don Andrea Vena – Commento al Vangelo di domenica 27 Novembre 2022

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Iniziamo oggi un nuovo Anno Liturgico in cui saremo accompagnati dalla lettura del Vangelo di Mat teo. I testi della liturgia ci aiutano bene a sintonizzarci: venite, recita il versetto del salmo, “andiamo con  gioia incontro al Signore!”… “E’ ormai tempo di svegliarvi dal sonno, perché adesso la nostra salvezza è più  vicina…La notte è avanzata, il giorno è vicino”, ricorda san Paolo nella II lettura. Il Signore viene,“Sarà giudice  fra le genti e arbitro fra molti popoli”, sottolinea il profeta Isaia nella I lettura.

Questo spiega perché è necessario coltivare un corretto atteggiamento: “Tenetevi pronti perché nell’ora che non immaginate viene il Figlio  dell’uomo”, ricorda il vangelo. Una verità che noi professiamo nel Credo: “Verrà nella gloria per giudicare i vivi  e i morti e il suo Regno non avrà fine”, ma anche nell’acclamazione dopo la Consacrazione: “Annunziamo la  tua morte Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”.

E in tanti altri passaggi della  liturgia bene recitati a memoria, ma forse non altrettanto bene compresi. Ecco, il tempo dell’Avvento è soprattutto l’attesa della venuta del Signore: attesa che sempre abita il cuore del cristiano ma che in queste  settimane si fa più ardente, più orante. “Vieni, Signore Gesù, vieni presto!” (cf. Ap 22,17.20), è il grido della  Chiesa.

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Il commento continua dopo il video.

Le brevi pennellate introduttive ci permettono di capire come bene sintonizzarci nel vivere questo nuovo  Anno Liturgico, nuova opportunità che il Signore ci offre di vivere.  

Se è vero che l’Avvento è un tempo di preparazione al Natale di Nostro Signore Gesù, è altrettanto  vero che la I domenica non è orientata tanto a far memoria della prima venuta del Signore Gesù –la sua  nascita – quanto alla seconda venuta. Infatti il tema delle letture odierne coincide pressoché con quello di  domenica scorsa. Con una differenza: domenica scorsa abbiamo celebrato “la fine” dell’Anno Liturgico, ossia “il fine” della vita che è l’incontro con il Signore Gesù, Re dell’Universo; in questa prima domenica  dell’Anno Liturgico, invece, ci viene indicata la Meta verso cui siamo invitati a orientarci.

Il cammino  dell’Anno Liturgico, e quindi della vita, ha inizio con il focalizzare la fine del cammino, o meglio il fine della  vita: Gesù è la Meta della vita, della realtà, della storia. E a questo incontro è importante giungere preparati,  con le lampade accese e la necessaria riserva dell’olio della fede, della speranza, della carità (cfr Mt 25,1-13).  Ecco perché è importante tenere fisso lo sguardo alla Meta, dove c’è Chi ci attende, e alleggerire il bagaglio  della vita per camminare spediti: “Gettiamo via le opere delle tenebre e indossiamo le armi della luce. Com portiamoci onestamente come in pieno giorno: non in mezzo a orge e ubriachezze, non fra lussurie e impurità,  non in litigi e gelosie. Rivestitevi invece del Signore Gesù Cristo” (II lettura).  

Il testo del vangelo proposto dalla liturgia è tratto dal capitolo 24 di Matteo: si tratta di uno dei discorsi  “escatologici”, che riguardano cioè i tempi ultimi, di fronte ai quali Gesù ci mette in guardia per imparare ad  aggrapparci non alle cose futili, ma a saper scegliere ciò che dura nel tempo, in eterno.  

vv. 37 : «Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell’uomo. Infatti, come nei giorni che  precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in  cui Noè entrò nell’arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche  la venuta del Figlio dell’uomo».

In quest’ultima espressione si comprende bene che la venuta del Signore  avverrà all’improvviso, nessuno ne conosce modo e tempo. A dare forza a questa interpretazione sono le  parole del versetto 36 e il 44, con il quale si conclude il testo del vangelo odierno: “Quanto a quel giorno e a  quell’ora, nessuno lo sa, né gli angeli del cielo né il Figlio, ma solo il Padre” (versetto 36); “Perciò tenetevi pronti  perché nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo” (v. 44). Parole che suggeriscono due cose: la  prima, il Signore certamente verrà, non c’è dubbio alcuno. La seconda: la cosa importante non è conoscere  e ricercare tempi e modi del suo ritorno, come qualcuno tenterà di farci credere: «Badate di non lasciarvi  ingannare. Molti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e il “tempo è vicino”. Non andate dietro a loro» (cfr  Lc 21,8).

