Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 28 Agosto 2022

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Il posto a tavola

Il vangelo di questa domenica ci pone di fronte a un contesto conviviale. In giorno di sabato, Gesรน accetta lโ€™invito di un fariseo autorevole (โ€œuno dei capi dei fariseiโ€: v.1) e si reca a casa sua per pranzare (lett.: โ€œper mangiare paneโ€). Lรฌ rivolgerร  alcune parole prima agli invitati (vv. 7-11), quindi a colui che lo aveva invitato (vv. 12-14). Ai primi parlerร  della scelta dei posti al banchetto e al secondo di chi invitare. Ponendo le parole di Gesรน sotto il segno della โ€œparabolaโ€ (โ€œDiceva agli invitati una parabolaโ€: v. 7), quando esse a prima vista non sono che lezioni di tipo sapienziale, Luca ne orienta la comprensione in senso rivelativo, dunque cristologico, escatologico ed ecclesiologico, mostrando che esse non riguardano semplicemente una questione di galateo conviviale e men che meno si riducono a una sorta di predica morale, il che stupirebbe alquanto in bocca a Gesรน. รˆ interessante anche lโ€™annotazione che i commensali โ€“ che, pur non essendo specificato, sono con tutta probabilitร  dei farisei โ€“ โ€œstavano ad osservarloโ€ (v. 1).

Potremmo tradurre piรน brutalmente โ€œlo spiavanoโ€. Il verbo qui utilizzato (paraterรฉo) lo troviamo in Lc 6,7 dove designa lโ€™atteggiamento di scribi e farisei che, nella sinagoga, in giorno di sabato, osservavano attentamente Gesรน per vedere se compisse una guarigione per poterlo poi accusare. La situazione รจ simile a quella di Lc 14,1-6 in cui Gesรน effettivamente guarisce in giorno di sabato un idropico (14,2-6), mentre nella sinagoga guarisce un uomo dalla mano paralizzata (6,6-11). Analogo atteggiamento nei confronti di Gesรน รจ registrato in Lc 20,20 da parte di scribi e capi dei sacerdoti. Gesรน dunque accetta lโ€™invito a pranzo di un fariseo, ma si viene a trovare in un contesto che nutre prevenzioni, sospetti e diffidenze nei suoi confronti. La cosa, del resto, era giร  avvenuta quando era stato invitato a mangiare a casa del fariseo Simone (Lc 7,36-50).

Pur essendo โ€œsotto osservazioneโ€, รจ Gesรน stesso che fa attenzione e nota โ€œcomeโ€ gli invitati sceglievano i primi posti (v. 7). Le sue successive parole nascono da questo sguardo, dunque, dallโ€™osservazione della realtร . E questo rapporto con lโ€™esperienza, con il dato di realtร , spiega il carattere sapienziale delle parole di Gesรน. Le sue indicazioni infatti sembrano ricalcare la tonalitร  di consigli analoghi che troviamo nella letteratura sapienziale, sempre molto attenta a regolare il comportamento di chi รจ ammesso a banchetti e a pranzi con persone autorevoli (Pr 23,1; Sir 31,12): โ€œNon darti arie davanti al re e non metterti al posto dei grandi, perchรฉ รจ meglio sentirsi dire: โ€˜Sali quassรนโ€™, piuttosto che essere umiliato davanti a uno piรน importanteโ€ (Pr 25,6-7).

Quali che fossero i โ€œprimi postiโ€, i โ€œposti dโ€™onoreโ€ in un banchetto (accanto al padrone di casa? Al centro della tavolata? In testa ad essa?), Gesรน esprime unโ€™osservazione di buon senso per evitare brutte figure. Meglio scegliere un posto defilato e vedersi magari chiamati dal padrone di casa a venire in un posto piรน in vista, piuttosto che piazzarsi in un posto di primo piano ed essere poi costretti a cederlo a un invitato piรน ragguardevole e dover occupare un posto marginale. Nel primo caso uno โ€œriceve onore davanti a tutti i commensaliโ€ (v. 10), nel secondo invece viene svergognato (โ€œdovrai con vergogna occupare lโ€™ultimo postoโ€: v. 9). La dialettica onore (dรณxa) – vergogna (aischรฝne) รจ di importanza vitale nella societร  dellโ€™epoca di Gesรน. Lโ€™onore รจ la rivendicazione personale di valore associata al riconoscimento pubblico di tale valore. Esso contiene una dimensione personale e una sociale e questa seconda รจ fondamentale. Il posto a tavola nei ricevimenti รจ uno dei luoghi che indicano lโ€™onorabilitร  di una persona, certificano cioรจ la sua autoritร  e il suo status sociale (ed economico). Un uomo che ha onore, รจ una persona rispettabile. La vergogna si manifesta quando lโ€™aspirazione individuale a una posizione di onore viene smentita o misconosciuta socialmente. Come nel caso di chi, postosi in posizione di onore in un banchetto, ne viene retrocesso dal padrone di casa. Ecco allora il disonore, lโ€™umiliazione.

