Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 24 Ottobre 2020

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Gesรน ha appena rimproverato le folle che lo ascoltano di non saper discernere questo tempo, cioรจ il momento opportuno in cui sono visitate dalla grazia di Dio, dallโ€™annuncio inaudito della buona novella. Ora alcuni (Luca non precisa chi siano) gli presentano un fatto di cronaca (la notizia della strage ordinata da Pilato), chiedendo il suo commento autorevole. Vogliono forse ricevere unโ€™interpretazione teologica della storia, che sveli il disegno di Dio. Ma Gesรน si rifiuta di dispensare ricette teologiche per le vicende di cui gli uomini stessi (o il caso) sono gli artefici, e contesta alla radice lo schema che fa corrispondere a ogni azione umana una retribuzione divina. Il rapporto autentico con Dio si pone su un altro piano: quello della conversione del cuore. Gli eventi della storia, la sofferenza del nostro prossimo, le ingiustizie, sono ammonimenti per gli uditori (e i lettori) della Parola: dove siamo noi? Dove sono io? Mi sto convertendo dal mio peccato alla grazia di Dio?

In questo senso possiamo leggere anche la parabola del fico. Lโ€™albero di fico siamo noi. Dio si aspetta frutti di giustizia, di bene, di perdono, di larghezza dalla nostra vita: quella larghezza e generositร  che scaturiscono dalla gratitudine per il grande lavoro fatto dal vignaiolo. Anche qui: non sempre a unโ€™azione di amore (da parte di Dio o da parte di un nostro fratello o sorella) corrisponde da parte nostra una manifestazione di gratitudine, di accoglienza, di autentica fraternitร . Spesso rimaniamo sterili. E questo porta con sรฉ delusione, rincrescimento, rancore, tristezza. Il contrario dei frutti che il Signore si aspetta dal buon seme che ha deposto nella nostra vita.

A tempo opportuno il proprietario, cioรจ Dio, viene a raccogliere i frutti. Ma il risultato รจ la delusione: anche questโ€™anno โ€“ il terzo โ€“ lโ€™albero รจ senza frutto. Arriva quindi la decisione: โ€œTaglialo!โ€ (v. 7). La sorte dei galilei e delle vittime della torre crollata attende anche noi. Interviene perรฒ il vignaiolo: โ€œLascialo ancora questโ€™anno!โ€ (v. 8). รˆ il tempo concesso per la conversione, allusione forse allโ€™โ€œanno di accoglienzaโ€ di Isaia che lโ€™omelia di Nazareth aveva ricordato (cf. 4,19): cโ€™รจ ancora spazio per il perdono.

Il tempo che viviamo, la storia stessa degli uomini, รจ il tempo dellโ€™attesa misericordiosa di Dio. Il Signore viene a visitare la nostra miseria non con la scure del giudizio, ma con la zappa e il concime della pazienza e del perdono: ancora un anno โ€“ questโ€™anno!โ€œZapperรฒ intorno e gli darรฒ del concimeโ€ (v. 8). Il vignaiolo si impegnerร  a fondo per la sopravvivenza del fico. โ€œAltrimenti lo taglieraiโ€ (v. 9), vale a dire lo taglierai tu stesso, non io! Qui Gesรน narra la storia delle relazioni tra Dio, la sua proprietร  (il popolo di Israele, ma anche, al tempo di Luca, la chiesa) e il vignaiolo: Gesรน. Siamo ancora in vita solo grazie allโ€™intercessione del Signore Gesรน.

Il tempo opportuno รจ sempre il nostro tempo: il tempo della conversione, il tempo del riconoscimento del dono del fratello; il tempo della conoscenza del nostro peccato davanti a chi abbiamo ferito, il tempo della misericordia del Signore per noi e per i fratelli.

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fratel Adalberto


Fonte

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