Ciò che conta, quindi, non è dedicarsi a capire come, dove, quando il Signore tornerà, ma coltivare una vita matura, sapendo vivere nell’attesa. Sapendo vivere scorgendo nelle cose di tutti i giorni la presenza  del Signore che viene, che interpella, che si dona. Vivere nell’attesa di Colui che deve venire permette di  vivere ogni attimo della vita, ogni cosa che si fa, sapendo che lì c’è Dio. Ogni cosa che faccio non è affidata  al caos, alla coincidenza, ma è esperienza che Dio dona per stare con Lui. Ogni momento della vita è abitato  da Dio. Ecco l’atteggiamento che ci viene chiesto di coltivare fin dall’inizio del cammino liturgico, per essere  così trovati sempre pronti all’ultimo invito, quando il Signore – Re dell’Universo – m’inviterà a entrare nella  sua Casa.  

40-44:Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l’altra lasciata. Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti  perché, nell’ora che non immaginate, viene il Figlio dell’uomo. 

Un’attesa che non chiede cose straordinarie. Al tempo di Noè la gente stava facendo le cose normali della  vita, dice il vangelo: mangiare, bere, sposarsi. Non stanno facendo nulla di male. Il problema stava nel fatto  che erano intenti “solo” in queste cose, come se la vita si potesse appiattire e concentrare solo nell’appaga mento personale, nella spensieratezza, nel piacere. Cose tutte che stordiscono se non sono accompagnate da consapevolezza, perché c’è sempre la concupiscenza, l’inclinazione a una vita superficiale (Gn 3; 1Gv  2,16). Infatti il testo dice: «Due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l’altro lasciato. Due donne  macineranno: una verrà portata via, l’altra lasciata…». Stavano facendo la stessa medesima cosa, eppure  l’epilogo è diverso. Perché per uno la vita finiva lì, non aveva altri orizzonti, non attendeva altro… Ma questo  solo il Signore lo può giudicare! 

In questo modo Gesù non invita a fare chissà quali cose, ma a fare le cose di sempre in modo diverso. Di  farle sapendo che non sono tutto, che non esauriscono la vita. Fare ogni cosa sapendo che si è “servi inutili”,  ossia che ogni cosa la si fa senza attendere sempre un’utilità di ritorno, ma la si fa per il gusto di farla per il  Signore (presente nel fratello che abbiamo accanto o per quello che mai incontreremo – vedi salvaguardia  del creato-). Così quando Lui viene, non si è imprigionati in ciò che si sta facendo, ma si è interiormente  liberi per lasciare ogni cosa pur di andarGli incontro.

Si sarà pronti a lasciare tutto, perché si va incontro al  Tutto della vita, Dio. E’ dentro la vita quotidiana che s’incontra il Signore, è nello scorrere delle cose di tutti  i giorni che il Signore passa, bussa e attende: “Sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi  apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me” (Ap 3,20). Il Signore si manifesta nell’ordinario della  vita, dentro le gioie e le fatiche di ogni giorno. A noi vivere la vita facendo le cose di sempre, ma sapendo di  andare incontro a Lui. Imparare a interrogare la vita e quanto in essa avviene: “Signore, cosa vuoi dirmi at traverso questa esperienza? Cosa vuoi dirmi attraverso questo incontro? Cosa vuoi dirmi attraverso questo mo mento…?”. Al tempo di Noè, invece, la gente viveva tanto per vivere, senza dare ragione del suo agire, come  anestetizzati, ipnotizzati dagli affanni della vita. Questo modo di condurre l’esistenza non permette di costruire la casa della vita su fondamenta solide e alla fine viene la pioggia-il diluvio e spazza via tutto (cfr la  casa sulla sabbia Mt 7,24ss).  

Dunque dobbiamo svegliarci dal sonno – II lettura -, reagire di fronte all’intontimento spirituale dal quale  spesso ci lasciamo prendere. Gesù, il Signore, è il Veniente (cfr Mt 21,9): viene a noi e noi– come recita il  salmo – siamo chiamati ad andargli incontro con gioia. Perché Gesù ci ama, vuole solo il nostro bene, la  nostra salvezza. Il cammino della vita è un vivere pensando a Lui, un continuo lasciarsi guardare da Lui, certi  che il suo è uno sguardo d’amore. Gesù viene dentro la vita. Dentro le cose ordinarie della vita. Ripensiamo  solo alle parole di Gesù: “Avevo fame…avevo sete…ero forestiero” (Mt 25). Tutte cose ordinarie. Quotidiane.  Allora fare ogni cosa, vegliando. Veglia chi aspetta qualcuno, veglia chi pensa che c’è qualcosa per cui merita  attendere. Imparare quindi a guardare oltre le cose e prepararsi ad accogliere Chi viene “dentro le cose di  tutti i giorni”. Ecco l’Avvento. Ecco la vita.

Leggi qui la preghiera per domenica prossima.

Il commento al Vangelo di domenica 27 novembre 2022 curato da don Andrea Vena. Canale YouTube.

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