Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 13 Ottobre 2021

1554

Oggi il vangelo ci viene incontro scuotendoci: ci ritroviamo nel bel mezzo di parole severe scagliate da Gesรน. A chi? Perchรฉ? E perchรฉ sono state riportate nei vangeli?ย 

Il tono delle parole di Gesรน ricorda quello dei profeti, quei profeti che cercano disperatamente di svegliare il popolo dallโ€™infedeltร , di farlo ritornare dal suo essersi allontanato dal Signore Dio; quei profeti che cercano di riportare il popolo a riconoscersi appunto come popolo, persone legate tra loro e legate a Dio da un vincolo di alleanza.

I detti che qui Gesรน pronuncia pare vengano da contesti diversi ma vengono raccolti dallโ€™evangelista Luca e posti nel contesto di un pasto a casa di un fariseo. Questo il contesto.

Lโ€™espressione โ€œguaiโ€, che rimanda al genere letterario di tradizione profetica, viene tradotta da alcuni con โ€œinfeliciโ€, da altri con โ€œahimรจโ€. In ogni caso qui Gesรน ha parole forti per un โ€œvoiโ€: i farisei di allora, o il dottore della Legge, ma รจ un โ€œvoiโ€ che interpella ciascuno, chiunque abbia il coraggio di lasciarsi raggiungere da una parola che smaschera, che rende manifesta la mera ricercatezza esteriore, riportando lโ€™attenzione allโ€™interioritร , al senso profondo. Al cuore del senso originario di ogni precetto della Legge ci sono โ€œla giustizia e lโ€™amore di Dioโ€ (v. 42). Perchรฉ allโ€™origine del senso cโ€™รจ il desiderio di Dio. E il desiderio di Dio รจ sempre desiderio di bene per noi. Anche attraverso la Legge, donata a custodia del bene degli uomini, non per la loro schiavitรน.

Il primo rimprovero รจ rivolto ai farisei e riguarda lโ€™ipocrisia. Gesรน aveva appena additato la ricerca dellโ€™esterioritร  (โ€œpurificare lโ€™esterno del bicchiere e del piattoโ€) che tradisce un cuore malato, โ€œpieno di rapacitร  e malvagitร โ€ (Lc 11,39). Il rapporto tra intenzioni profonde e visibilitร  ostentata diviene visibile non solo in se stessi ma anche nel rapporto con gli altri e con Dio. Ora Gesรน rivendica lโ€™atteggiamento minuzioso di chi pesa il milligrammo di cui privarsi, non piรน come dono per una buona condivisione ma, pare, per sentirsi legittimato a consumare indisturbati tutto quel che resta. Non sono le erbette a determinare la vita bensรฌ โ€œla giustizia e lโ€™amore di Dioโ€, da cui puรฒ derivare ogni comportamento. Se apparteniamo a Dio, se orientiamo il nostro cuore a Dio, il nostro sguardo cambia.

Arriva poi il rimprovero sulla vanitร , sulla brama di farsi vedere, di farsi riconoscersi giusti, e buoni.

รˆ allora il momento dello studioso della Legge che si sente ferito nellโ€™orgoglio e interviene: cosรฌ โ€œinsulti anche noiโ€ (v. 45). Gesรน non indietreggia, anzi rincara la dose. Chi รจ troppo attaccato alla Legge si lascia possedere da un rigorismo vuoto, da una ricerca di perfezionismoโ€ฆ richiesto comunque solo agli altri. Sono gli altri, non i (presunti) detentori degli insegnamenti del Signore, a dover imparare, a dover portare i โ€œpesiโ€ (v. 46) che la Legge esige. Gli studiosi di ogni tempo, nessuno escluso, neanche noi, rischiano di mettere sulle spalle degli altri il โ€œcosa si deve fareโ€.

E noi da cosa ci lasciamo sfiorare? Che cosa prendiamo in mano responsabilmente? Ci lasciamo raggiungere dalla luciditร  di Gesรน?

sorella Silvia


Fonte

Puoi ricevere il commento al Vangelo del Monastero di Bose quotidianamente cliccando qui