Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 30 Novembre 2021

619

MARTEDÌ 30 NOVEMBRE – I SETTIMANA DI AVVENTO [C]

SANT’ANDREA APOSTOLO

Mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare; erano infatti pescatori. E disse loro: «Venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini».

Gesù cammina lungo il mare di Galilea. Vede due fratelli, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello, che gettavano le reti in mare. Erano infatti pescatori. Nessun evento storico per Gesù è neutro. Ogni evento storico Gesù lo vive della volontà del Padre, a Lui manifestata dallo Spirito Santo. Chi cammina nella storia senza lo Spirito Santo, o trasformerà gli eventi in peccato oppure li lascerà nella condizione di tenebre e di peccato. Se il cristiano – papa, cardinale, vescovo, presbitero, diacono, cresimato, battezzato, religioso, religiosa – si distacca dallo Spirito Santo, si separa da Lui, non cresce in Lui, perché non lo ravviva, la storia per lui rimane nella morte. Questa è la sua missione: colmarsi di Spirito Santo, ravvivarlo al sommo delle sue potenzialità, andare incontro alla storia, illuminarla con la luce dello Spirito del Signore, trasformarla con la grazia di Cristo, condurla nel regno dei cieli.

Oggi molta storia viene a contatto con il cristiano. Ma essa rimane nella sua morte morale e spirituale. Il cristiano è privo dello Spirito Santo, la sola Forza Divina ed Eterna, che può trasformarla. È un contatto morto per la storia. È però un contatto di omissione per il cristiano. Il Signore gli ha mandato la storia perché ricevesse da lui salvezza, mentre in realtà è stata abbandonata, lasciata nella sua morte. È omissione dalle responsabilità eterne. Ognuno è giusto che si chieda. La storia sta passando dinanzi a me. Riceve da me un cambiamento di bene? Viene essa illuminata dalla luce di Cristo? Le viene rivelata qual è la sua vera speranza? Qual è la sua vocazione eterna? Nessun cristiano potrà trasformare la storia se non si trasforma in Cristo, per opera dello Spirito Santo. La trasformazione della storia è nella misura della nostra trasformazione. Ci trasformiamo in Cristo, trasformiamo per Cristo.

- Pubblicità -

Ecco come Gesù trasforma la storia. “E disse loro: venite dietro a me, vi farò pescatori di uomini”. Essi sono pescatori di lago. Gesù li farà pescatori della terra. Li farò pescatori di uomini. Essi pescheranno l’uomo per il regno dei cieli. È cosa giusta riflettere sulle parole di Gesù: “Venite dietro a me: vi farò pescatori di uomini”. Il venire non è temporaneo, di un periodo, per una fase di apprendimento o di scuola. Come avveniva ed avviene con tutti gli altri maestri. Il venire dietro è azione permanente di tutta la vita sulla terra e anche della vita nell’eternità. Il discepolo deve camminare dietro al Maestro. È discepolo finché cammina dietro. Non cammina più dietro al Maestro, non è più discepolo. Dal momento della chiamata il Maestro avanti, sempre avanti, e il discepolo dietro al Maestro, sempre dietro. Il discepolo sempre deve seguire il Maestro per ascoltare ciò che Lui gli dice e per fare ciò che Lui fa. Come Gesù è discepolo eterno del Padre, così il chiamato dovrà essere discepolo eterno del suo Maestro, Cristo Gesù. Se si separa, anche di un attimo, dal suo Maestro, in quell’attimo non è discepolo. La vocazione dei discepoli è duplice: essa è vocazione ad essere regno di Dio, ma anche vocazione ad essere per il regno di Dio. Essi non solo dovranno essere regno di Dio nello splendore della sua bellezza spirituale, ma anche lo dovranno costruire in mezzo agli uomini. Essi sono artefici speciali del regno. Dovranno mostrare agli uomini la sua bellezza, ma anche dovranno costruirlo con il dono della Parola, della grazia, dello Spirito Santo. Lo dovranno impiantare nel cuore degli uomini divenendo amore del Padre, grazia di Cristo, comunione dello Spirito Santo. Gesù dona loro la sua stessa missione. Essi però mai la potranno vivere fuori di Lui, senza di Lui, ma sempre in Lui, con Lui, per Lui. La missione è una ed è quella di Gesù ed è di Gesù. Gesù la dovrà vivere per mezzo di essi, mettendo essi a sua disposizione tutto il loro corpo, il loro spirito, la loro anima. Tutto ciò che appartiene loro dovrà essere consegnato a Gesù perché Lui ne faccia lo strumento perfetto, come perfetto strumento è il suo corpo.

