Casa di misericordia
Insieme a quella parola โ โMisericordia io voglio e non sacrificioโ โ, possiamo portare con noi oggi lโimmagine di quella casa di Cafarnao.
Agli occhi dei testimoni di Gesรน quella parola del Signore, tratta dal libro del profeta Osea (6,6), sintetizzava beneย ciรฒ che piรน gli stava a cuore: il Maestro la cita infatti di nuovo in Matteo 12,13, la medita e la vive lasciando che dia prospettiva a ogni suo incontro, fino a farne il respiro del suo ministero.ย Noi perรฒ, senza lโesperienza di quella casa, rischiamo di rimanere estranei a una misericordia cosรฌ gratuita.
Lโevangelista, a differenza di Marco e Luca, รจ meno preciso nellโindicare di chi era quella casa: di Matteo o di Gesรน e della sua comunitร ? Ciรฒ che conta รจ comprendere che, una volta riconosciuto in Gesรน il medico,ย cโรจ bisogno di una casaย come luogo di terapia, di cura per quanti non sono giusti ma peccatori,ย in perenne stato di conversioneย (cf. Mt 4,17).
La misericordia che gradualmente ci converte non la si conosce in astratto, ma nella condivisione della tavola e del pane quotidiano; non la si conosce solamente in uno sguardo che ha segnato un inizio, come qui per la vocazione di Matteo, ma รจ esperienza rinnovata di reciproca accoglienza.
Il nostro modo di intendere la misericordia รจ spesso troppo angusto, e non solo per gli altri, anzitutto per noi stessi.ย Lo stare nella casa viene ad ampliare lโesperienza che ne facciamo, ad approfondirne il radicamento, ad allargarci il cuore.
Tendiamo a ridurre la misericordia a condono che scioglie il debitore da vincoli e pendenze che lo legano ad altri. In realtร il fare misericordia crea relazioni in cui si cresce insieme e si vedono i debiti di misericordia, in un certo senso, moltiplicarsi!
La casa รจ immagine diย una misericordia che ti accoglie e ti rende accogliente, ti precede e ti permette di prevenire altri nellโamore. ร lo spazio in cui concretamente sperimentare unโabbondanza di misericordia su di sรฉ e, a nostra volta, diventare spazio di misericordia per altri (cf. Mt 18,23-35).
Lโamore ci precede, non dobbiamo meritarlo; lโamore ci mette in movimento, non possiamo evitarlo. ร lโesperienza di Matteo, lโesattore delle tasse di Cafarnao.ย Non pensava di meritare quello sguardo di Gesรน, che gli rende irresistibile la sua chiamata: โSeguimi!โ. Lo vediamo seduto al banco delle imposte: occupa una posizione certo malfamata, che tuttavia puรฒ garantire stabilitร e soddisfazioni economicheโฆ tanto da farย desiderare e insieme temere unโeventuale chiamataย a cambiare vita. Vincendo interiormente pregiudizi, disfattismi, comoditร , paure e inerzie che lo inchiodano lรฌ dovโรจ, Levi-Matteo, alzandosi in piedi (anastรกs) alla parola di Gesรน, conosceย una resurrezioneย (anรกstasis)ย che lo mette in cammino.ย
Il Figlio dellโuomo, nellโepisodio precedente il nostro, fa camminare un paralitico, donando il perdono che permette di tornare a casa portando il proprio lettuccio (cf. Mt 9,9-8). Ora schioda il pubblicano Matteo dalla paralisi cui forse si era lui stesso condannato: il ripiegamento su di sรฉ e lโassenza di orizzonti, la scelta di nascondersi dietro il suo banco e rapportarsi al mondo da quella prospettivaโฆ Cosรฌ vorrebbe schiodare pure noiโฆ
fratel Fabio
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