Luciano Manicardi – Commento al Vangelo di domenica 10 Luglio 2022

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Il prossimo mi riguarda

Il brano evangelico di questa domenica (Lc 10,25-37) contiene lโ€™episodio notissimo della parabola del Samaritano (Lc 10,29-37; lโ€™aggiunta โ€œbuonโ€ nel titolo di questa parabola conferisce una nota moralistica non richiesta dal testo) e il breve dialogo tra un dottore della Legge e Gesรน che la precede immediatamente (10,25-28). Si tratta di un testo fondamentale per cogliere il senso evangelico della prossimitร . Alla domanda โ€œChi รจ il mio prossimo?โ€ (10,29) posta dal dottore della Legge, Gesรน risponde narrando la parabola e ponendo una contro-domanda: โ€œChi รจ stato prossimo per lโ€™uomo ferito?โ€ (cf. 10,36). Ovvero, โ€œil prossimo non รจ un oggetto sociale, ma un comportamento in prima personaโ€ (Paul Ricoeur).

Commentando la stessa parabola Kierkegaard, ha scritto: โ€œCristo non parla di conoscere il prossimo ma di diventare noi stessi il prossimo: โ€ฆ il Samaritano non provรฒ che il malcapitato era il suo prossimo, ma che egli era il prossimo del malcapitatoโ€. Il prossimo รจ responsabilitร  personale, รจ azione, azione su di sรฉ. Il prossimo? รˆ la vocazione a cui io sono chiamato. Il prossimo? Non riguarda lโ€™altro, ma me stesso. Il prossimo? Non รจ una condizione, ma unโ€™azione: โ€œSi fece vicinoโ€ dice la parabola (10,34). Il prossimo non รจ semplicemente colui che mi รจ vicino fisicamente, ma รจ disponibilitร  a farsi vicino, a divenire vicino, a spostarsi da dove si รจ per andare lร  dovโ€™รจ lโ€™altro.

La prossimitร  non รจ uno stato, ma unโ€™azione. E, ripeto, anzitutto unโ€™azione su di sรฉ, in cui io decido di fare qualcosa di me. E lo decido sapendo che lโ€™unico potere che ho e che posso esercitare con tutta legittimitร , รจ quello su me stesso. La prossimitร  รจ una responsabilitร . Il Card. Carlo Maria Martini scrisse nella sua celebre Lettera Pastorale Farsi Prossimo: โ€œIl prossimo non esiste giร . Prossimo si diventa. Prossimo non รจ colui che ha giร  con me dei rapporti di sangue, di razza, di affari, di affinitร  psicologica. Prossimo divento io stesso nellโ€™atto in cui, davanti a un uomo, anche davanti al forestiero e al nemico, decido di fare un passo che mi avvicina, mi approssimaโ€.

Ora, รจ importante cogliere la parabola in continuitร  con il dialogo tra il dottore della legge e Gesรน. In questo modo, apparirร  evidente che Gesรน cerca di far percorrere al dottore della Legge un cammino di conversione. Gesรน predispone un percorso che cerca di far passare il dottore della Legge dalla domanda segno di disimpegno e deresponsabilizzazione โ€“ โ€œChi รจ il mio prossimo?โ€ โ€“ al farsi lui attivamente prossimo, e piรน in generale cerca di smuoverlo conducendolo dallโ€™intellettualismo alla prassi, dal sapere al fare. Una volta che Gesรน ha narrato la parabola e ha posto la domanda al suo interlocutore su chi tra i personaggi della parabola sia stato veramente prossimo per lโ€™uomo ferito dai briganti, il dottore della Legge risponde bene, in modo ortodosso (orthรดs: v. 28), ma non arriva a fare il legame tra sapere e fare, tra conoscenza delle Scritture e sofferenza dellโ€™uomo, tra corpo delle Scritture e corpo dellโ€™uomo ferito, tra spirito e mano. Capiamo cosรฌ lโ€™ammonimento che Gesรน ripete due volte e che insiste sullโ€™agire, sul fare: โ€œFaโ€™ questo e vivrai!โ€ (Lc 10,28); โ€œVaโ€™ e anche tu faโ€™ lo stessoโ€ (Lc 10,37). Il racconto di questa parabola ha dunque valenza di rivelazione anche per il dottore della Legge e sconvolge una credenza diffusa allโ€™epoca: la domanda โ€œchi รจ il mio prossimo?โ€ aveva come frequente risposta la successione in ordine di importanza โ€œil sacerdote, il levita, il figlio dโ€™Israeleโ€, mentre il Samaritano era annoverato tra coloro che meritavano lโ€™odio e il rigetto. Nella parabola vi รจ rovesciamento di situazioni: quelli che bisognava amare in quanto prossimo (il sacerdote e il levita) si rivelano essere quelli che non amano, non esercitano alcuna solidarietร , non fanno misericordia (v. 37), mentre colui che si poteva e doveva odiare (il Samaritano) รจ colui che

concretamente esercita la solidarietร , perchรฉ รจ preso da compassione. Di certo qui Gesรน insegna che la solidarietร  รจ un reale farsi prossimo allโ€™altro nella sua sofferenza.

La parabola presenta il caso di un uomo che, sulla strada che scende da Gerusalemme a Gerico, incappa in briganti che lo feriscono, lo derubano e lo lasciano per strada mezzo morto. Passano di lรฌ prima un sacerdote, quindi un levita, ma entrambi, pur avendo visto lโ€™uomo ferito, passano oltre e non gli prestano soccorso. Perchรฉ questo comportamento? Forse per non contrarre impuritร  con un uomo ridotto in stato quasi cadaverico, ma forse vi รจ qualcosa di piรน radicale: lโ€™uomo malato, il ferito, il sofferente, il morente puรฒ farci paura. E possiamo voltarci dallโ€™altra parte, o passare dallโ€™altra parte della strada, come il levita e il sacerdote, pur di non incontrare chi soffre.

