Intervista a Roberto Bignoli “Canzone per Maria”

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   di DON  VINCENZO VITALE

Una vita segnata dalla sofferenza, ma anche dall’inatteso incontro con
Cristo attraverso Maria e dall’evangelizzazione mediante la musica e il
canto. Incontriamo Roberto Bignoli, vincitore lo scorso ottobre del
premio internazionale Unity Awards.


di DON  VINCENZO VITALE

Una vita segnata dalla sofferenza, ma anche dall’inatteso incontro con
Cristo attraverso Maria e dall’evangelizzazione mediante la musica e il
canto. Incontriamo Roberto Bignoli, vincitore lo scorso ottobre del
premio internazionale Unity Awards.


"Dulcis Maria – Totus tuus":

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con questa canzone il milanese Roberto Bignoli ha vinto, lo scorso
ottobre negli Stati Uniti (a Phoenix) il premio Unity Awards 2007 della
Umcva (United Catholic Music and Video Association), il "Grammy" della
musica cristiana. Il legame del cantautore con Maria ha radici lontane
nel tempo e il suo primo album da cantautore cristiano s’intitola
proprio Canzone per Maria Ed. Sanpaolo  (1987).
Roberto appartiene a quel mondo della Christian Music che in Italia non
ha grande risonanza mediatica, eppure c’è e ha una notevole vitalità.
Essendo però un mondo dove non si cerca il successo immediato, ma si
testimonia la propria fede e si evangelizza con la musica, non
conquista le prime pagine e non fa cassetta. In altri Paesi, questo
mondo ha molto più spazio ed è capace di aggregare folle di giovani.
Anche in Italia esistono comunque movimenti di musica cristiana, che
organizzano festival e portano in giro la loro musica: "Il mondo canta
Maria", a Schio (VI), "Il mio Dio canta giovane", il "Festival
cristiano" a Lancusi, la "Rassegna internazionale della Canzone
religiosa" a Caposele, il multifestival Magnificat a Oropa (VC) e molti
altri…

Ma lasciamo a Roberto la parola. Anche se il dialogo è stato solo
telefonico, si avvertono un entusiasmo e una forza contagiosi. Una
forza che emana dalla speranza che lo riempie.
Vogliamo partire dalla canzone per cui hai vinto il premio, "Dulcis Maria"?
Si tratta di un lavoro a tre mani: nel senso che la musica l’ha
composta un cantautore "secolare", intendo del mondo della musica
leggera, Nico Fortarezza; poi c’è stata la collaborazione di don
Stefano Varnavà, un grande compositore di musica religiosa, ben
conosciuto in Italia. E questo per me è già importante: collaborare con
gli addetti ai lavori sia sul piano della musica sia su quello
ecclesiastico. Il terzo sono io. Maria è una figura legata tantissimo
alla mia vita, perché la mia storia, o il mio cammino di conversione,
nasce proprio attraverso la figura di Maria.

Chi è Maria nella tua vita?
Per me Maria oggi è il punto di riferimento da cui io attingo forza non
solo come uomo e come artista, ma anche come padre di famiglia. Lei è
stata ed è la strada per arrivare ad approfondire la bellezza del
mistero che è Cristo. Sono arrivato a questa bellezza – Cristo, e
Cristo vuol dire anche la sua Chiesa – attraverso l’incontro con Maria.
E questo grazie a un’esperienza che ho fatto nel 1984 a Medjugorje. La
mia storia e il mio cammino di conversione – anche se mi piace dire che
non sono convertito ma ogni giorno è un’occasione per rafforzare il
cammino di conversione – inizia nel 1984 a Medjugorje. Stavo vivendo un
periodo abbastanza buio. Attraverso un incontro con altri giovani e
accettando la loro proposta – più che altro incuriosito – sono andato e
ho vissuto quest’esperienza, in realtà estremamente semplice. Tutto
nell’ordinario.

Che cosa stavi vivendo?
Provenivo da un mondo giovanile e di ideologia completamente opposto a
quello della fede cristiana. Prima ero un ragazzo che cercava il
consenso con la musica, desiderava come tanti altri il successo, e
andare avanti senza pensare troppo a Dio, alla fede, a Maria. Uscivo da
un’esperienza politica, negli anni ’80, di estrema sinistra: ero molto
vicino ad Autonomia operaia. Era una forma di ribellione mia personale,
motivata da una vita abbastanza difficile sia come portatore di
handicap sia perché legato a un mondo di droga e del carcere, quindi a
dei grandi fallimenti. Far parte di una realtà politica rivoluzionaria
voleva dire riscattarmi verso un mondo che nei miei confronti era
sempre stato ingiusto.
Poi ho capito che non era con la violenza che potevo cambiare il mondo.
Ho lasciato tutto questo cercando di realizzare quello che ho sempre
desiderato, la canzone. Ma essendo portatore di handicap, non avevo i
requisiti secondo lo star system per entrare in un certo giro. E lì è
cascato tutto: se il valore di un uomo, il talento, lo si valuta solo
perché può essere bello, perfetto, impeccabile, allora a questo punto
io sono fuori. Lì entrai in una profonda crisi. Ed è proprio allora che
ci fu quest’accostamento a dei giovani, legati al Rinnovamento nello
Spirito, e con loro ho fatto quest’esperienza mariana a Medjugorje.


