Gesuiti – Commento al Vangelo del giorno, 10 Agosto 2022

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Penso a ciò a cui tengo di più. La persona più cara; la relazione più importante; il progetto su cui ho investito di più; il luogo a cui sono più legato; la cosa di cui ho più bisogno… Come puoi, Signore, chiedermi di odiare tutto questo?

Penso a ciò che temo di più, a quello che assolutamente non sopporterei di perdere, alle cose senza cui non posso vivere. Come puoi, Signore, chiedermi di morire? Perché?

Il Signore non ci chiede di morire, ma di lasciarci trasformare. A volte la trasformazione potrà assomigliare a una spoliazione, potrà essere così radicale da sembrare una morte. Ma in realtà è vita: come quella del nuovo germoglio, della farfalla, del bambino strappato al tepore dell’utero․․․ Vita violenta, forse, ma vita. A volte è l’unico modo di ricordarci che non c’è niente che ci siamo meritati o guadagnati coi nostri progetti, non c’è niente che possiamo pretendere di mantenere per sempre perché è ‘nostro di diritto’: tutto è dono.

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È proprio per questo che noi possiamo stare tranquilli e sereni, senza arrabattarci a difendere i confini di quello che è nostro. Il Padre ha donato, lui saprà come far fruttare e come continuare a nutrirci.

Il Signore non ci chiede di “odiare” la nostra vita: nella lingua di Gesù questo verbo non aveva la connotazione emotiva negativa che ha nella nostra. “Odiare” qui significa semplicemente “non preferire”, “mettere al secondo posto”. Riservare il primo posto a Dio perché è Dio, e non per i doni che mi fa; così posso godermi fino in fondo tutti i beni che mi sono donati, perché rimangono segni che aprono a un amore più grande, e non diventano idoli che rendono schiavo.

Harambet

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Fonte: Get up and Walk – il vangelo quotidiano commentato