Tuttavia il senso del nostro testo non si ferma certo a questo livello. Il riferimento ai primi posti (protoklisรญa: vv. 7.8) contiene unโ€™allusione al vizio e al vezzo degli scribi che โ€œambiscono i primi posti nei banchettiโ€ (Lc 20,46). Sia scribi che farisei amano i primi seggi (protokathedrรญa) nelle sinagoghe (Lc 11,43; 20,46). E questo vizio di primeggiare, di essere visti occupare posti che dicono autorevolezza e onore, รจ male che abita la comunitร  cristiana stessa, sicchรฉ il testo acquista valenza ecclesiologica ricordando a tutti i cristiani che la tavola imbandita del banchetto eucaristico รจ memoria del Servo del Signore e plasma una chiesa serva, chiede ai credenti di farsi servi gli uni degli altri, di cercare lโ€™ultimo posto, sullโ€™esempio di colui che รจ venuto non per farsi servire ma per servire, non per dare esibizione di sรฉ, ma per occupare il posto vergognoso e infamante del servo di tutti.

Le parole di Gesรน che Luca colloca durante lโ€™ultima cena hanno esattamente questo tenore: โ€œChi tra voi รจ piรน grande diventi come il piรน giovane e chi governa come colui che serve. Infatti chi รจ piรน grande, chi sta a tavola o chi serve? Non รจ forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serveโ€ (Lc 22,26-27). Le parole di Gesรน agli invitati, che potrebbero dunque rientrare nellโ€™etichetta conviviale o addirittura sembrare una strategia un poโ€™ furbesca per โ€œricevere gloriaโ€ dagli uomini (v. 10), vanno invece colte alla luce del paradosso formulato nel discorso della pianura (Lc 6,20-28) e diventano una critica alla volontร  di protagonismo, alla brama di primeggiare, allโ€™ansia di essere ammirati e riveriti che da sempre connotano lโ€™atteggiamento clericale.

Le parole di Gesรน, mostrando un ribaltamento radicale della situazione, per cui chi aveva scelto il primo posto si ritrova allโ€™ultimo e chi si era messo allโ€™ultimo viene fatto avanzare, aprono il testo alla dimensione escatologica, come appare dal v. 11: โ€œChiunque si esalta sarร  umiliato e chi si umilia sarร  esaltatoโ€. Il rovesciamento della sorte intravisto รจ quello di cui ha giร  parlato Gesรน in Lc 13-28-30 intravedendo la prospettiva escatologica del Regno di Dio: โ€œVedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel Regno di Dio e voi cacciati fuori. Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e sederanno a mensa nel Regno di Dio. Ed ecco vi sono ultimi che saranno primi, e vi sono primi che saranno ultimiโ€. Il testo acquisisce anche una valenza etica ponendo a contrasto orgoglio e umiltร . Essendo chiaro che umiltร  ha il senso di autenticitร , di adesione allโ€™humus da cui lโ€™uomo รจ tratto e a cui ritornerร  e che, mentre ricorda allโ€™uomo la sua dimensione creaturale e lo colloca come creatura davanti al Creatore, lo coglie anche come uomo (homo) che trova nellโ€™umanitร  (humanitas) di Cristo la misura autentica della propria maturitร  (cf. Ef 4,13).

A questo punto, Gesรน rivolge โ€œa colui che lโ€™aveva invitatoโ€ (v. 12) parole sorprendenti e scandalose che gli suggeriscono di invitare a pranzo o a cena non amici e conoscenti ma โ€œpoveri, storpi, zoppi, ciechiโ€ (v. 13): questo gesto infatti sarebbe totalmente gratuito perchรฉ i poveri non possono ricambiare, a differenza dei primi che se ne sentirebbero perfino obbligati. Dunque, anche parlando di un banchetto, Gesรน riesce a parlare dellโ€™agire sorprendente di Dio: nel banchetto del Regno sono i poveri ad avere i posti privilegiati e gli ultimi a essere i primi (cf. Lc 14,11). Per noi uomini รจ prassi usuale e sensata invitare a cena a casa nostra le persone amiche, quelle a cui siamo legati da vincoli di affetto e simpatia, quelle che ci inviteranno a loro volta. Oppure invitare persone potenti e autorevoli che interverranno in nostro favore nel momento del nostro bisogno obbedendo a una logica tacita e consolidata di contraccambio, di scambio di favori. Gesรน dunque mette in guardia da logiche di do ut des che corrompono i rapporti facendoli uscire dalla gratuitร  rendendoli meri rapporti di potere e complicitร . Con queste parole Gesรน sta pertanto obbedendo alla logica โ€œstranaโ€, โ€œfolleโ€, di Dio e del Regno. Il suo discorso รจ mosso da una โ€œlogica illogicaโ€, se considerata a partire dal nostro buon senso che persegue reciprocitร  e si adagia in essa. Per Gesรน tale reciprocitร  รจ estranea allโ€™agire di Dio.

E rivela che, per lโ€™uomo, questa logica illogica diviene fonte di beatitudine: โ€œsarai beato perchรฉ non hanno da ricambiartiโ€ (Lc 14,14). La beatitudine consiste nella partecipazione alla sorte di Gesรน che ha amato unilateralmente gli uomini nel loro peccato e nella loro inimicizia (cf. Rm 5,6 ss.), che non ha cercato ricompense terrene e non ha preteso di essere riamato in cambio del suo amore. La beatitudine รจ la gioia di amare in pura perdita, nella coscienza che lโ€™amore basta allโ€™amore e che รจ ricompensa per chi ama. รˆ la beatitudine di chi รจ libero dalla paura di perdere qualcosa amando; รจ la beatitudine di chi spera e attende come unica ricompensa la comunione escatologica con Dio nel Regno (cf. Lc 14,14b); รจ la beatitudine di chi trova nel dono la propria gioia; รจ la beatitudine di chi non agisce in vista di un contraccambio, ma donandosi interamente in ciรฒ che vive e che compie.

A cura di: Luciano Manicardi

Per gentile concessione del Monastero di Bose

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