LEGGIAMO IL TESTO DI Mt 4,18-22

Gesù ora non è più solo. Ci sono con Lui Simone e Andrea. Camminano sulla spiaggia. Gesù vede altri due fratelli, Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello, che nella barca, insieme a Zebedeo lo padre, riparavano le loro reti. Anche questi fratelli vengono chiamati. Essi però non sono soli, come Simone e Andrea. Son con il loro padre Zebedeo. Gesù nulla dice al padre. Parla solo ai figli. È come se il padre non esistesse per Gesù. Dio ciò che vuole, prende. Possiamo dire che la chiamata è come la morte. Quando essa viene, non chiede a nessuno il permesso, né al padre, né alla madre, né ai fratelli e né alle sorelle o a qualche altro dei parenti. Viene, entra, prende, se ne va. Così è Gesù. Libero come la morte. Così è anche il chiamato. Libero come nella morte. Ma anche dopo la chiamata, il chiamato dinanzi a Dio deve essere libero come un cadavere. Esso dovrà sempre lasciarsi portare da Dio.

Gli Apostoli, o coloro che Lui avrebbe trasformato in pescatori di uomini, devono conoscere tutto di Cristo. E cosa fa Cristo nella sua vita sulla terra in mezzo al mondo? Mostra la sua verità attraverso le vie che a Lui di volta in volta il Padre manifesta nello Spirito Santo. Mostrando la sua verità, mostra la sua potente forza di amore che in Lui discende direttamente dal Padre, sempre per opera dello Spirito Santo. Gesù non tiene ai suoi discepoli una “lezione frontale”, spiegando i misteri del regno e illuminando i discepoli con ogni sapienza e intelligenza nello Spirito Santo. Lui mostra loro attimo per attimo come si rivela agli altri la propria verità e come dalla potente verità di Dio si ama l’uomo.

Il cristiano, il presbitero, il vescovo, il papa è da Cristo mandato nel mondo per perpetuare la sua vita. Come farà l’inviato papa, vescovo, presbitero, cristiano a rendere credibile Cristo? Rendendo credibile se stesso. Come Gesù rendeva credibile il Padre rendendo credibile se stesso come inviato del Padre, così ogni inviato di Cristo Gesù deve rendere credibile Cristo rendendo credibile se stesso come vero inviato di Gesù Signore. La prima forma di credibilità è la perfetta obbedienza alla Parola di Gesù Signore. Vivendo tutta la Parola di Cristo allo stesso modo che Cristo viveva tutta la Parola del Padre, il discepolo di Gesù rende vera la Parola che Lui annunzia. La sua testimonianza è essenziale perché l’altro possa credere non in Cristo, ma nel discepolo di Cristo.

Ogni discepolo di Gesù è obbligato a imitare il suo Maestro. Deve per questo mostrare tutta la sua verità ad ogni altro uomo. Ma la sua verità deve essere quella di Cristo Signore, allo stesso modo che la verità di Cristo Signore era verità del Padre. Come la vita di Cristo era la vita del Padre sulla nostra terra, così la vita del cristiano deve essere la vita di Cristo. È mostrando la sua verità che l’altro conosce Cristo, come al tempo di Gesù il Padre era conosciuto dalla sua verità mostrata tutta da Gesù Signore. Non è dicendo il Vangelo che si ricorda il Vangelo. Il Vangelo si ricorda facendolo divenire nostra vita storica, concreta, quotidiana. Lo si mostra dicendolo, lo si dice mostrandolo. È stata la via di Cristo Gesù, dovrà essere la via di ogni altro suo discepolo. Vivendo tre anni con Cristo e vedendo ogni sua verità, i discepoli domani potranno mostrare Cristo. Essi lo conoscono per visione diretta. Ma ogni cristiano deve essere per ogni uomo visione diretta di Cristo Gesù. O facciamo “evangelizzazione” alla maniera di Cristo, o alla fine tutto sarà pensato come una stupenda filosofia o addirittura una ideologia. La Madre di Gesù venga in nostro soccorso. Ci insegni la via della vera sequela.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.