Figlie della Chiesa – Commento al Vangelo del 6 Agosto 2023

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Rileggendo il testo della Orazione Colletta del 6 agosto, festa della Trasfigurazione, ritornano alla memoria alcune immagini e risuonano nelle orecchie alcune note; occhio, lingua e orecchio si fermano su alcune parole, immagini, voci.

Le parole sono: Trasfigurazione / confermato / preannunciato / Figlio / Padri / amato / gloria.

Queste parole proiettano immagini di luce sfolgorante, di chiarore abbacinante.

La trasformazione del volto e del corpo – e quindi della figura – di Cristo, da fatto concreto del presente (Gesù è con i discepoli sul Monte Tabor) ad anticipazione del futuro (la potenza della resurrezione) in continuità con il passato (Gesù affiancato da Mosè ed Elia).

Le voci che si percepiscono sono quella di Gesù che conversa con i profeti Mosè ed Elia, la voce di Pietro che si rivolge a Gesù per proporre di “catturare” e fermare il momento; la voce del Padre che invita ad ascoltare il Figlio che ama.

La Trasfigurazione richiama a un’esperienza percettiva, simbolica ed emotiva senza pari, in cui i piani sensoriali si intersecano, i tempi coincidono e il messaggio di salvezza è esplicitato. Un’esperienza così totalizzante non si dimentica facilmente e si può rimanerne talmente colpiti, da non sapere bene cosa dire… Soprattutto suscita un cambiamento, perché il Figlio si rivela per quello che è veramente.

Pietro riconosce la sua inarrivabile bellezza.

Anche noi lo vedremo così come egli è; rimarremo senza parole per la sua bellezza e tutto in noi cambierà, alla luce dell’annuncio di ciò che avverrà, che è al tempo stesso una conferma di ciò che è stato rivelato ai nostri Padri nelle Scritture, di cui i profeti Mosè ed Elia sono il simbolo.

La tras-figurazione è anche pre-figurazione di ciò che vedremo e di ciò che saremo: dalla carne alla luce. Tutto ciò, perché siamo figli adottivi del Padre, che ci ha dato il suo Figlio, quello che Egli ama. Ce lo dona perché lo ascoltiamo, ne imitiamo la vita, gli atteggiamenti, la fede. Ce lo pone come esempio di figlio amato, voluto, scelto. Come scrive Henri Nouwen: “Il mondo persiste nei suoi sforzi per spingerci nell’oscurità del dubbio, della disistima, del rifiuto di noi stessi e della depressione… La grande battaglia spirituale inizia -e non finisce mai- con il rivendicare il nostro essere scelti. La nostra preziosità, unicità e individualità ci sono state date da Colui che ci ha scelto con infinito amore, un amore che esiste da tutta l’eternità”.

La trasfigurazione ci fa entrare in una relazione con Dio piena di fiducia; la Chiesa Madre ci guida ad entrare nel mistero anzitutto presentandoci la maestà e la dignità del Figlio dell’Uomo, come compare nel testo profetico di Daniele (7,9-10. 13-14): Colui che riceve dal Vegliardo potere, gloria e regno. Un Regno indistruttibile, in cui ogni creatura umana che vi aderisce trova il suo posto.

Con la seconda lettura, tratta da 2Pietro 1,16-19, veniamo rassicurati dalla testimonianza oculare dell’Apostolo Pietro. Egli non può dimenticare quel momento estasiante, in cui appunto i tre discepoli privilegiati hanno potuto contemplare la grandezza divina di Gesù e sentire la voce del Padre che dichiara tutto il suo amore per Lui.

Soprattutto comprendiamo che tale mistero non è chiuso in quel momento puntuale, ma continua a riverberare la sua luce nella vita dei discepoli di tutti i tempi. Essi, pur immersi ancora nelle tribolazioni terrene, trovano nella parola dei profeti la lampada, che continua a brillare in luogo oscuro, finché non spunti per ciascuno la Stella del mattino che è Cristo Gesù.

Quello stesso Gesù che nel brano evangelico di Matteo 17,1-9, dopo essersi manifestato nello splendore della vita divina che è in Lui e dopo il suo misterioso colloquio con Mosè ed Elia, ritorna tutto solo verso i suoi discepoli, confusi e impauriti, esortandoli a non temere …

Perché così è il cammino di ogni discepolo: dopo essere stato immerso nella teofania della “nube luminosa” cioè nella bellezza e grandezza divine, sperimentando contemporaneamente la visione di luce sfolgorante e l’ombra della nube che impaurisce, impara che occorre scendere dal monte santo, mantenendo nel segreto del cuore il “fuoco divorante” di una vicenda unica. Soltanto con la Risurrezione di Cristo, infatti,  la Trasfigurazione potrà essere pienamente compresa e svelata.

Dopo aver contemplato sul monte la realtà segreta di Gesù, che Egli non mostra sempre, il cristiano deve accettare di tornare nella pianura e lì restare, continuando a vivere di quell’esperienza vera, intima, profonda, con Lui.

Se sono cristiano è perché ciò che ho trovato in Cristo è più bello di quello che ho trovato nel mondo; e seguo il Signore non perché devo, o perché altrimenti mi sento in colpa, ma perché è bello! Pregare è bello, servire è bello, evangelizzare è bello, far felici i fratelli è bello, compiere la missione che Dio mi dà, è bello. È bello soprattutto essere, come Gesù e in Lui, figlio amato del Padre.

La festa della Trasfigurazione ci dice che possiamo conoscere la bellezza di Dio e riconoscerci in essa. Questo cambia tutte le prospettive: se stai soffrendo, se stai patendo, se stai attraversando una malattia, pensa bene di Dio: tutto avrà una direzione e un senso. Dio non ti abbandona, perché ti vuole bene, sta dalla tua parte, perché anche tu diventi bello, se credi alla bellezza di Dio.

Fonte – Figlie della Chiesa (Roma)