Accolti o rifiutati, come Gesรน
Questa domenica procede nel percorso previsto per il โprofetaโ, centrato soprattutto sul fatto che nessun disprezzo puรฒ arrestare la forza del suo messaggio, come mostra la storia di Amos e il compito affidato ai discepoli di andare a continuare lโannuncio della bella notizia portata da Gesรน. Lโessenza di questa buona novella รจ affidata alla splendida pagina della Lettera agli Efesini, che forma il cuore della liturgia odierna sviluppandone i molteplici risvolti.
La denuncia del โmandrianoโ
Quanto sia difficile sostenere la missione di un profeta รจ chiaramente illustrato dallโepisodio di Amos (Am 7,12-15). La sua vocazione non ha gli aspetti che rendono drammatiche quelle, per esempio, di Isaia e Geremia: niente apparizioni o impressionanti teofanie, niente resistenze e obiezioni di sorta. La sua figura spunta in un tempo in cui il popolo รจ ancora diviso in due regni, quello governato da Ozia al sud, e quello di Geroboamo al nord, con due centri di culto corrispondenti: Gerusalemme per il sud, e il santuario di Betel nella Samaria per il nord.
Uomo del sud, che si autodefinisce โmandrianoโ, si reca nel nord con un solo scopo: denunciare con spietata ironia la dissolutezza di ricchi e potenti e invitare a pentimento e conversione. Pare che la sua apparizione sia durata solo alcuni mesi, ma il suo messaggio ha lasciato un segno profondo.
Ricordo ancora gli anni favolosi del Concilio, quando il libro di Amos era spesso citato in connessione con la Gaudium et spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo, proprio grazie alla violenza del linguaggio con cui il profeta denunciava le ingiustizie sociali.
Considerate le circostanze, il fallimento รจ garantito. E non stupisca che sia un sacerdote di Betel, Amasia, a invitare il profeta a proclamare i suoi oracoli da unโaltra parte, perchรฉ โ dice โ questo รจ ยซil santuario del re ed รจ il tempio del regnoยป. Lโattaccamento al luogo e il peso della propria autoritร ufficiale possono avere molto piรน rilievo della genuinitร di un messaggio, purtroppo.
Ma Amos non rimane inerte rispetto alla cacciata. Risponde: ยซNon ero profeta nรฉ figlio di profeta; ero un mandriano e coltivavo piante di sicomoro. Il Signore mi prese, mi chiamรฒ mentre seguivo il gregge. Il Signore mi disse: Vaโ, profetizza al mio popolo Israeleยป.
Ricondurre tutto a Cristo
Se la denuncia รจ parte decisiva del messaggio profetico, conta molto di piรน la ricchezza del messaggio che il profeta รจ chiamato a proclamare in positivo. La liturgia odierna ci mette nelle mani un esempio splendido, il cantico di Ef 1,3-10, che รจ una vera e propria ode orchestrata sul motivo della โbenedizioneโ.
Che dire? Anzitutto si eviti di scegliere il testo breve, perchรฉ sarebbe fare unโoffesa alla ricchezza e alla bellezza di una pagina che a nessuno dovrebbe essere permesso di strapazzare.
Considerato lo spazio concesso a unโomelia, ritengo sia utile almeno sottolineare alcune poche espressioni chiave, da pronunciare bene e con chiarezza, e magari far ripetere. Ne estraggo tre.
La prima proclama che la nostra vocazione รจ ยซessere santi e immacolati di fronte a lui nella caritร ยป, un vivere nella caritร che รจ un rendere la benedizione ricevuta con una risposta che possa essere chiamata essa stessa โbenedizioneโ.
La seconda frase รจ: ยซricondurre al Cristo, unico capo, tutte le coseยป, che era il motto e il programma di san Pio X.
La terza รจ: fare tutto ยซa lode della sua gloriaยป, un obiettivo che santa Elisabetta della Trinitร mise al vertice della sua scelta di vita.
Tutti noi possiamo trovare nel vangelo, e piรน in generale nella Scrittura, frasi che costituiscono una sorta di โtesoro personaleโ al quale attingere quando abbiamo bisogno di essere o stimolati al bene o confortati nelle eventuali sconfitte. La Lettera agli Efesini รจ uno dei testi piรน ricchi da questo punto di vista.
La missione dei Dodici
Il brano evangelico di oggi รจ dedicato alla missione dei Dodici (Mc 6,7-13), ma รจ importante connetterlo con quello letto domenica scorsa, che lo precede immediatamente. Nel discorso sul profeta che รจ disprezzato solo nella sua patria, i discepoli appaiono sulla scena come compagni di Gesรน che lo seguono โnella sua patriaโ.
Il brano di oggi li vede invece in primo piano, mandati a condividere la missione del profeta rifiutato. La cosa, ovviamente, va sottolineata per almeno due ragioni: primo, perchรฉ, nonostante il fallimento, lโopera di Gesรน non si arresta; secondo, perchรฉ a continuarla sono i suoi discepoli, i Dodici per la precisione, nei quali si segnala il gruppo destinato a guidare la comunitร dopo la partenza di Gesรน, a somiglianza delle dodici tribรน dโIsraele, e quindi la sua Chiesa.