Che cosa hai vissuto lì?

Un’esperienza semplicissima, che mi ha portato a riflettere e a capire
tutto quello che era successo nella mia vita: la poliomielite, gli anni
negli istituti come portatore di handicap, una vita sulla strada legata
alla beat generation, la droga, il carcere, i movimenti politici.
Fallimenti su fallimenti fino a incontrare questa speranza che è Maria.
Da lì ho dato una svolta alla mia vita, ma a quel punto ho anche capito
che il talento della musica dovevo farlo fruttificare. Come?
Componendo, scrivendo altre canzoni, di carattere sociale,
esistenziale, anche preghiere, in modo che rispecchiassero quello che
stavo vivendo, ma annunciando la speranza attraverso i fallimenti della
mia vita. Raccontandola oggi la mia vita, essa diventa un po’ una
provocazione ma anche un messaggio di speranza, trattando alcuni
argomenti, come la solitudine, l’emarginazione, la droga, la violenza.
Oggi ancora tantissimi giovani vivono questi passaggi.


Come vivi la tua vita oggi?

Maria è per me un faro di luce, una stella, un cartello indicatorio,
che giorno dopo giorno, tra mille difficoltà, mi aiuta a crescere, a
superare gli ostacoli della vita. Che io abbia scoperto la vera
felicità, questo non significa che io sia un eterno felice! Ora ho una
chance in più, una certezza in più; ma ho tutte le contraddizioni che
quest’uomo, Roberto Bignoli, ha perché si confronta e cozza ogni giorno
con il suo mondo, un mondo fatto della sua famiglia, del rapporto con
la società, con il suo lavoro, con tante altre persone; cade e si
rialza, con quella forza, credibilità e certezza che lo aiutano a
riprendersi e ad andare avanti.


Quale messaggio cerchi di comunicare ai giovani quando li incontri?

Quello che cerco di dire loro è: usate la vostra bellezza, la vostra
intelligenza, la vostra sensibilità e cercate di ragionare, usando
queste risorse, senza lasciarvi condizionare. Quello che io racconto a
voi non è la verità assoluta: voi cogliete la cosa più bella,
custoditela nel vostro cuore, perché questo poi vi aiuterà. Si tratta
di intelligenza e di saper ascoltare. Quello che i giovani oggi
purtroppo non sanno fare è mettersi in ascolto degli altri, di quelli
che hanno qualcosa che forse ti provoca, magari ti porta a delle
rinunce.
Io invito sempre i giovani a utilizzare queste risorse, perché le
posseggono. Devono avere solo la capacità e il coraggio di mettersi in
gioco: ma se riescono ad accettare questo, diventano vincenti. Anche in
vista del futuro: non si è eternamente giovani!
Non voglio dire ai giovani: «Cambiate la vostra vita», ma «fate il
vostro percorso, però sappiate far tesoro di tutto quello che vi
arriva». Certo oggi è molto più difficile comunicare con i giovani.


Come va oggi l’ambiente della musica cristiana? Che potenzialità ha?

Rispetto ad altri Paesi, siamo ancora piuttosto indietro. La musica
cristiana è forte e ben seguita, da migliaia, anzi milioni di giovani
negli Stati Uniti, nell’America centrale, per non parlare poi di Paesi
come il Brasile o la Polonia, che hanno una capacità di usare i mezzi
di comunicazione molto superiore a noi. Ma non solo: hanno la capacità
di aggregare i giovani, una cosa che non riesco più a vedere in Italia.
Ho girato il mondo e veramente la musica cristiana in Europa e negli
Usa è diventata un forte strumento e la Chiesa lo sta valorizzando. È
una realtà straordinaria nel mondo.
In Italia, la musica cristiana esiste dal periodo successivo al
Vaticano II; il pioniere è stato Giosy Cento, poi grazie a lui è nato
il movimento "Il mio Dio canta giovane"; ma non dimentichiamo i Gen
rosso, i cantautori come Claudio Chieffo, che ritengo il top dei top.
Con Claudio ho avuto una bellissima amicizia e l’occasione di
raccontare insieme la nostra storia. Veramente un cantautore a 360
gradi.


Che ricordo hai di Claudio?

Claudio era un uomo di grande cultura, di grande spiritualità, un uomo
che ha testimoniato fino alla fine, nonostante la sofferenza e la
malattia, con un bellissimo concerto due anni fa al Meeting di Rimini.
Nonostante la situazione drammatica (aveva un tumore), comunicava la
sua sofferenza senza farla pesare, con un sorriso straordinario e un
rosario intorno al suo braccio, che lui non aveva mai portato e perciò
trovo molto significativo. Per me è come se avesse voluto dire: «Ecco,
dono le mie ultime note, la mia storia, la mia sofferenza, la metto
tutta nelle mani di Maria». Io, pur conoscendo Claudio, sapendo che
aveva anche lui un amore particolare per Maria, non l’ho mai visto con
questo segno. Per me è stata veramente una testimonianza straordinaria.
Quell’ultimo concerto è stato per me la conferma di questo amore e di
questa speranza che è Maria.

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Vincenzo Vitale