Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 29 Agosto 2022

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Precursore anche nella morte

Facciamo memoria oggi della decapitazione di Giovanni Battista su ordine del “re” Erode, che in realtà era “tetrarca”, cioè, secondo un dizionario, troppo poco importante agli occhi di Roma per essere chiamato re.

Ecco allora due situazioni paradossali: da un lato Giovanni, che Gesù ricorda come “il più grande fra i nati da donna” (Lc 7,28), più grande dunque di Erode, e anche di Gesù stesso, marcisce nelle prigioni di Erode; dall’altro Erode, rappresentante del potere imperiale in Galilea e quindi la più alta autorità della regione, fa prova di una debolezza distruttrice e mortale, per cui sarà chiamato “volpe” da Gesù (Luca 13,32). Per il pensiero biblico, più della furbizia, ciò che caratterizza le volpi è la loro fama devastatrice: “devastano le vigne che sono in fiore” (Cantico 2,15), e perciò sono state usate da Sansone, quando Israele lottava contro i Filistei, per buttare fuoco ai campi di grano dei nemici e annientarli (Gdc 15,14-15). Ciò che ha condotto a queste due situazioni contrarie alla logica umana fu la Parola.

Giovanni – appellandosi probabilmente a Levitico 20,21: “Se uno prende la moglie del fratello, è un’impurità; egli ha scoperto la nudità del fratello: non avranno figli” – denunciava il disordine morale in cui viveva Erode. Ciò gli valse il carcere e la morte.

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Da parte sua Erode, pur ascoltando questa Parola con piacere, ma non senza perplessità, in realtà non le prestava attenzione, perché, da tipico ipocrita, gli importava solo dell’immagine di sé che offriva ai suoi funzionari e ufficiali, tanto più che era nota la sua reputazione di crudeltà. Ciò rafforza la sua potenza devastatrice che, però, risulta essere una debolezza estrema: per paura dei commensali, si arrende alla richiesta stupida – e teleguidata dall’odio di Erodiade – di una ragazzina che, addirittura comprende alla lettera un ordine che era probabilmente inteso come richiesta generica di messa a morte. Erodiade voleva il silenzio e quindi la morte di quella voce accusatrice che lo esasperava; la ragazza invece, senza nemmeno rendersi conto di ciò che chiede, vuole il macabro spettacolo della testa del Battista su un vassoio e subito.

Stando così le cose, appare in fin dei conti che il vero “potente” o il vero “forte” è Giovanni, anche quando è consegnato alla morte, mentre questo stesso evento segna lo sgretolarsi del potere di Erode.

Assisteremo allo stesso rovesciamento dei parametri consueti al momento della passione e della morte di Gesù. Allora sarà lui il vero attore “forte” di questa tragedia, e sulla croce apparirà come re – non tanto dei Giudei, come stava scritto, bensì signore della morte stessa –, mentre gli altri attori, Caifa, sommo sacerdote, e il sinedrio, Pilato, procuratore romano, e lo stesso Erode si vedranno spossessati di ogni loro dignità e potere: tutti finiscono per arrendersi a una folla urlante, stimolata in ciò proprio da questi “poteri” che corrono ai ripari. Davvero, e fino alla sua morte, Giovanni fu il Precursore del Signore Gesù.

fratel Daniel

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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