Nella dimensione dell’amore trova spazio anche il monito, la messa in guardia. Il mettere in guardia mostra la sollecitudine per l’altro, dice che la sua vita ci sta a cuore. Lo sanno bene i genitori, che spesso devono richiamare i figli; ma lo sa bene anche chi, come noi monaci, fa vita comunitaria: l’ammonirci è parte essenziale della vita fraterna. Non c’è da sorprenderci perciò che anche la Bibbia sia attraversata da questo genere di linguaggio, che può andare dall’esortazione fino anche alla minaccia. Non ne è certo esente il vangelo: si pensi ai “guai!” pronunciati da Gesù, richiami forti, accorati, da parte di chi mette in guardia da un grave pericolo. E il monito lo incontriamo anche nel testo di oggi: “Non andateci, non seguiteli!” (v. 23).
Un posto particolare da questo punto di vista è occupato nei vangeli dal cosiddetto “discorso escatologico”, che ritroviamo in tutti e tre i sinottici: Gesù parla della fine del mondo e della venuta ultima del Figlio dell’uomo, e in quel discorso trovano posto reiterati richiami alla vigilanza, al tenersi pronti, al non lasciarsi cogliere impreparati. Luca lo riporta in modo ampio al c. 21, ma ne dà una sorta di anticipazione nel testo ora proposto alla nostra meditazione, suddiviso tra oggi e domani (Lc 17,20-37).
Tutto parte da una domanda rivolta a Gesù dai farisei: “Quando verràil regno di Dio?”. “Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione”, è la risposta di Gesù; ossia non ci sono segni tali che permettano di prevedere tempo e luogo della sua manifestazione. E non viene neppure in maniera tale da imporsi con evidenza, in modo inconfutabile, ma lo si può cogliere solo con lo sguardo della fede. Perché, in realtà, il regno di Dio è già presente, “è in mezzo a voi” – o, secondo una suggestiva traduzione, “è alla vostra portata” –, ed è presente nella persona stessa di Gesù, nei suoi gesti di salvezza, nella sua azione che sottrae spazio al potere di Satana: “Se io scaccio i demoni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio” (Lc 11,20).
Certo, la piena manifestazione del Regno coinciderà con la venuta definitiva del Figlio dell’uomo, ma già fin d’ora esso è alla nostra portata, ci raggiunge nella persona di Gesù. Dipende però da noi lasciarci raggiungere. La vera domanda da porci non è sul “quando” della venuta del Regno, ma sul “come” della nostra accoglienza. Per questo ogni giorno noi preghiamo: “Venga il tuo regno!”. È chiedere che sempre più il regno di Dio trovi spazio in noi e tra di noi, che sia cioè il Signore a regnare nelle nostre esistenze e nelle nostre relazioni. Il Regno viene quando lo si accoglie! Già fin d’ora. In modo per lo più discreto, addirittura segreto.
Se la presenza del Regno nella storia non si impone ma è sotto il segno della discrezione, non così la venuta definitiva del Figlio dell’uomo: essa sarà subitanea e irromperà come il lampo che guizza da un capo all’altro del cielo. Sarà dunque evidente e riguarderà tutti. Soprattutto, opererà un vaglio, manifesterà la qualità della nostra vita: “l’uno verrà preso e l’altro lasciato” (Lc 17,34), come ci dirà domani il seguito del testo.
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Lc 17, 20-25
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, i farisei domandarono a Gesù: «Quando verrà il regno di Dio?». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi!».
Disse poi ai discepoli: «Verranno giorni in cui desidererete vedere anche uno solo dei giorni del Figlio dell’uomo, ma non lo vedrete. Vi diranno: “Eccolo là”, oppure: “Eccolo qui”; non andateci, non seguiteli. Perché come la folgore, guizzando, brilla da un capo all’altro del cielo, così sarà il Figlio dell’uomo nel suo giorno. Ma prima è necessario che egli soffra molto e venga rifiutato da questa generazione».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
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