“Giuseppe, non temere!”
Nei giorni delle Ferie Maggiori del tempo di Avvento, iniziate ieri, le letture che ascoltiamo ci preparano all’evento dell’incarnazione. Oggi come ieri il vangelo è tratto dall’inizio del racconto di Matteo. L’evangelista desidera chiarire l’origine di Gesù, la sua “genesi” e presenta la concatenazione di eventi che l’hanno resa possibile, attraverso la lista dei “padri” che hanno preceduto “Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale fu generato Gesù chiamato Cristo” (v.16) e poi, nel testo odierno, vuole spiegare come “fu generato” Gesù Cristo (v.17). In entrambi i casi il verbo è al passivo, “fu generato”: un modo per indicare che il vero soggetto di quell’azione è Dio, il Signore. Un soggetto che però agisce e opera in sintonia e armonia con gli uomini, si fida di loro, li rende partecipi del suo disegno di salvezza.
Matteo non racconta l’annuncio a Maria, ma semplicemente constata che ella “si trovò incinta per opera dello Spirito Santo”. Essendo solo promessa sposa questo fatto comprometteva la conclusione dell’itinerario previsto dalla legge per il matrimonio con Giuseppe. Una situazione difficile, un “impasse” che pone Giuseppe nell’angustia di pensare a cosa fare, come comportarsi… Stretto fra la Legge e l’amore per la sua sposa Giuseppe prende tempo per “considerare queste cose” e il verbo utilizzato indica uno sforzo, una passione, una fatica che infiamma il fisico e l’anima. Per di più è qualcosa che Giuseppe porta da solo.
E in questo turbamento e solitudine il Signore si affianca a Giuseppe, nel sonno, nel sogno, nel momento in cui quell’angoscia era forse più quieta, e gli rivolge una parola che vuole aiutarlo nel suo travaglio. Lo chiama per nome, gli ricorda la sua origine davidica, e lo rassicura su quanto sta per succedere. “Non temere” è l’esordio di questo dialogo, una parola che vuole rasserenare quel turbamento interiore, e che altre volte risuonerà nel vangelo. Il Signore chiede fiducia, svela il suo disegno di salvezza per il popolo che passa da quel bambino che Maria porta in grembo e che ha la sua origine nel soffio vitale di Dio stesso. Un soffio che prende carne e si fa prossimo a ogni uomo, per sempre. Come i profeti hanno promesso.
E a Giuseppe suggerisce una via cui non aveva pensato: “Prendi con te Maria”, scegli cioè di portare a termine ciò che hai desiderato con un gesto di comunione!
E Giuseppe “si alza” dal sonno e semplicemente obbedisce alle parole dell’angelo: il verbo “si alza” usato è quello della resurrezione, per sottolineare che in quel momento Giuseppe ritrova una prospettiva alla sua vita che sembrava in un vicolo cieco. Gli è bastato quel sogno, ha trovato pace in quelle parole, si pone con fiducia nelle mani di colui che ha guidato con mano sicura la storia del suo popolo e permette alla storia di salvezza di continuare la sua corsa.
Non ci sono parole da parte di Giuseppe. Egli è l’uomo del silenzio: il silenzio forse è la condizione per cogliere la presenza del Signore nella fatica e nelle contraddizioni della vita. Un Signore che con delicatezza si avvicina al nostro cuore inquieto, ci chiama per nome e ci indica la via per abbandonare la paura.
Che sia questo il desiderio che abita nei nostri cuori.
fratel Marco
Per gentile concessione del Monastero di Bose.
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