Enzo Bianchi – Commento al Vangelo del 13 Agosto 2023

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Anche la Roccia della fede dubita

Nella XVIII domenicaย per annumย (sulla quale questโ€™anno ha prevalso la festa della Trasfigurazione del Signore, 6 agosto) รจ prevista la lettura del racconto della moltiplicazione dei pani secondo Matteo (cf. Mt 14,13-21). Le folle, sapendo che Gesรน รจ andato in disparte, in un luogo solitario, lo seguono dalle loro cittร  e lo precedono sullโ€™altra riva del lago di Genesaret. Scendendo dalla barca Gesรน, sorpreso di vedere tante persone, รจ colto da viscerale compassione e, dopo aver donato โ€œla parola del Regnoโ€ e aver guarito i malati, dona loro il pane condiviso, in modo che tutti siano saziati.ย 

Subito dopo, rinviate le folle alle loro case, costringe i discepoli a salire sulla barca e a fare ritorno alla riva da cui erano partiti. Rimasto solo, sale sul monte, in disparte, a pregare, e venuta la sera รจ ancora lร  in preghiera solitaria. Secondo il quarto vangelo, dopo la moltiplicazione dei pani, quella gente in attesa di un liberatore politico che faccia regnare la giustizia e colmi tutti i poveri di cibo, vorrebbe proclamare Gesรน Re Messia, ed รจ per questo che Gesรน si ritira sul monte tutto solo (cf. Gv 6,14-15). Ecco dunque Gesรน in solitudine e in preghiera, sulla montagna, luogo non abitato, dove trova silenzio e quiete, montagna che per la Bibbia รจ il luogo delle grandi rivelazioni di Dio. Sappiamo che Matteo presenta la montagna come luogo della tentazione di Gesรน (cf. Mt 4,8-19), della proclamazione del discorso del Regno (cf. Mt 5-7), della trasfigurazione (cf. Mt 17,1-8), della missione consegnata ai discepoli dal Risorto (cf. Mt 28,16-20). Ma qui รจ luogo di solitudine e di preghiera.

Per noi umani la solitudine puรฒ essere buona o cattiva ma non possiamo dimenticare che essa รจ una dimensione essenziale della nostra vita, perchรฉ non รจ solo la veritร  piรน profonda che incontreremo nella morte ma resta una dimensione da cercare, da vivere per essere pienamente noi stessi nella libertร , per potere, in assenza di voci umane, ascoltare la voce di Dio che parla a ciascuno di noi nel cuore. Gesรน nella solitudine รจ unโ€™icona che dovremmo tenere piรน presente, proprio perchรฉ, nella sua umanitร  piena e assoluta, assunta nellโ€™incarnazione, ha cercato nella solitudine la volontร  del Padre, ha sentito e vissuto la propria vocazione messianica in un modo altro rispetto allโ€™attesa dominante di un Messia potente e dominatore; ha lottato nella solitudine contro le tentazioni, vincendo Satana grazie allโ€™unico sostegno della Parola di Dio, custodita, interpretata e pregata nel cuore. Nella solitudine Gesรน si รจ preparato ad acconsentire alla logica della croce, al perdono dei suoi nemici, allโ€™amare i suoi discepoli fino alla fine (cf. Gv 13,1). Ha vissuto almeno trentโ€™anni di solitudine prima della sua missione pubblica, dunque la solitudine non รจ stata per lui luogo di assenza ma di presenza di Dio.

E la vera solitudine, per essere luogo di tale presenza, deve essere piena di preghiera. Ecco perchรฉ i vangeli testimoniano a piรน riprese che Gesรน si ritirava in disparte per pregare. Ma cosโ€™era la preghiera di Gesรน? Innanzitutto ascolto di Dio, del padre, lโ€™โ€œAbbaโ€ (Mc 14,36), come egli lo invocava, educato dallโ€™ascolto delle sante Scritture del suo popolo. Gesรน le leggeva, le meditava, le interpretava, le pregava, le contemplava, operazione che per lui, come per ogni essere umano, avveniva nel cuore, organo centrale in cui ciascuno puรฒ discernere la voce di Dio: senza questo passaggio della parola di Dio nel cuore umano, la Parola stessa non raggiunge lโ€™uomo, dunque non puรฒ essere efficace. In questa sosta sulla montagna, dopo il segno-miracolo della moltiplicazione dei pani e dopo aver ricevuto โ€œlโ€™applausoโ€ dalle folle, Gesรน ancora una volta ascolta il Padre e sceglie nuovamente di essere il Messia povero, debole, che accetta anche il fallimento umano della sua missione, il Messia preda delle sofferenze, del rigetto e della morte ignominiosa del maledetto sulla croce (cf. Gal 3,13). Questo รจ il Gesรน che la chiesa e ciascuno di noi dobbiamo avere presente nel nostro vivere quotidiano, nella nostra lotta, nei nostri fallimenti, nelle nostre fragilitร .

