Nelle mani di un Agnello
Lโaccento della quarta domenica di Pasqua di ogni annata liturgica cade sempre su Gesรน pastore. Il Gesรน che ha guidato i suoi discepoli, โil piccolo greggeโ (Lc 12,32), facendo di loro una comunitร , รจ anche il Risorto che dona loro la vita eterna: questo il messaggio della pagina evangelica (Gv 10,27-30).
La seconda lettura (Ap 7,9.14-17) afferma che il Risorto รจ Pastore e Agnello al tempo stesso; anzi, รจ Pastore perchรฉ Agnello, ovvero, รจ Colui che guida i credenti alla vita piena grazie alla sua passione, morte e resurrezione. Infine, la prima lettura, tratta come sempre durante il tempo di Pasqua dagli Atti degli Apostoli, mostra il Risorto che continua a esercitare nella storia le sue funzioni di pastore, cioรจ a formare comunitร e a guidare e nutrire le sue โpecoreโ, attraverso lโattivitร apostolica di predicazione della Parola di Dio (At 13,14.43-52).
โLโAgnello sarร il loro pastoreโ (Ap 7,17): la pagina dellโApocalisse รจ particolarmente interessante e intrigante, presentando il Cristo risorto al tempo stesso come pastore e come agnello. Siamo al cuore dellโossimoro in cui consiste la rivelazione cristiana: Dio si fa conoscere pienamente nellโuomo Gesรน di Nazaret; il salvatore del mondo รจ lโimpotente appeso alla croce; il Signore dellโuniverso รจ il servo di tutti; il pastore รจ lโagnello.
Giร il IV vangelo aveva riferito a Gesรน i titoli di agnello e contemporaneamente di pastore: Gesรน รจ โlโagnello di Dioโ (Gv 1,29.36) ed รจ il pastore autentico, โil buon pastoreโ (Gv 10,11.14). E come lโevangelista aveva mostrato il Risorto segnato dalle ferite della crocifissione (Gv 20,20.27), cosรฌ il veggente di Patmos parla dellโโAgnello ritto in piedi come uccisoโ (Ap 5,6). Il Crocifisso-Risorto รจ lโAgnello-Pastore.
Tuttavia, lโespressione certamente paradossale puรฒ perdere il suo aspetto sconcertante e urtante e mostrare la sua potenza rivelativa se si pensa che lโattributo di pastore nellโAntico Testamento, quando non designa pastori di greggi e quando non รจ riferito a Dio, ma a capi โ soprattutto politici e militari โ del popolo, indica dei โcattiviโ pastori. I pastori, le guide del popolo, sono โcattiveโ quando vengono meno al loro compito di servire il gregge e invece se ne servono; quando non lo nutrono ma lo affamano; quando non lo conducono al pascolo o allโovile ma lo disperdono; quando non lo curano ma lo lasciano perire; quando non lo proteggono ma lo consegnano in balรฌa di animali feroci e di ladri.
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Basti una citazione tratta da Geremia: โGuai ai pastori che fanno perire e disperdono il gregge del mio pascolo. Oracolo del Signore. Perciรฒ dice il Signore, Dio dโIsraele, contro i pastori che devono pascere il mio popolo: Voi avete disperso le mie pecore, le avete scacciate e non ve ne siete preoccupatiโ (Ger 23,1-2).
La domanda che sorge, e che riguarda chi detiene posti di autoritร e responsabilitร nello spazio politico e civile, ma in particolare nellโambito ecclesiale, รจ: come liberare lโesercizio dellโautoritร dal rischio dellโabuso di potere? E poichรฉ la mens abusante si esprime a trecentosessanta gradi, lโabuso di potere acquista molte e diversificate sfumature e diviene polimorfo.
Ora, lโinsegnamento insistente di Gesรน ai suoi discepoli โ e a noi con loro โ riguardo a chi detiene responsabilitร nella comunitร e dunque svolge un compito pastorale nella chiesa, รจ: chi รจ primo sia lโultimo di tutti, chi governa sia il servo di tutti, il piรน grande sia lo schiavo di tutti (cf. Mt 20,26-27; Mc 10,43-44; Lc 22,26). La proclamazione che Gesรน รจ pastore in quanto agnello dice esattamente questo. Lui, il Signore, il piรน grande, si รจ posto coscientemente e liberamente come lo schiavo e il piรน piccolo, vincendo in se stesso la logica che porta a spadroneggiare e ad abusare.
E come le parole di Gesรน ai discepoli nei Sinottici contengono una polemica contro lโesercizio del potere come dominio e sfruttamento in ambito politico (โI re delle genti le signoreggiano e coloro che hanno potere su di esse si fanno chiamare benefattori. Voi perรฒ, non cosรฌโ: Lc 22,25-26; cf. Mt 20,25; Mc 10,42), analogamente i titoli che lโApocalisse attribuisce al Risorto โ come โsovrano dei re della terraโ (Ap 1,5), โcolui che รจ destinato a pascere (poimaรญnein) tutte le gentiโ (Ap 12,5) โ contengono una critica al sistema politico imperialista e totalitario dominante allโepoca, in particolare al culto imperiale.
