, attraverso la ben nota tecnica del quarto vangelo, รจ uno zigzagare tra questi due significati della sete: il desiderio di Gesรน di aprire la mente e il cuore della donna di Samaria, e la donna che รจ portata gradualmente a riconoscere gli errori nelle relazioni con cui ha cercato di estinguere la sua sete di amore.
Paradossalmente, colei che offre lโacqua del pozzo si accorge che รจ lei ad aver bisogno di unโaltra acqua, quella che sazia il desiderio del cuore; mentre Gesรน, che chiede da bere alla donna, si rivela in realtร come colui che puรฒ dare la vera acqua che disseta, quella โvivaโ, quella che diventa ยซuna sorgente dโacqua che zampilla per la vita eternaยป.
Il problema religioso che la donna pone a Gesรน per assicurarsi che egli sia davvero un profeta, cioรจ su โdoveโ si debba adorare, provoca una risposta che รจ una delle affermazioni piรน liberanti del vangelo, e che travolge di netto la convinzione che fondava la separazione, per non dire lโopposizione, che metteva da tempo in conflitto ebrei e samaritani. Sono parole ben note: ยซCredimi, donna, viene lโora in cui nรฉ su questo monte nรฉ a Gerusalemme adorerete il Padre. [โฆ] Viene lโora โ ed รจ questa โ in cui i veri adoratori adoreranno il Padre in spirito e veritร ยป. Il problema viene sottratto a un luogo fisico per essere ricondotto a quellโaltro luogo dove abita Dio: il cuore.
Dopo di che, rispondendo alla domanda della donna, Gesรน dichiara di essere lui il Messia atteso. Il cammino di fede รจ giunto al traguardo, e la donna diventa sul momento lei stessa apostola. Si legga con attenzione la frase ยซin spirito e veritร ยป, da non intendere come qualcosa di aereo, pensando di poter fare a meno di luoghi e riti. Non รจ cosรฌ. Il punto รจ un altro. Per come siamo fatti, abbiamo anche bisogno di luoghi e riti per celebrare la nostra fede, ma a condizione che questi servano come utile tramite che ci riconduca di continuo alla vita interiore.
Spirito e Veritร sono altri nomi di Dio, dove Spirito indica anzitutto โamoreโ, e Veritร indirizza verso la โcoerenzaโ tra ciรฒ che facciamo e lโamore in cui crediamo. ร cioรจ quel ยซculto spiritualeยป che consiste nellโoffrire i nostri corpi come ยซsacrificio vivente, santo e gradito a Dioยป (Rm 12,1). Che รจ poi ciรฒ che ha fatto Gesรน nellโultima cena consegnando se stesso, e che in ogni eucaristia ci chiede di โrifareโ in memoria di lui.
