Nel segreto del proprio cuore
La chiesa ci fa entrare oggi, mercoledรฌ delle ceneri, nei quaranta giorni della Quaresima. Nella nostra fragile umanitร noi sperimentiamo che abbiamo bisogno di tempi specifici in cui esercitarci con piรน intensitร , cioรจ dei tempi in cui ricominciare, reiniziare il cammino verso il Signore, riorientare i nostri desideri e, dunque, ritornare a Cristo. La chiesa ha cosรฌ istituito un tempo preciso in cui fare degli esercizi utili ad allenare il corpo, lo spirito e la mente e a rafforzarli, renderli piรน saldi e determinati nella sequela del Signore. In questo tempo che precede immediatamente la Pasqua, ai credenti viene proposto innanzitutto lโesercizio deldigiuno, che giร nellโebraismo era perรฒ strettamente legato a tre altre dimensioni spirituali e cultuali: il pianto (dunque il pentimento per i propri peccati), la preghiera piรน intensa, lโelemosina (dunque la condivisione dei beni). Nel giorno che apre questo itinerario quaresimale ci รจ offerta la lettura e la meditazione del brano evangelico che attesta ed esplicita proprio questa prassi assunta dalla comunitร cristiana fin dallโantichitร .
Il primo versetto costituisce la tesi, lโaffermazione principale che dร il tono e giustifica tutto quello che segue. Si tratta di unโesortazione, di una messa in guardia severa, che riguarda una dimensione precisa, espressa con un termine chiave di tutto il discorso: โgiustiziaโ, che qui ha il significato di โbuone opereโ, cioรจ quelle pratiche utili a rendere un uomo, con il suo comportamento, gradito a Dio. Nella sua formulazione negativa, la messa in guardia riguarda lo spirito, la forma, lo stile di tale giustizia, di tali opere, di tali pratiche. Ogni opera buona e ogni pratica efficace infatti puรฒ pervertirsi, fino a divenire opera malvagia e pratica inefficace o addirittura dannosa, qualora si perverta lโintenzionalitร , lโatteggiamento interiore di colui che la pratica. Di fronte a tale perversione della pratica religiosa Dio, che โvede nel segretoโ del cuore (v. 6) la finalitร che la muove, resta muto, indifferente. Seguono tre applicazioni concrete che prendono in considerazione le tre opere tipiche della pietร ebraica: lโelemosina (vv. 2-4), la preghiera (vv. 5-6) e il digiuno (vv. 16-18).ย
Lo schema che soggiace รจ quello della contrapposizione di due modalitร , due stili diversi e alternativi di fare lโelemosina, di pregare, di digiunare. Modalitร contrapposte segnalate linguisticamente da quella forte avversativa: โInveceโ (vv. 3, 6, 17). E dietro a questi due stili di pratica vi sono due stili di praticante: chi ricerca sรฉ stesso e la sua glorificazione esibendosi davanti agli altri, e chi invece compie queste opere per sรฉ stesse, per quello che sono, cioรจ espressioni di obbedienza al volere di Dio. Due espressioni della veritร della propria ricerca di Dio: chi cerca in fondo solo sรฉ stesso, non essendo mai uscito dal proprio โioโ; e chi cerca Dio uscendo dal proprio โioโ ed entrando nel segreto del proprio cuore vuoto di sรฉ e abitato da Dio.
fratel Matteo
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