Oggi il vangelo ci viene incontro scuotendoci: ci ritroviamo nel bel mezzo di parole severe scagliate da Gesรน. A chi? Perchรฉ? E perchรฉ sono state riportate nei vangeli?ย
Il tono delle parole di Gesรน ricorda quello dei profeti, quei profeti che cercano disperatamente di svegliare il popolo dallโinfedeltร , di farlo ritornare dal suo essersi allontanato dal Signore Dio; quei profeti che cercano di riportare il popolo a riconoscersi appunto come popolo, persone legate tra loro e legate a Dio da un vincolo di alleanza.
I detti che qui Gesรน pronuncia pare vengano da contesti diversi ma vengono raccolti dallโevangelista Luca e posti nel contesto di un pasto a casa di un fariseo. Questo il contesto.
Lโespressione โguaiโ, che rimanda al genere letterario di tradizione profetica, viene tradotta da alcuni con โinfeliciโ, da altri con โahimรจโ. In ogni caso qui Gesรน ha parole forti per un โvoiโ: i farisei di allora, o il dottore della Legge, ma รจ un โvoiโ che interpella ciascuno, chiunque abbia il coraggio di lasciarsi raggiungere da una parola che smaschera, che rende manifesta la mera ricercatezza esteriore, riportando lโattenzione allโinterioritร , al senso profondo. Al cuore del senso originario di ogni precetto della Legge ci sono โla giustizia e lโamore di Dioโ (v. 42). Perchรฉ allโorigine del senso cโรจ il desiderio di Dio. E il desiderio di Dio รจ sempre desiderio di bene per noi. Anche attraverso la Legge, donata a custodia del bene degli uomini, non per la loro schiavitรน.
Il primo rimprovero รจ rivolto ai farisei e riguarda lโipocrisia. Gesรน aveva appena additato la ricerca dellโesterioritร (โpurificare lโesterno del bicchiere e del piattoโ) che tradisce un cuore malato, โpieno di rapacitร e malvagitร โ (Lc 11,39). Il rapporto tra intenzioni profonde e visibilitร ostentata diviene visibile non solo in se stessi ma anche nel rapporto con gli altri e con Dio. Ora Gesรน rivendica lโatteggiamento minuzioso di chi pesa il milligrammo di cui privarsi, non piรน come dono per una buona condivisione ma, pare, per sentirsi legittimato a consumare indisturbati tutto quel che resta. Non sono le erbette a determinare la vita bensรฌ โla giustizia e lโamore di Dioโ, da cui puรฒ derivare ogni comportamento. Se apparteniamo a Dio, se orientiamo il nostro cuore a Dio, il nostro sguardo cambia.
Arriva poi il rimprovero sulla vanitร , sulla brama di farsi vedere, di farsi riconoscersi giusti, e buoni.
ร allora il momento dello studioso della Legge che si sente ferito nellโorgoglio e interviene: cosรฌ โinsulti anche noiโ (v. 45). Gesรน non indietreggia, anzi rincara la dose. Chi รจ troppo attaccato alla Legge si lascia possedere da un rigorismo vuoto, da una ricerca di perfezionismoโฆ richiesto comunque solo agli altri. Sono gli altri, non i (presunti) detentori degli insegnamenti del Signore, a dover imparare, a dover portare i โpesiโ (v. 46) che la Legge esige. Gli studiosi di ogni tempo, nessuno escluso, neanche noi, rischiano di mettere sulle spalle degli altri il โcosa si deve fareโ.
E noi da cosa ci lasciamo sfiorare? Che cosa prendiamo in mano responsabilmente? Ci lasciamo raggiungere dalla luciditร di Gesรน?
sorella Silvia
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