Vedere il Figlio per vedere il Padre
Il Cristo risorto e salito al Padre (vangelo: Gv 14,1-12) รจ il fondamento dellโedificio spirituale che รจ la chiesa (seconda lettura: 1Pt 2,4-9): รจ in riferimento a lui, con la preghiera che guida il discernimento, che i credenti affrontano i problemi della comunitร cristiana cercando di far regnare il suo spirito nella vita della comunitร (prima lettura: At 6,1-7). Il vangelo afferma che Gesรน รจ lโumanitร di Dio, che il volto divino che nessuno poteva vedere, pena la morte (โnessun uomo puรฒ vedermi e restare vivoโ: Es 33,20), ora puรฒ essere contemplato nel volto di Gesรน di Nazaret: โChi ha visto me, ha visto il Padreโ (Gv 14,9), dice Gesรน a Filippo. Vedere il volto di Dio e pronunciarne il nome sono interdetti nellโAT, perchรฉ significano impossessarsi di Dio, avere un potere su di lui, governare Dio e usarlo per i propri fini. Significano cioรจ divenire idolatri.
Il passaggio spirituale che la fede deve fare attraverso lโumanitร di Gesรน รจ la salvaguardia dallโidolatria. Il senso profondo dellโimpoverimento di Dio, del suo abbassamento, della sua gloriosaย kenosi, del suo libero lasciare i privilegi divini, del suo presentarsi come uomo tra gli uomini, del suo mostrarsi nel volto del rabbi Gesรน di Nazaret, apre per lโuomo la strada alla fuoriuscita dallโidolatria. O almeno, รจ lโindicazione del percorso che porta alla liberazione dallโassolutizzazione del penultimo, dalla brama di possesso, dalla tirannia dellโego. Siamo di fronte allo straordinario cristiano:ย Dio nel volto di un uomo. Anzi, allโossimoro cristiano: Dio? Lโumanitร di Gesรน di Nazaret. Per vedere Dio occorre seguire lโuomo Gesรน. Il Cristo risorto รจ il fondamento della chiesa, e anchโessa, fondata sullโossimoro della rivelazione cristiana, si presenta nella seconda lettura come un ossimoro: voi siete โpietre viveโ (1Pt 2,5).
Pietre, ma viventi. Che poi il Cristo risorto sia โpietra scartataย dai costruttori, ma scelta da Dio e divenuta pietra angolareโ (1Pt 2,7), รจ importante per quanti si trovano a vivere โvite di scartoโ, a essere rigettati ai margini della societร o del mondo o del loro gruppo o della chiesa. Dio sceglie ciรฒ che nel mondo รจ disprezzato e insignificante, sceglie โla spazzatura del mondoโ (1Cor 4,12) per confondere i costruttori mondani e le loro costruzioni che si reggono su criteri di efficienza e performativitร , che richiedono conformismo e omologazione, che vogliono che le pietre siano morte e non vive. Una pietra viva, fedele eco del Crocifisso Risorto, รจ un ossimoro intollerabile per la razionalitร mondana e abbisogna di essere scartata.
Il Cristo che lascia i suoi discepoli e sale al Padre, chiede loro laย fedeย (cf. Gv 14,1.10.11.12); la chiesa fondata sul Crocifisso Risorto รจ lโinsieme deiย credentiย chiamati a โoffrire sacrifici spirituali graditi a Dioโ (1Pt 2,5): il riferimento รจ allaย liturgia, ma piรน estesamente alย culto nellโesistenza quotidiana, a fare del quotidiano il luogo dellโadorazione di Dio in cui il credente offre il proprio corpo in โsacrificio vivente, santo e gradito a Dioโ (Rm 12,1); i problemi organizzativi della comunitร (come appare dalla prima lettura), che rischierebbero di soffocare ciรฒ che รจ essenziale nella chiesa, devono essere risolti in modo da far sempre emergereย il primato della Parola di Dioย e il suo servizio.
La predicazione stessa deve sempre essere innestata nellaย preghiera: โDi che utilitร potrebbe mai essere una predicazione disgiunta dalla preghiera? In primo luogo viene la preghiera, e dopo la parola, come dicono gli apostoli: โNoi ci dedichiamo alla preghiera e al ministero della parolaโ (At 6,4)โ (Giovanni Crisostomo). Qual era il problema sottostante al testo di At 6? Nella chiesa di Gerusalemme si era creata una tensione fra due gruppi di cristiani. I cristiani ellenisti si lamentavano nei confronti di quelli di provenienza ebraica per il fatto che le loro vedove erano trascurate, discriminate, al momento della distribuzione dei beni per i poveri. Si trattava di un problema gestionale, di amministrazione dei beni, di organizzazione.
Questโopera era affidata, fino ad allora, agli apostoli. Si procedette allora sinodalmente con convocazione e riunione della comunitร , proposta presentata dagli apostoli e decisione presa insieme. Fu stabilita la prioritร , โpreghiera e servizio della parolaโ (At 6,4), a cui si dedicarono gli apostoli, mentre al โservizio delle menseโ (cf. At 6,2) avrebbe provveduto un gruppo di โsetteโ (At 6,5-6) appositamente istituito. Il testo sembra una rilettura in chiave di dinamiche ecclesiali del testo di Lc 10,38-42 in cui Gesรน รจ alle prese con Maria che ascolta attentamente le sue parole e con Marta tutta presa e indaffarata per preparare la tavola.