Il brano รจ echeggiato in Matteo nel celebre โdiscorso missionarioโ dal cap. 10. Se โ come รจ probabile โ Mc รจ la fonte di Mt e Lc, รจ importante sostare su quello che รจ il nucleo originario dellโinvio in missione a cui sono chiamati i discepoli.
La prima cosa che si nota รจ che li manda ยซa due a dueยป. ร un tema ben noto, ed รจ volentieri evocato per ricordare che si evangelizza in รฉquipe, in una sinfonia di ministeri la cui necessitร e i cui benefici appaiono con sempre maggiore evidenza.
La seconda dice in estrema sintesi quale deve essere lo scopo della missione: ยซdiede loro potere sugli spiriti impuriยป. La parola richiama dโistinto indemoniati e ossessi, ma occorre allargare lo sguardo. โImpuroโ รจ contrario a ciรฒ che รจ โsantoโ e, come questo termine indica โintegritร , completezza, ordineโ (cf. Lv 11,44 e 21,17-21), cosรฌ il suo contrario suggerisce qualcosa che non dovrebbe esserci, qualcosa che รจ fuori posto, che induce quel senso di โalienazioneโ che disturba lโarmonia della persona.
Le due prospettive si materializzano, una nel regno di Dio, lโaltra in quello del demonio. La missione ha dunque come scopo primario di aiutare la gente a dominare ogni forma di paura indotta dallo spirito del male, cosรฌ da diventare capaci di crescere nella libertร dello Spirito.
Un secondo passaggio riguarda lo stile che caratterizza lโevangelizzatore. Il bisogno di annunciare il messaggio di liberazione porta ad una spogliazione radicale per chi si muove sulla via dellโannuncio: non si deve portare ยซnรฉ pane, nรฉ sacca, nรฉ denaro, e neanche due tuniche!ยป.
Da qui si passa a una necessitร : uno puรฒ muoversi in queste condizioni in quanto puรฒ trovare qualcuno che lo accolga. Lโaccoglienza puรฒ esserci o non esserci. Nel primo caso, si puรฒ usare la sosta per evangelizzare nella calma (si veda lโincontro di Pietro con il centurione di Cafarnao in At 11,48), oppure per una sosta di riposo, quella a cui lo stesso Gesรน inviterร i discepoli in Mc 6,31.
In uno studio molto interessante, apparso negli anni del concilio, il domenicano canadese Jean-Paul Audet pubblicรฒ un volumetto dal titolo Matrimonio e celibato nel servizio pastorale della Chiesa (Queriniana, Brescia 1967), in cui il rapporto missione/accoglienza era letto nella prospettiva di una duplice forma di clero: quello โitineranteโ e quello โstanzialeโ, ambedue necessari in quanto si integravano sostenendosi lโun lโaltro.
Il volumetto รจ un testo ricco di suggestioni, che percorre con una documentazione rigorosa tutta la storia dei primi secoli. ร unโopera tuttora in commercio, che mi permetto di consigliare trattandosi di un problema ricorrente, sul quale un supplemento di informazione non puรฒ fare che bene.
Resta il problema del rifiuto, che sembra il piรน facile da prevedere, ricordando il brano letto domenica scorsa, che precede immediatamente quello odierno, un rifiuto che comprende il non accogliere e il non ascoltare.
Che deve fare il missionario-evangelizzatore? Passare oltre, senza rassegnarsi allโinsuccesso, esattamente come aveva fatto Gesรน, e continuare il lavoro altrove.
Il gesto di โscuotere la polvere dai propri piediโ significa una presa di distanza da chi ha rifiutato lโaccoglienza, come se lโentrare in quella casa ostile avesse contaminato il messaggero, che deve perciรฒ โpurificarsiโ persino dalla polvere della strada, un gesto che, alla fine, si trasformerร in ยซtestimonianza per loroยป, sia esso un atto dโaccusa e denuncia del loro errore (cf. At 13,51), sia che costituisca esso stesso un implicito invito al pentimento.
E, in effetti, la conclusione della storia presenta i Dodici in azione mediante due azioni caratteristiche che comprendono anzitutto lโannuncio: ยซproclamarono che la gente si convertisseยป, al quale seguono tre effetti di โguarigioneโ caratterizzanti la nuova situazione: ยซscacciavano molti demoni, ungevano con olio molti infermi, e li guarivanoยป.
Detto altrimenti, questo significa riflessione e pentimento per lasciare percorsi sbagliati, lotta contro lโalienazione delle persone causata dalla paura del demonio e, infine, guarire, sia in senso morale che fisico.
Come si vede, la missione dei discepoli non รจ altra da quella con la quale inizia il ministero pubblico di Gesรน, secondo la celebre e ben nota sintesi offerta da Marco 1,15: ยซร giunto il momento, il regno di Dio รจ qui; convertitevi e credete al vangeloยป, dove la conversione si traduce in, e coincide con, lโaccogliere la bella notizia e lโaderirvi con convinzione e con tutte le proprie forze.
Come si vede, si tratta di una pagina molto ricca, con il suo motivo centrale, che diventa principio di interpretazione di tanti avvenimenti, quello per cui ยซtutto concorre al bene di coloro che amano Dioยป (Rm 8,28), anche fallimenti e insuccessi. Lโimportante รจ che la Parola del Signore ยซcorra e sia glorificataยป (2Ts 3,1).
Fonte – per gentile concessione di Settimana News | Commento a cura di Nico Guerini