Ma ecco che improvvisamente il Gesรน solitario e orante sulla montagna diventa il Gesรน Signore sulle acque in tempesta. La barca dei discepoli, durante la traversata notturna del lago, si trova in mezzo alla tempesta, รจ sbattuta dalle onde a causa del forte vento contrario. Sembra una notte interminabile in cui i discepoli lottano contro i marosi, nel buio fitto e nella paura. Come non vedere in questa barca unโ€™icona della comunitร  di Gesรน, della chiesa? I padri della chiesa hanno sempre interpretato cosรฌ questa barca lontana dalla riva e sbattuta dalle onde (apรฒ tรชs ghรชs apeรฎchen basanizรณmenon hypรฒ tรดn kymรกton). In ogni ora della storia la barca dei discepoli di Gesรน incrocia venti contrari e tempeste: non puรฒ essere diversamente in questo mondo, dove contro i discepoli di Gesรน si scatenano spesso opposizioni, inimicizie, persecuzioni. Qualcuno dice che quello attuale รจ un tempo in cui โ€œla barca si รจ riempita di acqua fino quasi a capovolgersiโ€, ed รจ vero; ma io direi che sempre, oggi come ieri, finchรฉ la barca non approderร  alle rive del regno di Dio, sarร  cosรฌ. Il vero problema non sta nella tempesta ma nella paura di quanti sono sulla barca, perchรฉ la paura รจ segno di poca fede nel Signore il quale, anche se non รจ sulla barca, รจ tuttavia il Signore della terra e del mare, di tutta la storia che, nelle sue mani, resta e resterร  storia di salvezza.

Verso la fine della notte i discepoli sulla barca vedono qualcuno che cammina sulle acque venendo verso di loro; ma invece di cogliere in quella figura Gesรน il Signore, pensano che sia un fantasma e hanno paura fino a gridare. Ma Gesรน, stando sulle acque, li rassicura: โ€œCoraggio, Io sono, non abbiate paura!โ€. Non รจ un fantasma che mette paura, ma รจ Gesรน, Signore sugli abissi della morte, sui vortici e sui marosi della vita, che viene e chiede di sconfiggere la paura, di esercitare il coraggio e la fede, la fiducia, perchรฉ lui รจ โ€œIo sonoโ€. Ecco apparire sulle labbra di Gesรน il Nome santo e glorioso di Dio rivelato a Mosรจ (cf. Es 3,14) e ripetuto dai profeti: โ€œIo sonoโ€ (Egรณ eimi). Colui che sembra assente, in veritร  รจ presente piรน che mai, e la sua barca resta la sua barca, sia che lui non vi sia sopra, sia che si trovi su di essa e dorma appoggiato a un cuscino (cf. Mc 4,37; Mt 8,24). E sempre, quando Gesรน ci viene incontro, prima che discerniamo pienamente la sua presenza, ci dice: โ€œCoraggio, non temete!โ€.

Pietro, secondo Marco e Matteo il primo chiamato (cf. Mc 1,16; Mt 4,18), reagisce dicendo: โ€œSignore (Kรฝrie), se sei tu, comandami di venire verso di te sulle acqueโ€. Egli vorrebbe essere dotato dei poteri di Gesรน, vorrebbe essere Signore delle acque, e allora quasi lo tenta: lo chiama Signore, con fede, ma cosa vuole provare? Gesรน gli risponde: โ€œVieni!โ€, e Pietro scende dalla barca e cammina sulle acque verso di lui; ma non appena sente la potenza del vento, ha paura e comincia a sprofondare, gridando: โ€œSignore, salvami!โ€. Ha provato, ma non รจ stato capace di rimanere in piedi sulle acque del mare di Galilea e, affondando, deve comprendere la propria debolezza, la propria incapacitร  di stare a galla, il che lo porta a invocare il Signore. Lo ripeto, Pietro comprende la propria fragilitร  e debolezza: quella di un โ€œuomo di poca fedeโ€ โ€“ come Gesรน lo definisce โ€“ che ha paura, che a volte tenta il Signore, ma che in ogni caso รจ riportato alla consapevolezza della propria miseria. รˆ cosรฌ che impara la veritร  di quellโ€™esclamazione profondamente cristiana che sarร  coniata da Bernardo di Clairvaux: โ€œOptanda infirmitas!โ€, โ€œO desiderabile, beata debolezza!โ€ (Discorsi sul Cantico dei cantici 25,7).

Sรฌ, Gesรน accetta la debolezza della nostra fede e ci tende la mano ogni volta che noi cadiamo o sprofondiamo. Pietro conoscerร  ancora questa esperienza, quando, dopo aver rinnegato Gesรน, si sentirร  nuovamente tendere da lui la mano, attraverso lo sguardo del Signore che si volta verso di lui (cf. Lc 22,61). โ€œKรฝrie eleรญson!โ€, โ€œSignore, abbi pietร  di me!โ€, ecco la preghiera del cristiano sempre, preghiera che nel profondo del cuore deve essere presenza costante, pronta a diventare parole che si fanno invocazione, in ogni momento di consapevolezza della propria fragilitร .

Poi Pietro e Gesรน risalgono sulla barca e il vento cessa. Allora tutti gli altri si prostrano davanti a Gesรน e confessano: โ€œDavvero tu sei Figlio di Dio!โ€, mostrando di aver compreso la parola di Gesรน (โ€œIo sonoโ€) e riconoscendo in lui il Signore, il Kรฝrios. Il cammino della chiesa, di ogni comunitร  cristiana, di ciascuno di noi, conosce e conoscerร  contrarietร , ore di paura, sofferenze e fatiche. Chi pensa che Gesรน Cristo sia un โ€œfantasmaโ€, un abbaglio, mostra di non avare la fede necessaria per dirsi ed essere suo discepolo e non riesce ad andare verso di lui, a raggiungerlo. Ma chi ha fede, a costo di camminare su acque in tempesta โ€“ metafora efficacissima โ€“, riesce a stare dietro a Gesรน, a incontrarlo come il Signore che gli dice: โ€œNon avere paura, Io sono!โ€.

Per gentile concessione dal blog di Enzo Bianchi