Per me la sua lezione è l’importanza sorprendente della vita, di esistere, tout court. Nonostante tutte le difficoltà cui si va incontro…”  commenta il Cardinale Cristobal Lopez Romero, di ritorno dal rito funebre di Philippe, a Marrakech. Si parla della sua lezione di vita. Visto che la sua è stata, in realtà, un’esistenza singolare e significativa. Una lunga corsa ad ostacoli. Il suo racconto è diventato un libro, anzi un bel film “Intouchables” (“Quasi amici”, in Italia) nel 2011, con il primo posto in Francia della hit parade degli incassi. Intrecciando momenti di esilarante sorriso, ilarità e autentica commozione: un vero successo.

Ma per Philippe Pozzo del Borgo, ricco imprenditore di origine nobile, il punto di partenza fu un insuccesso tragico. Un grave incidente in parapendio, nel 1993. Talmente grave da lasciarlo paralizzato, immobile dal collo in giù. Tetraplegico per tutta la vita. Perde, anche, la moglie a causa di un raro tumore. Si sposerà, in seguito, con una marocchina, straordinariamente dolce. “Non piangere perché è finita, sorridi perché è accaduto” consiglia sempre dottor Seuss.

In carozzina, frequenta di tanto in tanto la nostra parrocchia a Essaouira, sulla costa del Marocco, di fronte all’oceano, dove gli Alisei soffiano notte e giorno. Si direbbe che la forza della natura e l’immensità dell’acqua lo attirino e lo incantino ancora. Coltiva la fede in Dio, perchè “la vita è dentro. E tutti si ostinano a cercarla fuori!” come afferma qualcuno.

 Pur restando immobile, racconta la sua lotta per la vita, lotta con il suo corpo, con il senso di essere ormai un uomo inutile, finito. In questa sua battaglia ha un’arma particolare: il suo badante.  Un immigrato algerino, appena uscito di galera, che entra un giorno nella sua vita come un uragano e diventa immediatamente il suo “diavolo custode”(dal titolo del libro). Il loro rapporto, lo scontro tra le loro culture, si trasforma lentamente in un legame forte di intensa amicizia. Il suo racconto appassiona e commuove il mondo intero. In Francia e altrove Philippe diventa una celebrità, un’icona. Perchè “la vita non è aspettare che passi la tempesta, ma imparare a ballare sotto la pioggia” ricorda Gandhi.

Per la sua passione per la vita, nonostante tutto, diventa testimonial dell’associazione «Soulager, mais pas tuer» («Alleviare, non uccidere»), che in Francia si batte contro i progetti per legalizzare l’eutanasia.  Prende parte con entusiasmo  a una associazione “Wheeling Around the World” nel 2013, cioè come girare il mondo in sedia a rotelle.”La vita è questo: nulla è facile, niente è impossibile”.

Philippe vive in terra maghrebina, Tunisia e poi Marocco, dove si intessono tappeti di rara bellezza.  Come i nodi di un tappeto lui stesso sa tessere la propria vita, nell’armonia sorprendente dei contrari, annodando tra loro gli opposti. La speranza e la disperazione, il sorriso e il pianto, la rabbia e la pace, la realtà e il paradosso, la solitudine e la relazione, il dono e l’abbandono, la vita e la morte. Aspetti, che diventano come altrettanti pezzi di un puzzle: un’esistenza intensamente vissuta. “Vivere è la cosa più rara al mondo, – commenta Oscar Wilde – la maggior parte della gente esiste, ecco tutto.” 

Domenica 3 giugno, infine, in seguito alla sua scomparsa a 72 anni, il rito funebre alla chiesa dei martiri a Marrakech, è accompagnato dalla leggerezza esuberante del canto del violino: accoglie musulmani e cristiani senza distinzione. Come la trama di un tappeto, intesse testi e preghiere cristiane, brani del Corano, testimonianze di amici, senso del mistero, di emozione e di riconoscenza per una vita appassionata. Appassionante. “La sua storia ha cambiato le nostre vite – interviene qualcuno – e quelle di molte persone vulnerabili e fragili.  Ci ha insegnato a riconciliarci con noi stessi, con la parte di fragilità che è in noi”.

 Il corpo di Philippe ritorna, così, alla terra degli avi, la sua Corsica, terra che da sempre insegna resistenza e resilienza in ogni occasione. Ma la sua anima si libra ormai in cielo. Dove il parapendio gli aveva dato quelle prime, indimenticabili, emozioni: la libertà inaudita di lassù, il profumo dell’aria, gli orizzonti infiniti, l’incanto del silenzio, la magia di un mondo che si fa contemplazione e stupore. Ed era già allora la conquista di un pezzo di cielo. Ora, per sempre.

P. Renato Ziliooltrefrontiere@gmail.com
Missionario scalabriniano a Rabat
Autore: “Dio attende alla frontiera” – EMI 36.ma ediz. – (Prefazione del Cardinale Cristóbal di Rabat)

Photo by Sarah Hall: https://www.pexels.com/photo/the-hassan-tower-in-rabat-morocco-12504063/