Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 3 Marzo 2023

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Un’unica legge di libertà

“Non crediate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolire, ma a dare pieno compimento” (Mt 5,17).

Nessuna contrapposizione tra Prima e Nuova Alleanza. Gesù non abolisce, ma porta alle estreme conseguenze, rivelando come l’unica legge possibile agli occhi di Dio sia “una legge di libertà” (Gc 2,12). È una legge liberante, perché scaturisce da un’esperienza di liberazione, chiede di essere seguita liberamente e rende chi la osserva un costruttore di libertà. Un tempo sul monte il popolo liberato “dalla condizione di schiavitù” (Es 20,2) era invitato a scegliere la vita (cf. Dt 30,19), osservando gli insegnamenti del Signore per entrare nella terra della promessa; ora sul monte i discepoli, strappati alle logiche del mondo, sono chiamati a seguire l’esempio di Gesù, “Via, verità e vita” (Gv 14,6), per non finire nella Geènna, ma entrare nel Regno di Dio.

Non c’è contrapposizione dunque, ma approfondimento tra il “non commetterai adulterio” e il “chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”. Già nella Legge infatti la logica sottostante il comandamento è il rispetto dell’altro, e, già nella Legge, non solo negli atti ma pure nella disposizione interiore. Non è Gesù a inventarsi che l’adulterio si consumi già nel desiderio, al “non commetterai adulterio” (Es 20,14) segue infatti nel decalogo il “non desidererai la donna del tuo prossimo” (Es 20,17). Il desiderio quanto l’azione possono rappresentare una violazione dello spazio sacro dell’altro.

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Gesù non fa che ribadirlo, e approfondirlo. Sì, perché se nella Legge a essere in gioco è il rapporto tra l’uomo e il suo prossimo, il suo simile, la cui relazione con la propria donna è messa in questione dall’intrusione del cuore e del corpo di un altro, qui invece il centro focale è direttamente il rapporto tra un uomo e una donna. Nelle parole di Gesù infatti la colpa non risiede nel desiderare una donna che già appartiene a un altro, ma nel guardare una qualsiasi donna con sguardo rapace, con brama di dominio. Il peccato in questo caso non è di aver fatto prevalere il proprio diritto di uomo su quello di un altro uomo simile a me, ma quello di aver fatto prevalere il mio diritto di uomo su quello di una donna altra da me. Ecco l’approfondimento: dal riconoscimento dell’altro in quanto simile al riconoscimento dell’altra in quanto altra. La donna, nell’insegnamento di Gesù, non è solo l’oggetto del contendere, ma il soggetto che sta di fronte all’uomo (Gen 2,20).

Ed è da questo fronteggiarsi con rispetto che germoglia la libertà. Sì perché ogni brama di possesso è grido di insoddisfazione; ogni volta che attento alla libertà dell’altro svelo la mia mancanza di libertà, riduco il mio corpo, che è tempio dell’Amore (cf. 1 Cor 6,19) e strumento di comunione, a una mano che afferra, un occhio che divora, un vuoto che è già più profondo dell’abisso della Geènna. Scegliamo dunque la vita e chiediamo al Signore di insegnarci ad amare nella libertà.

fratel GianMarco

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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