Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 24 Settembre 2021

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Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno.

Sappiamo che Gesù sa trovarsi sempre degli spazi per la preghiera, per mettersi in comunione con il Padre. La comunione con il Padre è per Gesù immersione nella vera vita. Dopo essersi immerso nella vera vita, ritorna presso gli uomini carico di ogni vita e la riversa su di loro. Riempie il mondo che vive attorno a Lui di ogni vera vita, lo riempie della sua stessa pienezza di vita. Questa modalità di Cristo Gesù deve essere di ogni suo discepolo. Chi vuole dare la vita di Gesù al mondo, la sua grazia, la sua luce, la sua verità, la sua Parola deve quotidianamente riservarsi degli spazi per immergersi in Cristo grazia, luce, verità, parola. Ci si immerge in Lui, ci si colma di Lui, si torna presso gli uomini e si manifesta, si rivela, si dona Lui. Deve avvenire con noi quanto è avvenuto con Mosè.

Lui ha dimorato presso Dio, luce eterna, e il suo volto si è trasformato in luce: “Quando Mosè scese dal monte Sinai – le due tavole della Testimonianza si trovavano nelle mani di Mosè mentre egli scendeva dal monte – non sapeva che la pelle del suo viso era diventata raggiante, poiché aveva conversato con lui. Ma Aronne e tutti gli Israeliti, vedendo che la pelle del suo viso era raggiante, ebbero timore di avvicinarsi a lui. Mosè allora li chiamò, e Aronne, con tutti i capi della comunità, tornò da lui. Mosè parlò a loro. Si avvicinarono dopo di loro tutti gli Israeliti ed egli ingiunse loro ciò che il Signore gli aveva ordinato sul monte Sinai. Quando Mosè ebbe finito di parlare a loro, si pose un velo sul viso. Quando entrava davanti al Signore per parlare con lui, Mosè si toglieva il velo, fin quando non fosse uscito. Una volta uscito, riferiva agli Israeliti ciò che gli era stato ordinato. Gli Israeliti, guardando in faccia Mosè, vedevano che la pelle del suo viso era raggiante. Poi egli si rimetteva il velo sul viso, fin quando non fosse di nuovo entrato a parlare con il Signore” (Es 34,29-35). Per la preghiera Gesù ama i luoghi solitari, deserti. In questi luoghi non c’è alcuna distrazione esteriore. Ci si può dedicare alla contemplazione nel grande silenzio. Dio parla nel silenzio e solo chi cerca Dio nel silenzio interiore ed esteriore può ascoltare il Signore e parlare al suo cuore.

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Ora Gesù chiede ai Discepoli cosa dicono di Lui le folle: “Le folle, chi dicono che io sia?”. Gesù sa cosa dicono di Lui le folle. Vuole però mettere i discepoli dinanzi alla confusione che regna nel cuore delle folle e che sempre regnerà per la durata di tutti i secoli. Sapendo che il suo Vangelo e la sua Persona saranno sempre accompagnati dalla confusione, dall’errore, dalla falsità, essi dovranno distogliere il cuore degli uomini da questa confusione, errore, falsità, annunziando Gesù sempre secondo la più pura verità. Le folle non hanno una visione di Gesù secondo verità. Essi vedono Gesù come una persona assai importante, non però secondo ciò che Lui realmente, veramente, effettivamente è per vocazione eterna. Chi vede in Lui Giovanni il Battista; chi Elia; chi uno degli antichi profeti che è risorto. Come si può notare si è assai distanti dalla verità di Gesù. Le folle però lo vedono come Persona che è da Dio. Le modalità secondo le quali Gesù è visto dalle folle attestano che quasi tutti vedevano Gesù come un uomo di Dio, mandato da Lui. Non conoscono con esattezza la sua verità, sanno però che Dio è con Lui e che Lui è da Dio. Attestano questa verità le opere che Lui compie. Quanto Lui fa non può essere fatto da un uomo comune. Quanto Lui fa attesta la sua origine da Dio. Questo basta per aprirsi alla conoscenza della sua verità. È sufficiente che lo si ascolti senza alcuna riserva mentale e tutta la verità sulla sua persona si dischiude ai nostri orecchi. Sarà lo stesso Gesù ad aiutare la fede incipiente in Lui. In fondo è questa la stessa fede di Nicodemo. Egli non sa chi è Gesù nella sua più pura verità. Sa però che Gesù è da Dio. Sarà Gesù a illuminare Nicodemo sulla sua verità.

