Mons. Costantino Di Bruno – Commento alle letture del 3 Agosto 2019

Il commento alle letture del 3 Agosto 2019 a cura di  Mons. Costantino Di Bruno, Sacerdote Diocesano dell’Arcidiocesi di Catanzaro–Squillace (CZ).

Ebbe paura della folla

Lev 25,1.8-17: Sal 66; Mt 14,1-12

La legge del levirato era stata data perché nessun casato in Israele venisse a estinguersi. Il fratello prendeva in moglie la moglie del fratello, la discendenza era però del fratello defunto e così il casato si manteneva sempre in piedi. Non si estingueva.

Quando i fratelli abiteranno insieme e uno di loro morirà senza lasciare figli, la moglie del defunto non si sposerà con uno di fuori, con un estraneo. Suo cognato si unirà a lei e se la prenderà in moglie, compiendo così verso di lei il dovere di cognato. Il primogenito che ella metterà al mondo, andrà sotto il nome del fratello morto, perché il nome di questi non si estingua in Israele. Ma se quell’uomo non ha piacere di prendere la cognata, ella salirà alla porta degli anziani e dirà: “Mio cognato rifiuta di assicurare in Israele il nome del fratello; non acconsente a compiere verso di me il dovere di cognato”. Allora gli anziani della sua città lo chiameranno e gli parleranno. Se egli persiste e dice: “Non ho piacere di prenderla”, allora sua cognata gli si avvicinerà in presenza degli anziani, gli toglierà il sandalo dal piede, gli sputerà in faccia e proclamerà: “Così si fa all’uomo che non vuole ricostruire la famiglia del fratello”. La sua sarà chiamata in Israele la famiglia dello scalzato (Dt 25,5-10).

Sappiamo che questa legge è anche nella genealogia di Gesù. Booz sposa Rut secondo la legge del levirato. È una legge che risale alla notte dei tempi.

Allora Booz disse agli anziani e a tutta la gente: «Voi siete oggi testimoni che io ho acquistato tutto quanto apparteneva a Elimèlec, a Chilion e a Maclon dalle mani di Noemi, e che ho preso anche in moglie Rut, la moabita, già moglie di Maclon, per mantenere il nome del defunto sulla sua eredità, e perché il nome del defunto non scompaia tra i suoi fratelli e alla porta della sua città. Voi ne siete oggi testimoni». Tutta la gente che si trovava presso la porta rispose: «Ne siamo testimoni». Gli anziani aggiunsero: «Il Signore renda la donna, che entra in casa tua, come Rachele e Lia, le due donne che edificarono la casa d’Israele. Procùrati ricchezza in Èfrata, fatti un nome in Betlemme! La tua casa sia come la casa di Peres, che Tamar partorì a Giuda, grazie alla posterità che il Signore ti darà da questa giovane!» (Rut 4,9-12).

Giovanni il Battista dice a Erode che a lui non è lecito tenere in moglie la moglie del fratello. Il fratello non è morto. In più aveva una discendenza. Per questo Erode voleva farlo morire. Aveva però paura della folla. Essa lo considerava un profeta. Ma il timore dell’uomo regge fino ad un certo punto. Viene un timore degli uomini ancora più forte ed è la morte di Giovanni. Ogni uomo deve formarsi non sul timore degli uomini, o delle folle, ma sul timore del Signore. È il timore di Dio che ci custodisce da ogni peccato. Se ad un timore degli uomini se ne aggiunge un altro più grande si è capaci di qualsiasi crimine. Mai il timore degli uomini ha impedito un solo peccato. Anzi ne aggiunge.

In quel tempo al tetrarca Erode giunse notizia della fama di Gesù. Egli disse ai suoi cortigiani: «Costui è Giovanni il Battista. È risorto dai morti e per questo ha il potere di fare prodigi!». Erode infatti aveva arrestato Giovanni e lo aveva fatto incatenare e gettare in prigione a causa di Erodìade, moglie di suo fratello Filippo. Giovanni infatti gli diceva: «Non ti è lecito tenerla con te!». Erode, benché volesse farlo morire, ebbe paura della folla perché lo considerava un profeta. Quando fu il compleanno di Erode, la figlia di Erodìade danzò in pubblico e piacque tanto a Erode che egli le promise con giuramento di darle quello che avesse chiesto. Ella, istigata da sua madre, disse: «Dammi qui, su un vassoio, la testa di Giovanni il Battista». Il re si rattristò, ma a motivo del giuramento e dei commensali ordinò che le venisse data e mandò a decapitare Giovanni nella prigione. La sua testa venne portata su un vassoio, fu data alla fanciulla e lei la portò a sua madre. I suoi discepoli si presentarono a prendere il cadavere, lo seppellirono e andarono a informare Gesù.

La Scrittura insegna che il timore degli uomini pone in una trappola. Erode è stato intrappolato nel timore dei commensali e dei notabili del suo regno e fu costretto a decapitare il profeta di Dio. Quanto è accaduto con Erode può accadere con ogni altro uomo. Per un timore meno grande una cosa si riesce ad evitare. Per un timore più grande la cosa si fa. Quando invece si cammina con il timore di Dio, non esiste timore più grande e il peccato mai si commette. Oggi il timore di Dio è scomparso.

Madre di Dio, Angeli, Santi, colmate il cuore dei cristiani del santo timore del Signore.

Fonte@MonsDiBruno

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