Arcidiocesi di Pisa – Commento al Vangelo del 29 Agosto 2021

517

Scribi e farisei, coloro che conoscono e osservano la Legge, obiettano a Gesù che i suoi discepoli si accostano al cibo con mani immonde, contravvenendo così alla “tradizione degli antichi”. Questi esponenti religiosi manifestano, in tal modo, che la loro attenzione è tutta rivolta verso un mero legalismo, dal quale pensano di ricavare, se trovati ad operare secondo determinati comandi e precetti, la ricompensa divina. Essi ritengono, in ultima analisi, di compiere il bene se fanno delle “cose”; di compiere il male se ne fanno altre. L’insegnamento di Gesù è volto a smascherare una religiosità legalistica, che non può altro che relegare l’uomo nella paura di non essere abbastanza degno dell’amore di Dio o, per contro, nella persuasione di meritare tale amore in base a ciò che ha o che fa.

Gesù punta dritto al cuore dell’uomo, insegnandogli che il principio del bene e del male non è nelle cose della realtà esterna, ma nel suo cuore. Gesù non ci chiede di essere perfetti ma di presentarci, per mezzo di Lui, al Padre così come siamo, come sue creature desiderate e amate. Nessuno può dirsi perfetto; le nostre ferite e i nostri limiti ci inducono alle volte a sbagliare. Ma la bella notizia sta nel fatto che Dio ci ama comunque, così come siamo, con le nostre mani “sporche”, e non per quello che crediamo di avere raggiunto secondo logiche umane (i “precetti di uomini” di cui parla Gesù). Il comandamento dell’amore, di fronte al quale ogni antico precetto esteriore perde di senso, ci insegna che l’amore è gratuito, che è dono totale di sé, nella propria umanità fragile e peccatrice per sua natura, ma redenta per sempre da Gesù e da sempre amata da Dio.

Sono consapevole del male e del bene che possono venire dal mio cuore? Il fine delle mie parole e delle mie azioni è l’esteriorità e il plauso degli uomini o un servizio per meglio amare Dio, il prossimo e me stesso?

Preghiera finale

Chi mi farà riposare in Te, chi ti farà venire nel mio cuore a inebriarlo?
Allora dimenticherei i miei mali, e il mio unico bene abbraccerei: Te.
Cosa sei Tu per me? Abbi misericordia, affinché io parli. […]
Oh, dimmi, per la tua misericordia, Signore, Dio mio, cosa sei per me?
Di’ all’anima mia: la salvezza tua io sono. Dillo, che io l’oda.
Ecco, le orecchie del mio cuore stanno davanti alla tua bocca, o Signore.
Aprile e di’ all’anima mia: la salvezza tua io sono.
Rincorrendo questa voce io ti raggiungerò,
e Tu non celarmi il tuo volto.
Che io muoia per non morire, per vederlo.
(Sant’Agostino d’Ippona)


AUTORE: Consiglio Diocesano di Azione Cattolica di Pisa, Beatrice Granaroli
FONTE: Ascolta e Medita – Centro Pastorale per l’Evangelizzazione e la Catechesi