Monastero di Bose – Commento al Vangelo del giorno – 12 Settembreo 2023

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Fiducia nell’umanità, nonostante tutto

“Gesù uscì verso il monte a pregare” (v. 12). Luca sottolinea lo staccarsi di Gesù dai suoi discepoli per vivere in solitudine la notte, in preghiera, alla presenza di Dio. Si sta preparando a una scelta, e il discernimento è sempre preceduto per Gesù dalla preghiera, così dovrebbe essere per noi ogni volta che la vita ci chiede una scelta.

“E quando fu giorno chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici” (v. 13). Stupisce la semplicità con cui l’evangelista ci presenta quella che in fondo è la fondazione della chiesa, questo mistero che attraversa la storia e sorregge la diffusione della buona novella affidata a creature “normali”. Chiesa in cui si sperimenta qualcosa che va oltre noi, che ci supera. Chiesa che resta nonostante scossoni accumulati nei secoli, scossoni che viviamo anche oggi. Ma il Signore ci ha promesso “le porte degli inferi non prevarranno su di essa” (Mt 16,18).

La chiamata degli apostoli è sottolineata da tre verbi (cf. v. 13):

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  • li chiama a sé:solose c’è un rapporto personale con Gesù sarà possibile seguirlo;
  • li sceglie: ha bisogno che stiano con lui, la sua opera Gesù la fa con gli uomini, per gli uomini, ma non ci dice i criteri adottati per questa scelta;
  • li chiama per nome: li riconosce uno a uno con la loro diversa personalità, c’è anche chi lo tradirà, il gruppo non è esente da contraddizioni profonde.
  • È semplice questa chiamata. Non si danno motivazioni, non si dice che cosa ha spinto questi uomini a aderire, a seguirlo. Ma si percepisce profonda la fiducia, il desiderio grande di affidare le loro vite a Gesù a cui aderiscono con slancio, ma anche con i loro dubbi e la loro fatica, come ci racconteranno poi tutti gli evangelisti.

E d’altro canto c’è anche una fiducia da parte di Gesù nei loro confronti, fiducia e amore: lui che ci ha amati per primo (cf. 1Gv 4,19), e la sua è una fiducia e un amore che non verrà meno anche di fronte alle cadute e al peccato dei suoi. La nostra fiducia e il nostro amore per lui è perché lui per primo ha posto fiducia e amore nell’umanità nonostante tutto.

La risposta dei dodici discepoli è immediata. Mi piace pensare all’entusiasmo con cui hanno aderito, pur capendo ben poco. Noi tutti che tentiamo di aderire al vangelo, nella forma di sequela a cui siamo stati chiamati, conosciamo il momento di grazia, in cui una forza ci ha spinto in una direzione, in cui abbiamo aderito al vangelo con entusiasmo, in cui, dobbiamo ammetterlo, abbiamo capito ben poco.

È un momento a cui riandare, perché questa forza che ci ha spinto non viene meno, nonostante i nostri dubbi, le nostre contraddizioni. Ci verrà chiesto altro nella vita rispetto a quello che immaginavamo all’inizio, ma è questo seguire Gesù, e non i nostri progetti. Il vangelo è lo sconvolgimento dei nostri progetti per buoni che siano, e il vangelo, dobbiamo ammetterlo, non è mai contraddetto.

E dopo questa semplice chiamata diede loro il nome di apostoli, “inviati”. Saranno inviati a diffondere la buona novella, inviati da Gesù, a cui hanno iniziato a credere, e da Gesù che hanno iniziato ad amare, non è una loro iniziativa.

Poi Gesù discese con loro in un luogo aperto, aperto a tutti, dove tanta gente si era radunata percependo in lui parole di vita eterna (“erano venuti per ascoltarlo”, v. 18), e perché la loro vita fosse sanata, guarita da malattia e da ossessioni (cf. v. 18). E Gesù “sanava tutti” (v. 19), apriva a tutti la vita vera che Dio ha voluto per tutti noi, una vita libera, fondata nel rapporto con lui, nell’ obbedienza alle sue parole. E nel toccarlo, nel sentirlo vicino sentivano che solo lui, la sua parola con cui ci narra Dio, è la fonte del senso vero della nostra vita.ù

sorella Mrgherita

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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