XXVI domenica del tempo ordinario C – 12 Porte Tv
Il racconto del povero Lazzaro e del ricco gaudente: Gesรน risponde anzitutto ad una idea sbagliata che era molto in voga tra i farisei, ma che spesso serpeggia anche tra di noi: che se uno รจ messo male ed รจ in difficoltร vuol dire che ha fatto qualcosa di male ed รจ come punito da Dio, e viceversa.
Dio permette che al mondo ci siano i poveri e i ricchi, ma il giudizio di Dio verrร per tutti e chi a chi ha di piรน, sarร chiesto di piรน.
Un altro spunto di riflessione, che ci viene da un commento di san Gregorio Magno: questo grande padre della Chiesa rileva che — contrariamente a quanto si pensa — il Nuovo Testamento รจ piรน severo dell’Antico: l’Antico infatti condanna chi ruba, il Nuovo condanna chi non dร del suo. E noi che a volte, nei nostri sbrigativi esami di coscienza, diciamo: “rubare, non ho rubato…”.
“Nessuno si senta tranquillo dicendo: Non ho rubato nulla, mi godo quello mi appartiene legittimamente, poichรฉ questo ricco non รจ stato punito per aver rubato, ma perchรฉ si attaccรฒ avidamente alle cose che aveva ricevuto”.
Nella seconda parte del racconto, Gesรน racconta cosa accade nell’aldilร : Lazzaro รจ in paradiso e il riccone รจ all’inferno.
Si dice chiaramente che il paradiso e l’inferno non solo esistono, ma sono per sempre: il vangelo dice che sono separati da un abisso invalicabile. Ma quell’abisso, il riccone se l’era giร scavato durante la sua vita. Non l’aveva forse mai ammesso, ma nonostante i suoi beni, quell’uomo viveva giร all’inferno, chiuso in se stesso, incapace del bene. Ricordare che l’inferno esiste ed รจ eterno, e che addirittura comincia qui, non รจ una minaccia, ma uno stimolo a valutare quanto รจ preziosa questa vita che viviamo: puรฒ durare poco o tanto, ma questa vita che passa decide di un destino eterno.
Ancora san Gregorio nota come curiosamente non conosciamo il nome del ricco, ma solo il nome del povero: esattamente il contrario di quello che accade in questo mondo, dove solo certi nomi contano e sono conosciuti da tutti.
Ma vorrei attirare l’attenzione sulla frase che chiude il brano: “neanche se uno risuscitasse dai morti, sarebbero persuasi…”. ร impressionante, perchรฉ il Vangelo non conosce forza piรน potente della risurrezione di Cristo, ma l’aviditร insaziabile che รจ idolatria, ha il terribile potere di respingere la grazia della vita nuova in Cristo.
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