La festa del Corpus Domini esprime lโantico e radicato amore per lโEucaristia, per il corpo e il sangue del Signore. Lโapostolo Paolo scrive ai Corinzi: ยซIo ho ricevuto dal Signore quello che a mia volta vi ho trasmesso: il Signore Gesรน, nella notte in cui veniva tradito, prese del pane e, dopo aver reso grazie, lo spezzรฒ e disse: โQuesto รจ il mio corpo, che รจ per voi; fate questo in memoria di meโ. Allo stesso modo, dopo aver cenato, prese anche il calice, dicendo: โQuesto calice รจ la nuova alleanza nel mio sangue; fate questo, ogni volta che ne bevete, in memoria di meโยป. Il Signore stesso esorta i discepoli di ogni tempo a ripetere in sua memoria quella santa cena. E lโapostolo aggiunge: ยซOgni volta che mangiate questo pane e bevete al calice, voi annunciate la morte del Signore, finchรฉ egli vengaยป. Non รจ unโaltra cena che si ripete, magari stancamente come tante volte noi rischiamo di fare. LโEucaristia che celebriamo รจ sempre la Pasqua che Gesรน ha celebrato. ร questa la grazia dellโEucaristia: essere partecipi dellโunica Pasqua del Signore.
La Chiesa custodisce la concretezza delle parole di Gesรน e venera in quel pane e in quel vino il suo corpo e il suo sangue, perchรฉ ancora oggi lo si possa incontrare. Potremmo aggiungere che in quel pane e in quel vino non รจ presente il Signore in qualsiasi modo. Egli vi รจ presente come corpo ยซspezzatoยป e come sangue ยซversatoยป, ossia come colui che passรฒ tra gli uomini non conservando se stesso ma donando tutta la sua vita, sino alla morte in croce, sino a quando dal suo cuore non uscรฌ che ยซsangue ed acquaยป. Non risparmiรฒ nulla di se stesso. Nulla trattenne per sรฉ, sino alla fine. Quel corpo spezzato e quel sangue versato, sono di scandalo per ognuno di noi e per il mondo, abituati come siamo a vivere per noi stessi e a trattenere il piรน possibile della nostra vita. Il pane e il vino, che piรน volte durante la santa liturgia ci vengono mostrati, contrastano con lโamore per noi stessi, con lโattenzione scrupolosa che abbiamo per il nostro corpo, con la meticolosa cura che poniamo per risparmiarci e per evitare impegni e fatica. Tuttavia, essi ci vengono donati e continuano ad essere spezzati e versati per noi, perchรฉ siamo liberati dalle nostre schiavitรน, perchรฉ sia trasformata la nostra durezza, sgretolata la nostra avarizia, intaccato lโamore per noi stessi. Il pane e il vino, mentre ci strappano da un mondo ripiegato su se stesso e condannato alla solitudine, ci raccolgono assieme e ci trasformano nellโunico corpo di Cristo.
Lโapostolo Paolo, riconoscendo la ricchezza di questo mistero al quale partecipiamo, con severitร ammonisce di accostarci ad esso con timore e tremore perchรฉ ยซChiunque mangia il pane o beve al calice del Signore in modo indegno, sarร colpevole verso il corpo e il sangue del Signore. Ciascuno, dunque, esamini se stesso e poi mangi del pane e beva dal caliceยป (1Cor 11,27-28). Ma dopo questo esame chi mai di noi puรฒ avvicinarsi? Sappiamo bene quanto siamo deboli e peccatori, come cantiamo nel Salmo: ยซLe mie iniquitร io le riconosco, il mio peccato mi sta sempre dinanziยป (Sal 50[51],5). Ma la liturgia ci viene incontro e mette sulle nostre labbra le parole del centurione: ยซO Signore non sono degno di sedere alla tua mensa, ma diโ soltanto una parola e io sarรฒ salvatoยป. Diโ soltanto una parola. Sรฌ, รจ la Parola del Signore che invita ad accostarsi, รจ questa parola che rende degni, perchรฉ รจ una parola che perdona e guarisce. Alla tavola del Signore si giunge dopo lโascolto della Parola, dopo che il cuore รจ stato da essa purificato e riscaldato. Cโรจ allora come una continuitร tra il pane della Parola e il pane dellโEucaristia. ร come unโunica mensa in cui il nutrimento รจ sempre lo stesso: il Signore Gesรน, fattosi cibo per tutti.
Fonte – il sito web di mons. Paglia
Qui tutti i commenti al Vangelo delle domeniche precedenti di mons. Vincenzo Paglia
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