Nel IV vangelo Gesรน ha giร annunciato il suo andarsene ai discepoli (Gv 13,33; cf. 8,21). E questo provoca in loro il turbamento. Come provocherร tristezza (Gv 16,6.22). Il turbamento รจ uno stato dโanimo che esprime lo spaesamento, lโincertezza e il timore di fronte a una perdita, a una morte, a un lutto. ร turbato Gesรน quando vede Maria piangere davanti a Lazzaro defunto (Gv 11,33) e quando intravede lโavvicinarsi dellโora della propria morte (โOra lโanima mia รจ turbataโ: Gv 12,27). Gesรน รจ poi turbato di fronte a un altro tipo di morte: egli รจ sconvolto e amareggiato quando annuncia il tradimento di uno dei Dodici (Gv 13,21).
E ora chiede ai discepoli di far vincere la fiducia in lui e in Dio sul turbamento che attanaglia il loro cuore. In 14,27 ribadisce: โNon sia turbato il vostro cuore e non abbia timoreโ. Gesรน chiede ai discepoli e a noi qualcosa che spesso ci sembra impossibile. Noi spesso assolutizziamo ciรฒ che sentiamo e proviamo, e anche ciรฒ che pensiamo. E riteniamo che si tratti di dimensioni intoccabili che coincidono con la nostra identitร . Gesรน chiede di essere cosรฌ coscienti di sรฉ da saper leggere e riconoscere i propri moti interiori, chiede ascolto e intelligenza di sรฉ, perchรฉ se non sappiamo riconoscere i nostri moti interiori, come potremo ascoltare e aiutare chi si rivolge a noi in preda a smarrimento e paura, a turbamento e angoscia? Gesรน chiede che si sappia riconoscere ciรฒ che ci abita: e qui parla di turbamento. Guai a rimuovere o a negare questi moti (ciรฒ che si rimuove, prima o poi ritorna e chiede il conto), ma Gesรน chiede anche di essere cosรฌ liberi da far regnare su di essi la fiducia nella sua promessa.
ร il lavoro a cui sono chiamati anche i cristiani che spesso vivono di reazioni emotive e psichiche, di umoralitร , di infantilismi, di immaturitร , di reazioni stizzite, di rancori, di scrupoli, di rimorsi, di conflitti per motivi banali, di insofferenze e fastidi reciproci e non arrivano ad evangelizzare le profonditร , il cuore, ovvero ad avere quella duttilitร che รจ necessaria per vivere insieme con altri. Duttilitร che richiede di avere una giusta misura di se stessi, di non nutrire unโidea troppo alta di sรฉ o una sicurezza eccessiva in se stessi. Siamo chiamati a fare unitร in noi stessi, ma non in modo fittizio, nascondendo, rimuovendo o non accordando importanza a sentimenti e stati dโanimo che riteniamo che non debbano albergare in noi.
Questa unitร la si fa con la grande umiltร di chi si conosce e dice di sรฌ ai propri moti interiori, non sempre particolarmente nobili o elevati, ma fa coabitare con essi i sentimenti e i pensieri che furono in Gesรน, e arriva ad assumere a poco a poco i modi del Signore, i gesti e le forme del suo vivere. Innesta il pensiero di Cristo, ilย noรปsย di Cristo (1Cor 2,16), il sentire di Cristo, il suoย frรณnemaย (Fil 2,5) nel proprio pensare e sentire.
Si tratta di far propria la modalitร con cui Gesรน ha vissuto la sua umanitร . E colpisce che, mentre Gesรน annuncia ai discepoli il suo esodo verso il Padre, egli rivolge loro una promessa che รจ anche una nuova chiamata che riprende quasi letteralmente le parole con cui li ha chiamati a seguirlo nel suo cammino storico. Se Gesรน aveva stabilito i Dodici โperchรฉ stessero con luiโ (Mc 3,14) ora dice loro – ed รจ una promessa che lui fa a loro e una responsabilitร a cui li chiama – che egli va a preparare per loro un posto affinchรฉ possano essere dove anche lui รจ (Gv 14,2-3). E rivela che il cammino per trovarsi con lui, รจ vivere in lui e come lui.
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A chi oppone resistenze alla sua promessa e alla sua chiamata protestando: โnon conosciamo la viaโ, Gesรน risponde: โio sono la viaโ da seguire, la mia vita รจ la traccia da percorrere. โVi ho dato un esempio affinchรฉ, come ho fatto io, facciate anche voiโ (Gv 13,15), ha appena detto Gesรน. E ancora: โCome io ho amato voi, cosรฌ amatevi anche voi gli uni gli altriโ (Gv 13,34). E davanti a Filippo che gli pone come condizione: โMostraci il Padre e ci bastaโ (Gv 14,8), Gesรน si stupisce per il tanto tempo passato insieme che non รจ bastato a Filippo per conoscerlo in profonditร .
E gli dice: se non hai capito, se le parole che ho detto non ti sono bastate o le hai travisate, credi almeno per le opere, per ciรฒ che ho fatto (Gv 14,11). Ecco cosa vuol dire in Giovanni โvedere il Figlioโ: avere lโintelligenza del mistero della sua persona a partire dalle sue parole e dai suoi gesti; ed ecco cosa vuol dire โvedere il Padreโ: credere fino alla convinzione e alla certezza il mistero del Dio Padre. E le parole finali di Gesรน attestano la potenza della fede. La fede infatti consente alle energie della resurrezione di dispiegarsi e operare nel credente. โChi crede in me, anchโegli compirร le opere che io compio e ne compirร di piรน grandiโ (Gv 14,12).
A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose



