Mons. Costantino Di Bruno – Commento al Vangelo del 12 Novembre 2022

235

SABATO 12 NOVEMBRE – TRENTADUESIMA SETTIMANA T. O . [C]

E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?».

Gesù sempre ha rivelato ai suoi discepoli e ad ogni altro uomo che la preghiera, fatta con invadenza, sempre apre le porte del cuore del Padre e discende sulla terra ogni grazia che i suoi figli gli chiederanno. La preghiera è fatta con invadenza quando viene elevata al Signore senza alcuna interruzione. L’invadenza attesta che quella grazia è necessaria e per questo si insiste presso Dio. Spesso noi abbiamo paragonato l’invadenza al fuoco con il quale  Assalonne brucia un campo di orzo che appartiene a Ioab. Perché ordina che questo campo venga incendiato? Per piegare Ioab perché vada a colloquio da lui: “Assalonne abitò a Gerusalemme due anni, senza vedere la faccia del re. Poi Assalonne fece chiamare Ioab per mandarlo dal re, ma egli non volle andare da lui.

Lo fece chiamare una seconda volta, ma non volle andare. Allora Assalonne disse ai suoi servi: «Vedete, il campo di Ioab è vicino al mio e vi è l’orzo: andate e appiccatevi il fuoco!». I servi di Assalonne appiccarono il fuoco al campo. Allora Ioab si alzò, andò a casa di Assalonne e gli disse: «Perché i tuoi servi hanno dato fuoco al mio campo?». Assalonne rispose a Ioab: «Io ti avevo mandato a dire: Vieni qui, voglio mandarti a dire al re: “Perché sono tornato da Ghesur? Era meglio per me stare ancora là”. Ora voglio vedere la faccia del re e, se vi è colpa in me, mi faccia morire!». Ioab allora andò dal re e gli riferì la cosa. Il re fece chiamare Assalonne, che venne e si prostrò con la faccia a terra davanti al re. E il re baciò Assalonne (2Sam 14,28-33). La nostra preghiera deve essere così invadente da incendiare il Paradiso. Così il Signore di certo l’ascolterà.

- Pubblicità -

La Parabola in verità non riguarda solo la preghiera. Rivela il motivo per cui la preghiera viene elevata al Signore. A Lui si chiede che ci faccia giustizia. Cosa è la giustizia che si chiede al Signore? È far tornare la nostra vita nella sua verità, verità che a noi è stata sottratta dagli uomini. La giustizia che noi chiediamo non è contro quanti ci hanno fatto del male. Questa non è la giustizia del cristiano. La giustizia del cristiano è una sola: ritornare in possesso della propria verità, della propria innocenza, della propria dignità che a noi è stata rapinata.

Ecco come nell’Apocalisse si innalza il grido dei beati che chiedono giustizia al Signore: “Quando l’Agnello aprì il quinto sigillo, vidi sotto l’altare le anime di coloro che furono immolati a causa della parola di Dio e della testimonianza che gli avevano reso. E gridarono a gran voce: «Fino a quando, Sovrano, tu che sei santo e veritiero, non farai giustizia e non vendicherai il nostro sangue contro gli abitanti della terra?». Allora venne data a ciascuno di loro una veste candida e fu detto loro di pazientare ancora un poco, finché fosse completo il numero dei loro compagni di servizio e dei loro fratelli, che dovevano essere uccisi come loro (Ap 6,9-11).

Noi chiediamo al Signore che ci ristabilisca nella nostra verità. Le modalità secondo le quali lui opererà la giustizia appartengono alla sua eterna e divina sapienza. Il cristiano è colui che si abbandona nelle mani del suo Signore e lascia a lui tempi e modalità per operare la giustizia. Lui però sempre con invadenza, con insistenza chiede gli si sia ridata la sua verità. Il Padre non ha dato al Figlio la sua verità risuscitandolo? Ecco perché mai si farà lui giustizia da se stesso.  La dovrebbe fare passando nell’ingiustizia. Dio invece rimane sempre nella giustizia perché Lui rimane eternamente nel sommo bene. Lui è amore divino ed eterno.

- Pubblicità -

LEGGIAMO IL TESTO DI Lc 18,1-8

La domanda che Gesù pone alla fine della parabola va seriamente presa in considerazione: “Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?”. Perché si dia una risposta di purissima verità, ogni discepolo di Gesù così dovrà riformulare la domanda: “Quando il Figlio dell’uomo verrà, per me, per la mia opera, per la mia parola, per la mia testimonianza, per la mia vita di suo discepolo, troverà la fede sulla terra?”.

È una domanda che ogni giorno il cristiano dovrà porre al suo cuore: “Oggi, se il Figlio dell’uomo dovesse venire, mi troverebbe nella vera fede? Mi troverebbe albero di purissima fede che produce frutti di fede per il mondo intero?”.  Se la risposta è affermativa, per me quando il Figlio dell’uomo verrà, troverà la fede sulla terra. Se la risposta è negativa, per me lui non troverà nessuna fede.

Per la mia non fede, la fede sarà anche morta in molti altri cuori. È questo l’obbligo di ogni discepolo di Gesù: vivere di purissima fede, essere albero dai veri frutti di fede per ogni altro uomo. La Madre di Dio ci faccia alberi di purissima fede.

Fonte