Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 26 Ottobre 2020

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Questo vangelo ci presenta una donna affetta da uno โ€œspirito di debolezzaโ€ o da una โ€œdebolezza di spiritoโ€. Noi oggi parleremmo di una depressione, che ha un risvolto anche somatico, infatti era curva e non poteva neppure rialzarsi. Non poteva stare eretta, guardare qualcuno diritto negli occhi. Non si tratta di un problema soltanto fisico: รจ un problema di dignitร  umana. E lโ€™amore, la cura, lโ€™attenzione di Gesรน verso di lei proprio questo le restituisce: la dignitร  di โ€œfiglia di Abramoโ€.

San Luca, che era anche medico, sa diagnosticare con precisione la malattia: si tratta di un caso di asthรฉneia, di indebolimento psicofisico al quale anche ciascuno di noi puรฒ essere soggetto. E Gesรน va ancora piรน in lร , perchรฉ ne rileva la causa: una lacerazione interiore. Dice che Satana โ€œteneva legataโ€ questa donna, le impediva di essere libera. Satana รจ lโ€™Accusatore, e proprio da questa accusa la donna devโ€™essere liberata. Satana รจ la cifra di una oppressione determinata da circostanze esterne, da opposizioni, da inimicizie, ma che puรฒ anche trasformarsi in una continua auto-accusa, in un complesso auto-accusatorio che finisce con lโ€™essere avvilente, deprimente.

Come si puรฒ uscire dalla depressione? Come mettere a tacere queste voci di accusa? Come, per usare un linguaggio biblico, mettere Satana sotto i nostri piedi? Proprio recuperando la propria dignitร , la propria figliolanza abramica. Sentire che la nostra vita, nonostante tutto, nonostante contraddizioni che possono essere anche violente, รจ posta sotto il segno di una benedizione. Non si tratta, semplicemente, di recuperare una certa auto-stima, come dicono gli psicologi. Lโ€™auto-stima รจ facilmente narcisistica. In ogni caso, รจ ancora autoreferenziale: una maniera di amare se stessi. Sentirsi partecipi di una benedizione non vuol dire amare se stessi, ma essere coscienti di essere amati da qualcuno o incontrare qualcuno che ci ama, come questa donna ha incontrato Gesรน. Avere coscienza, precisamente, di un amore piรน grande del nostro, che eccede le nostre capacitร  e che ci precede sempre, ossia lโ€™amore di un padre o di una madre. Questa donna รจ una figlia di Abramo e di Sara (e si potrebbe anche aggiungere: di Agar).ย 

Certamente, siamo tutti figli di Adamo e figli di Eva: โ€œfigli dellโ€™uomoโ€, umani. Ma la figliolanza adamica ci accomuna proprio nella debolezza, definisce soprattutto il nostro essere vulnerabili e mortali, cioรจ peccatori. Essere figli e figlie di Abramo, invece, significa essere partecipi di una storia dโ€™amore che ci precede, ci supera, e talvolta anche ci travolge. Significa avere la benedizione di un padre, di una madre: essere oggetto di un amore benevole e gratuito, cioรจ immeritato, da parte di Dio.

E allora, a che cosa serve la debolezza? San Paolo ce lo spiega: a vivere di grazia, perchรฉ โ€œla forza (dรฝnamis) si perfeziona attraverso la debolezza (astheneรญa)โ€ (2Cor 12,9). Proprio grazie alla nostra debolezza, alla nostra umiliazione, possiamo acquisire una forza interiore che รจ di Dio e non nostra.ย 

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fratel Alberto


Fonte

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