[divider style=”solid” top=”10″ bottom=”10″]
Il testo ed il commento al Vangelo di oggi,
20 Novembre 2016 – Lc 23, 35-43
XXXIII Settimana del Tempo Ordinario – Anno II
[divider style=”solid” top=”10″ bottom=”10″]
[box type=”shadow” align=”” class=”” width=””]
[one_half]
- Colore liturgico: Bianco
- Periodo: Seconda settimana del Salterio
- Domenica – 34.a Tempo Ordinario
- Il Santo di oggi: CRISTO RE DELL’UNIVERSO – S. Benigno – [P]
- Andremo con gioia alla casa del Signore
- Letture del giorno: 2 Sam 5, 1-3; Sal 121; Col 1, 12-20; Lc 23, 35-43
[ads2]
[/one_half][one_half_last]
Lc 23, 35-43
Dal Vangelo secondo Luca
In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l’eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
C: Parola del Signore.
A: Lode a Te o Cristo.
[/one_half_last]
[/box]
Commento al Vangelo del giorno – Lc 23, 35-43
Commento a cura dei Monaci Benedettini
Questi è il re dei Giudei.
«Gesù Nazzareno Re dei Giudei»: una scritta prima posta sul legno della croce, poi più significativamente nel cuore dei fedeli. La regalità di Cristo trae la sua prima origine dalla stessa incarnazione. Il Signore assumendo la nostra natura umana, diventava non solo primogenito dal Padre, ma anche nostro primogenito nell’ordine della grazia.
Il suo trono però, dopo la culla di Betlemme, è la croce, quel legno che l’uccide, ma che è la nostra salvezza, che esprime il massimo dell’amore con il dono della vita. Quanto è diversa la regalità di Cristo da quella degli uomini! Sul suo trono viene deriso e oltraggiato: «Il popolo stava a vedere, i capi invece lo schernivano dicendo: «Ha salvato gli altri, salvi se stesso, se è il Cristo di Dio, il suo eletto».
Ci resta difficile, se non sorretti dalla fede, comprendere come in quell’apparente immobilismo, in quell’esplicito e volontario rifiuto di usare per sé la potenza che aveva usata a favore di altri, sta la vera grandezza del nostro Re. Perché sta compiendo fino in fondo l’opera del Padre suo, perché egli nella sua misericordia può garantire il paradiso al buon ladrone, egli ci rivela la sua vera divina grandezza, la sua Regalità e la sua Signorìa.
Quell’umile preghiera: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno», quella immediata risposta: «In verità ti dico, oggi sarai con me nel paradiso», fanno di noi non più i sudditi ma figli grati e devoti del grande Re. Quella stessa preghiera con accenti diversi si è ripetuta infinite volte e altrettante sono state le risposte di salvezza. Un re crocifisso è il nostro re, ma sappiamo che poi il crocifisso è risorto, egli è diventato il trionfatore sulla morte, colui che ha cancellato i nostri peccati, colui che ha potuto dire non solo di essere risorto nel mattino di Pasqua, ma di essere egli stesso nella sua persona la Risurrezione e la vita per chi vuole vivere e credere in Lui.
Dobbiamo perciò aggiungere al titolo regale quello di redentore, di trionfatore sulla morte e sul peccato, quello di avvocato nostro presso il Padre, di eterno sacerdote che intercede per la nostra personale ed universale salvezza.
Per renderci convinti di questa sua divina regalità egli ha voluto rendersi presente e vivo dentro ciascuno di noi, con una comunione che non è soltanto quella della fede, ma del suo corpo e del suo sangue, quella comunione che ci deìfica annullando in noi quella natura corrotta dal peccato per sostituirla con la sua natura immacolata e perfetta. È questo il dono supremo del nostro Re.
Questo il motivo che fa di noi gli eterni cantori della sua bontà , che ci fa gridare: «Noi vogliamo che costui regni su di noi!».