Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 9 Gennaio 2023

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Dietro a me

Principio del vangelo di Gesù Cristo (Mc 1,1)

Dopo il tempo di Natale, inizia nel nostro lezionario la lettura continua del Vangelo di Marco. E questo “principio” (arché) è “come sta scritto nel profeta Isaia” (Mc 1,2). Infatti, “come sta scritto” si collega a quanto precede, specifica in che cosa consista questo principio. Il principio del vangelo di Gesù Cristo sta scritto nel profeta Isaia. Possiamo dire che la profezia d’Isaia è il principio del vangelo: è l’inizio della buona novella della nostra salvezza. Detto altrimenti: il vangelo non si capisce se non a partire dalla profezia dell’Antico Testamento.

Il tempo è compiuto e il regno di Dio è vicino (Mc 1,15)

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Questa è la prima parola del vangelo, dell’annuncio pubblico da parte di Gesù, la proclamazione che un tempo è compiuto: precisamente il tempo della profezia. Tutti i profeti hanno preannunciato quel tempo che ora si compie nelle parole e nei gesti di Gesù. Il regno di Dio, infatti, si realizza a partire da adesso, nella storia: non è qualcosa che si verifica nell’aldilà. “Quanto al mondo futuro, occhio non vide e orecchio non udì”, ma quello di cui hanno parlato i profeti è il tempo messianico che, con la venuta di Gesù, si è fatto “vicino” (enghýs). Si è fatto vicino indipendentemente dalle nostre capacità di prevederlo o di costruirlo; ma esso opera un cambiamento di percezione, di mentalità: quella che si chiama la nostra “conversione” (metánoia).

Venite dietro a me (Mc 1,17)

La nostra conversione è un cambiamento di mentalità, un rivolgimento interiore, ma in pratica si manifesta come un atteggiamento anche esteriore, un mettersi in movimento, una sequela. Senza soluzione di continuità, alla prima parola di Gesù sulla vicinanza del Regno segue un gesto, che è la chiamata dei primi discepoli: “venite dietro a me” (opíso mou). Alla “vicinanza” del regno di Dio corrisponde l’immediatezza (“subito”: euthýs) della risposta dei discepoli. La prossimità fisica di Gesù determina la prontezza dei primi chiamati.

Questi sono due coppie di fratelli: Andrea e Simone, Giacomo e Giovanni. Dal Quarto Vangelo, noi sappiamo che le cose forse si sono svolte diversamente, con un andamento meno sincopato e più verosimile. Storicamente, vi è tempo per ulteriori mediazioni umane: è Andrea, il primo chiamato, a coinvolgere suo fratello Simone (cf. Gv 1,40-42). Nella storia non vi è niente di semplice: tutto avviene nei modi più imprevedibili e casuali. Ma evangelicamente vi è una rapida concatenazione di causa ed effetto: la prossimità del Regno, nella persona di Gesù, determina un profondo rivolgimento psicologico.

Ci sono tempi e momenti di una particolare accelerazione storica, di una specifica concentrazione messianica. La storia subisce talvolta un’alterazione del suo ritmo abituale. Quello che in tempi normali non sarebbe neanche pensabile, si riproduce quasi miracolosamente: l’impossibile diventa a portata di mano. “Il tempo è compiuto” significa anche questo: il tempo si è come contratto, fatto breve. Come dice san Paolo: “Il tempo ha imbrigliato le sue vele” (1Cor 7,29). Così, grazie a Gesù, inizia il tempo della metánoia, il tempo di un decisivo cambiamento di prospettiva.

fratel Alberto

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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