Per entrare nella compassione che porta a fare tutto il possibile per il moribondo, non basta vedere lโ€™uomo ferito, ma occorre anche vedere le proprie resistenze alla compassione, riconoscere che la sofferenza dellโ€™altro ci respinge e suscita in noi anche rigetto e ripugnanza. Non solo non ci attrae, ma ci impaurisce e ci induce a fuggire. Non รจ da escludere che la presenza dellโ€™uomo ferito sia stata sentita come una vera e propria scocciatura che riempie di collera sacerdote e levita: โ€œperchรฉ costui รจ lร  a interrompere il mio cammino, i miei ritmi prefissati, i miei impegni, urgenti e improcrastinabili? Non posso permettermi di perdere tempo soccorrendolo: i miei doveri hanno la prioritร โ€.

Si manifesta allora in me la volontร  di escluderlo dal mio orizzonte, perchรฉ mi infastidisce: allora passo dallโ€™altra parte della strada. Scansandolo, mi illudo di sgravarmi la coscienza. Forse nel cuore di questi uomini si sono mossi pensieri di questo tipo. Forse. Tuttavia, credo che per leggere onestamente questa parabola dovremmo non tanto identificarci nel protagonista positivo, il Samaritano, ma comprendere che di noi fanno parte anche il sacerdote e il levita, e che i tre personaggi sono tre momenti dellโ€™unico movimento faticoso verso un atteggiamento di vera compassione e prossimitร .

Anche noi, per arrivare alla vera prossimitร  siamo chiamati a riconoscere le opposizioni che in noi ci sono alla solidarietร  e alla compassione. E forse dovremmo cercare di guardare la scena della nostra parabola mettendoci nei panni dellโ€™uomo ferito. Si entrerebbe in unโ€™altra visione del mondo e si potrebbe entrare nella storia di questโ€™uomo che conosce quattro tappe:

1. รˆ un uomo normale, come me, come tutti, che sta facendo la sua strada (v. 30a).

2. Lโ€™inatteso rende questโ€™uomo quasi morto a causa della violenza. Questโ€™uomo viene picchiato, ferito, rapinato, malmenato, condotto a un passo dalla morte (v. 30b).

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3. Davanti al sacerdote e al levita questโ€™uomo diviene colui di cui non ci si prende cura, che patisce lโ€™indifferenza omicida: sperimenta di non essere nulla, uno da evitare (vv. 31-32).

4. Davanti al Samaritano egli diviene lโ€™uomo aiutato, soccorso, che conosce chi si prende gratuitamente cura di lui, colui che sperimenta la compassione dellโ€™altro (vv. 33-35).

Non basta vedere il sofferente: occorre fargli spazio in noi, far sรฌ che la sua sofferenza avvenga un poโ€™ in noi. La compassione รจ la radice della prossimitร  perchรฉ essa dice: โ€œTu non sei solo perchรฉ la tua sofferenza รจ, in parte, la miaโ€. Possiamo dire che la compassione รจ il โ€œsottrarre il dolore alla sua solitudineโ€. Davvero dunque i tre personaggi della parabola disegnano un unico percorso e unโ€™unica storia, quella della compassione che fatica a farsi strada in noi, nel nostro cuore. Occorre saper vedere la propria paura, la mia paura che mi impedisce di cogliere la sua, di lui che รจ impotente e in balia del primo che si avvicina e gli puรฒ dare il colpo di grazia. Forse la mia paura di fronte allโ€™altro sofferente รจ la paura dellโ€™isolamento in cui giace il ferito: se io accetto di incontrare in me questa solitudine spaventosa, forse potrรฒ farmi vicino allโ€™altro e diventare presenza nella sua solitudine.

Alla domanda di Gesรน su chi tra i personaggi della parabola รจ stato il prossimo per lโ€™uomo incappato nei briganti, il dottore della Legge risponde: โ€œColui che ha fatto misericordia con luiโ€ (10,37; lett.), cioรจ โ€œColui che ha agito con misericordia nei suoi confrontiโ€. Ma cosa ha fatto il

Samaritano? Sette azioni: โ€œebbe compassioneโ€; โ€œsi avvicinรฒโ€; โ€œfasciรฒ le feriteโ€; โ€œversรฒ olio e vinoโ€; โ€œlo caricรฒ sulla cavalcaturaโ€; โ€œlo portรฒ a una locandaโ€; โ€œsi prese cura di luiโ€. โ€œIl giorno dopoโ€ (10,35), prima di partire, spende denaro raccomandando il ferito alle cure del locandiere e preoccupandosi di assicurare che avrebbe speso ancora ciรฒ che si fosse rivelato necessario. La compassione รจ qualcosa che si fa, รจ una prassi, non un sentimento. Si situa sul piano dellโ€™effettivitร , piรน che dellโ€™affettivitร . Comporta movimenti interiori come il rigetto dellโ€™indifferenza e lโ€™assunzione della responsabilitร  personale. Ma anche esteriori e tangibili come il dare tempo, energie, denaro. Ed esige una collaborazione: il Samaritano ha bisogno di altri e di istituzioni per poter adeguatamente aiutare il ferito. Il locandiere e la struttura in cui egli sarร  accolto e curato.

Possiamo chiudere questa riflessione lasciando risuonare per ciascuno di noi le parole di Agostino che esplicitano bene il senso della nostra parabola: โ€œNon chiederti: chi รจ il mio prossimo? Tocca a te farti prossimo di chi รจ nel bisognoโ€ (De doctrina christiana I,30).

A cura di: Luciano Manicardi
Per gentile concessione del Monastero di Bose