Il mistero del Natale – La Civiltà Cattolica

565

Il Natale è il mistero dell’Incarnazione e l’annuncio della nostra salvezza. Con il Natale, il cielo è sceso sulla terra, e la liturgia del tempo natalizio ci invita a guardare la luce che viene dall’alto: Dio, l’Eterno, l’Onnipotente si incarna in Gesù e nasce come un bambino, per condividere con l’uomo la precarietà e la povertà dell’esistenza. Si realizza così la profezia dell’«Emmanuele», «Dio con noi» (Is 7,14).

Il Natale è una novità assoluta nella storia e segna uno spartiacque tra «prima di Cristo» e «dopo Cristo». Perché Gesù, nascendo, ha presa la storia su di sé, l’ha accettata, l’ha amata, l’ha redenta. Perché si può redimere solo ciò che si ama davvero. L’evento «Gesù» è storicamente accertato, e probanti sono le notizie extrabibliche che lo confermano. Ma la rivelazione dei Vangeli richiede una riflessione di fede, secondo la quale il Gesù storico è il Figlio di Dio. La vita assume così un significato nuovo: il Natale non è solo un mistero che riguarda la storia passata, ma viene a radicarsi nel tempo presente.

Una lettura superficiale del Vangelo ci fissa in un’atmosfera di gioia «pastorale», in cui sembrano essere assenti ombre e contrasti. Eppure nel Natale si attua un dramma a più voci: il dramma che l’accettazione di Gesù come figlio provoca nella vita di Maria, sconvolgendola; lo sconcerto di Giuseppe, che viene a conoscere il mistero che prende vita nel grembo della sua sposa. E poi le storie, le vite parallele dei pastori e dei magi. Accanto a queste persone e alle loro storie ci sono anche le tenebre, che rifiutano la luce, ma non possono sopraffarla, come sottolinea l’evangelista Giovanni.

Il Natale è un dono al quale dobbiamo rimanere aperti, anche se la nostra vita è forse destinata a essere un lungo «avvento», una continua attesa, una domanda la cui risposta tarda a venire. Ma attendere non vuole dire restare passivi. L’Emmanuele, il Dio che viene in mezzo a noi per sanare i contrasti che ci dividono, per ridarci il senso della fraternità e della figliolanza, ci chiede comunque già da ora di porre mano alla sua opera. Il Natale ci chiama a un tentativo sempre nuovo di rinnovarci, di sentirci solidali e partecipi, al di là della devozione convenzionale. Il Natale diventa così per il credente una vocazione.

Un mistico tedesco del Seicento, Angelo Silesio, scrive: «Se mille volte nascesse Cristo a Betlemme, ma non in te, sei perduto per sempre».

Abstract del quaderno 4019 – Acquistalo sul sito de La Civiltà Cattolica