Sempre Gesù aiuta questa fede iniziale. Sempre fa sì che essa cresca e si sviluppi fino a raggiungere la sua perfezione. In fondo è questo il grande lavoro del pastore: far sì che la fede di ogni pecora raggiunga la sua perfezione. Il pastore parte da una fede iniziale, piccola, semplice, rudimentale e porta ad una fede adulta, completa, perfetta, senza lacune o errori. Il pastore dovrà essere come Gesù Signore: rialzare ogni canna incrinata. Riaccendere ogni stoppino dalla fiamma smorta: “Ecco il mio servo che io sostengo, il mio eletto di cui mi compiaccio. Ho posto il mio spirito su di lui; egli porterà il diritto alle nazioni. Non griderà né alzerà il tono, non farà udire in piazza la sua voce, non spezzerà una canna incrinata, non spegnerà uno stoppino dalla fiamma smorta; proclamerà il diritto con verità. Non verrà meno e non si abbatterà, finché non avrà stabilito il diritto sulla terra, e le isole attendono il suo insegnamento (Is 42,1-4). La missione che è di Gesù è missione di ogni suo discepolo. Questi è chiamato a dare vita, vera vita, luce, vera luce, ad ogni fiammella quasi spenta che incontra sul suo cammino. Ogni uomo ha nel cuore un desiderio quasi spento di Cristo Gesù. Questo desiderio va riacceso.

Da questo istante Gesù inizia il grande cammino dei discepoli per il raggiungimento della perfezione della loro fede. Questo cammino è fatto sotto la guida sapiente, saggia, esperta, intelligente, prudente ed accorta di Gesù. Questo cammino è iniziato con Gesù e dura fino alla consumazione dei secoli. Cambia però la guida, non è più Gesù, ma lo Spirito Santo, il suo Santo Spirito. Dove non c’è vero cammino nella fede, lì si arresta anche il cammino nella carità e nella speranza. Si ferma il cammino morale ed anche cultuale. Dove non c’è vero cammino nella fede, la religione ben presto si trasforma in solo culto, in rito, in opera esterna che non incide in nulla nella vita della persona. 

LEGGIAMO IL TESTO DI Lc 9,18-22

Un giorno Gesù si trovava in un luogo solitario a pregare. I discepoli erano con lui ed egli pose loro questa domanda: «Le folle, chi dicono che io sia?». Essi risposero: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto». Allora domandò loro: «Ma voi, chi dite che io sia?». Pietro rispose: «Il Cristo di Dio». Egli ordinò loro severamente di non riferirlo ad alcuno. «Il Figlio dell’uomo – disse – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno».

Ora Gesù chiede agli Apostoli. Loro conoscono chi veramente Lui è? Loro sanno perché è venuto e qual è la sua missione? Loro lo confonderanno come lo hanno confuso tutti gli altri? Ecco allora la domanda ben precisa: “Ma voi, chi dite che io sia?”. Qual è la vostra verità su di me? Pietro risponde: “Il Cristo di Dio”. Tu, Gesù, sei il Messia del Signore, il suo Unto, il suo Inviato. Questa è la risposta di Pietro.

Ma Pietro sa chi è il Messia di Dio secondo Dio? Da quanto detto, Pietro sa che Gesù è il Messia di Dio. Il Messia di Dio lo sa però secondo gli uomini. Questo ci suggerisce che la conoscenza di una persona non basta per avere la verità sulla persona che conosciamo. Quasi sempre la persona si conosce, ma senza la sua verità. Persona e sua verità secondo Dio devono essere una cosa sola. È questo ora il grande impegno formativo che attende Gesù: far sì che nel cuore dei discepoli Messia e verità secondo Dio sul Messia diventino una cosa sola. Ora in Pietro e negli altri, Messia e sua verità sono due realtà separate, distinte, inconciliabili, inarrivabili. Un abisso le separa e questo abisso per il momento è incolmabile. È missione propria di Gesù colmare questo abisso infinito. Il metodo pastorale di Gesù deve essere anche nostro. Noi ogni giorno siamo chiamati a colmare questo abisso infinito tra la persona e la sua verità secondo Dio. La Persona è Cristo, il Padre, lo Spirito Santo. La realtà è anche la Chiesa, sono i sacramenti, le stesse persone all’interno della Chiesa che portano un carisma o un ministero. Conosciamo queste Persone e queste realtà, sovente ignoriamo la loro verità secondo Dio. È questo l’immane lavoro pastorale che è sempre dinanzi a noi e che mai si completerà. Ma chi può fare questo immane lavoro? Solo chi giorno per giorno si immerge in Cristo Gesù, come Gesù si immergeva nel Padre, è diviene verità di Cristo. Dona agli altri la loro verità chi è pieno della verità di Cristo. Ci aiuti in questo la Madre di Dio.

Fonte@MonsDiBruno

Nota: Questo commento al Vangelo è gratuito pertanto l’autore non autorizza un fine diverso dalla gratuità.