Ora, che il Pastore sia lโAgnello significa lโintegrazione della dimensione della vulnerabilitร e della mitezza proprie dellโagnello nel compito di guida e governo proprio del pastore. La forza del Messia, โil leone della tribรน di Giudaโ (Ap 5,5), si esprime paradossalmente nellโAgnello โritto in piedi come uccisoโ. La vera forza di chi governa consiste nellโassunzione cosciente della propria vulnerabilitร e fragilitร . Questa operazione, che situa la persona nella sua veritร esistenziale, la pone anche empaticamente vicina alle persone di cui ha una responsabilitร .
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A quel punto, il potere viene onorato nella sua vocazione originaria โ purtroppo disattesa nellโaccezione comune del termine โ per cui, con esso, come si esprime il filosofo Byung-Chul Han nel suo libro Che cosโรจ il potere, โsi intende di solito la seguente relazione causale: il potere di Ego dร origine a un determinato comportamento di Alter contro la volontร di questโultimo. Il potere mette Ego in condizione di imporre le sue decisioni senza dover far caso ad Alter, il quale subisce la volontร di Ego come qualcosa di estraneoโ.
In realtร , come appare perfino allโelementare livello grammaticale, โpotereโ รจ verbo servile, che presenta dunque una contiguitร , anzi, una co-essenzialitร con quella dimensione di servizio che spesso รจ considerata agli antipodi del potere. Il verbo e il vocabolo โpotereโ aprono delle possibilitร e le rendono praticabili, sempre allโinterno di quei limiti che gli impediscono di degenerare.
Degenerazione che avviene quando il potere si sgancia da ogni limite e si assolutizza: da qui nascono abusi, prepotenze, prevaricazioni, controllo, manipolazione, sfruttamento e violenze. Il potere degenera quando nega la fragilitร e debolezza. Primo Levi scrive che lโabbaglio del potere ci porta a โdimenticare la nostra fragilitร essenzialeโ. Declinare il potere come dominio funziona dunque come strumento antimnemonico della nostra fragilitร essenziale, che costituisce anche parte integrante della nostra condizione umana.
Il potere come dominio svela cosรฌ la sua qualitร di menzogna, e menzogna anzitutto antropologica. Il sogno di dominio dei potenti di questo mondo diventa lโincubo delle moltitudini di poveri oppressi e perseguitati: lโAgnello-Pastore invece รจ capace di consolare, asciugando le lacrime da ogni volto (Ap 7,17; cf. 21,4). Il โpotereโ dellโAgnello-Pastore รจ potere di consolazione (โBeati quelli che sono nel pianto, perchรฉ saranno consolatiโ: Mt 5,4).
Ma chiediamoci: chi puรฒ esprimere con questa immagine il mondo redento? Chi nella vita ha pianto e ha anche, giร qui e ora, consolato chi era nel pianto, โpiangendo con chi รจ nel piantoโ (Rm 12,15), facendosi prossimo e asciugando le lacrime di chi si trovava nellโafflizione. Il potere rettamente inteso, il potere alla scuola del โbuon pastoreโ, va di pari passo con la compassione, con il no radicale allโindifferenza di fronte al male del prossimo. E si radica nellโamore e si esprime come amore.
Questo dice anche la pagina evangelica, accennando alla simbolica della mano: โLe mie pecore ascoltano la mia voce e io le conosco ed esse mi seguono. Io do loro la vita eterna e non andranno perdute in eterno e nessuno le strapperร dalla mia mano. Il Padre mio che me le ha date, รจ piรน grande di tutti e nessuno le puรฒ strappare dalla mano del Padre mioโ (Gv 10,27-29).
In tantissime ricorrenze bibliche, la mano indica โpotenzaโ, โforzaโ, โautoritร โ (si pensi alla โmano forteโ con cui Dio liberรฒ i figli dโIsraele dallโEgitto: Es 3,19-20). Nel IV vangelo, la mano diviene il simbolo dellโamore dato e ricevuto, della relazione per cui il Padre ama il Figlio (โIl Padre ama il Figlio e ha rimesso tutto nelle sue maniโ: Gv 3,35) e il Figlio, โsapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle maniโ (Gv 13,3), compie il gesto dellโamore radicale, simbolo del dono della sua vita per i discepoli, amandoli โfino alla fineโ (Gv 13,1).
E compie, lui il Signore e il Maestro, il gesto dello schiavo, abbassandosi per lavare con le sue mani i piedi dei suoi discepoli, anche di chi si era fatto suo nemico. La mano aperta del Padre che ha donato tutto al Figlio diviene la mano aperta del Figlio che tutto riceve dal Padre e tutto custodisce e protegge, come vero e buon pastore.
E diventa anche la mano che il Figlio mostra, quale Crocifisso Risorto, a Tommaso, pecora che si era distaccata dal gregge, affinchรฉ riconosca al tempo stesso lโamore del Padre e del Figlio (โMio Signore e mio Dioโ: Gv 20,28). E, chiedendogli di stendere, a sua volta, la sua mano, Gesรน chiede a Tommaso di entrare nel mistero dellโamore manifestato dalla mano trafitta.
Davvero, il buon pastore รจ colui che dona la vita per le sue pecore e, proprio in questa donazione e perdita di sรฉ, egli, donando lโamore, custodisce le sue pecore nellโamore.
Per gentile concessione del Monastero di Bose