โIl popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luceโ (Is 9,1). Sono le parole del profeta Isaia che annunciano quello che รจ accaduto questa notte. ร una notte diversa dalle altre notti: ci vede tutti radunati qui, attorno a un bambino appena nato. Il Vangelo di Luca scrive cosรฌ di quella notte: โCโerano in quella regione alcuni pastori che, pernottando allโaperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro greggeโ.
Sono parole che potremmo applicare anche alla nostra vita. Anche noi, infatti, siamo intenti โalle nostre greggiโ, alle โnostre coseโ, siano esse consolanti o dure, semplici o complesse, liete o dolorose. Certo ognuno ha, nel segreto del cuore, forse un problema, unโangoscia, una domanda, magari una preghiera. Questa notte, come accadde allora ai pastori, anche a noi appare un angelo; si presenta davanti a tutti e dice: โNon temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarร di tutto il popolo: oggi, nella cittร di Davide, รจ nato per voi un Salvatore, che รจ Cristo Signoreโ. Noi, raccolti assieme in questa Santa Liturgia, abbiamo ascoltato questa voce; per alcuni รจ risuonata piรน forte, per altri meno e per altri puรฒ affondare in ricordi lontani. Quello che conta in questa notte รจ che tutti siamo usciti dalle nostre case per andare a vedere quel bambino chโรจ nato.
Certo, non basta entrare in chiesa. Cโรจ bisogno che il nostro cuore cammini ancora. Il Natale non รจ dietro lโangolo, non รจ a portata di mano come vorrebbero farci credere gli addobbi e le luci delle strade delle nostre cittร . Il Vangelo parlando del viaggio di Maria e di Giuseppe lo presenta come un cammino in salita: โAnche Giuseppe, dalla Galilea, dalla cittร di Nazareth, salรฌ in Giudea alla cittร di Davide chiamata Betlemmeโ.
Questo sta a dire che il Natale non รจ scontato; che non รจ scontato comprendere quello che accade questa notte. Anzi, cโรจ il rischio di essere sviati. Abbiamo bisogno di uscire dalle nostre case, magari di notte, come fece Nicodemo. Ma รจ ancor piรน necessario avere un cuore attento, vigile e pronto ad ascoltare la parola dellโangelo. Sรฌ, dobbiamo โsalireโ anche noi verso Betlemme, โsalireโ verso quella grotta. Lโangelo del Natale ripete anche a noi quello che disse ai pastori: โTroverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoiaโ. Noi siamo venuti qui per vedere il Signore. Sรฌ! Vogliamo vedere Gesรน. ร un bambino avvolto in fasce. ร piccolo e indifeso. Eppure รจ il nostro Salvatore. Davvero ci sembra impossibile. Come puรฒ un bambino essere il Salvatore?
Ecco perchรฉ non รจ scontato il Natale. E non รจ scontato soprattutto per noi, abituati ad esaltare la forza e a dare credito solo alla potenza. Come รจ possibile credere che quel piccolo bambino, nato per di piรน in una stalla, sia colui che salva il mondo? Come รจ possibile crederlo di fronte ai gravi problemi del mondo? Lโimpossibilitร sembra ancora piรน evidente se si pensa a come finirร quel bambino. Nellโicona della Nativitร la tradizione della Chiesa dโOriente presenta il mistero della nascita unito a quello della morte di Gesรน: la culla infatti รจ come un piccolo sarcofago, le fasce sono come le bende del sepolcro e la montagna รจ il Calvario. Eppure รจ qui la nostra salvezza: in questo bambino fragile, debole e indifeso. Il mistero del Natale viene a dirci che non siamo condannati ad essere forti e potenti secondo il mondo per essere salvati. Certo suona strano alle nostre orecchie perchรฉ la nostra mentalitร poco riconosce i segni evangelici della salvezza.
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ร quanto รจ accaduto a Betlemme, cittร distratta e festaiola; ma non solo. Noi ricordiamo lโaccaduto con il presepe e ci commuoviamo. E facciamo bene, ma in quella scena cโรจ la cruda realtร di una cittร che non sa accogliere due giovani stranieri e il loro figlio che sta per nascere. Gli uomini non sanno trovare loro un posto; tutto รจ occupato e Gesรน deve nascere fuori, in una stalla. ร una storia tanto antica, eppure tanto attuale.
Ma รจ giusto commuoversi, certo non per la fredda indifferenza di Betlemme e nostra. ร giusto commuoversi per il grande amore di Dio. Egli รจ venuto anche se noi non lo abbiamo riconosciuto, come scrive Giovanni nel prologo del suo Vangelo: โVenne tra i suoi, e i suoi non lo hanno accoltoโ. E non se ne รจ neppure andato via quando non gli abbiamo aperto la porta. Per questo รจ giusto commuoversi e per questo รจ salutare venire a vedere questo bambino. ร davvero grande, รจ davvero diverso. Viene allora anche a noi quel desiderio struggente di Francesco dโAssisi quando nel lontano Natale del 1223 disse: โVoglio vedere Gesรนโ.
E inventรฒ il presepio vivente. Racconta una tradizione che Francesco strinse fra le sue braccia un piccolo neonato venuto dal cielo. La fragilitร di quel bambino toccรฒ il cuore di Francesco e commosse tutti i contadini che erano accorsi. Cosรฌ furono toccati nel cuore i primi pastori di Betlemme. Essi, forse rozzi e abbrutiti dal lavoro, riconobbero in quel bambino lโamore del Signore che si era avvicinato a loro. Se Gesรน fosse nato in un palazzo non lo avrebbero incontrato. Quel bambino ora รจ davanti ai nostri occhi perchรฉ anche noi ci commuoviamo e, come quei pastori, come Francesco dโAssisi, lo abbracciamo, ce lo stringiamo al cuore perchรฉ resti sempre con noi.
Per gentile concessione di mons. Paglia. – FONTE
Qui tutti i commenti al Vangelo delle domeniche precedenti di mons. Vincenzo Paglia



