don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 3 Marzo 2023

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Venerdì della I settimana di Quaresima

Ez 18,21-28   Sal 129 

Dal libro del profeta Ezechièle (Ez 18,21-28)

Forse che io ho piacere della morte del malvagio, o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva?

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Così dice il Signore Dio: 

«Se il malvagio si allontana da tutti i peccati che ha commesso e osserva tutte le mie leggi e agisce con giustizia e rettitudine, egli vivrà, non morirà. Nessuna delle colpe commesse sarà più ricordata, ma vivrà per la giustizia che ha praticato. Forse che io ho piacere della morte del malvagio – oracolo del Signore – o non piuttosto che desista dalla sua condotta e viva? 

Ma se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male, imitando tutte le azioni abominevoli che l’empio commette, potrà egli vivere? Tutte le opere giuste da lui fatte saranno dimenticate; a causa della prevaricazione in cui è caduto e del peccato che ha commesso, egli morirà.

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Voi dite: “Non è retto il modo di agire del Signore”. Ascolta dunque, casa d’Israele: Non è retta la mia condotta o piuttosto non è retta la vostra? Se il giusto si allontana dalla giustizia e commette il male e a causa di questo muore, egli muore appunto per il male che ha commesso. E se il malvagio si converte dalla sua malvagità che ha commesso e compie ciò che è retto e giusto, egli fa vivere se stesso. Ha riflettuto, si è allontanato da tutte le colpe commesse: egli certo vivrà e non morirà».

Le opere del giusto

Mi pare di cogliere in questo ragionamento del profeta Ezechiele una distinzione tra le opere giuste e le opere del giusto. Non sono le opere giuste in sé che rendono giusta una persona, ma il fine per cui le compie. La condotta colpevole può nascondersi anche dietro le opere giuste, le quali, dice Dio non sono gradite e addirittura dimenticate al pari delle colpe del giusto che s’impegna ad allontanarsi dal peccato e a disaffezionarsi dalle abitudini cattive. Infatti, nella misura in cui distacca il cuore dal peccato e con uno spirito umile chiede a Dio il perdono, egli mette in pratica la legge dell’amore agendo veramente secondo la volontà di Dio con giustizia e rettitudine. A Dio è estranea ogni forma di vendetta o ritorsione. La morte non è una punizione di Dio inflitta al colpevole. Dio vuole il bene dell’uomo e che viva. In tal senso, coloro che credono di essere giusti per il fatto di mettere in pratica alla lettera la legge, ma senza assimilarne la sapienza pedagogica, e confidano in sé stessi e nelle loro opere difficilmente riconosceranno di essere bisognosi di perdono per convertirsi. Al contrario chi, contestualmente al rigetto del male che lo tenta, confida in Dio e si rifugia in Lui apre il suo cuore all’azione della Grazia che lo trasforma interiormente.

+ Dal Vangelo secondo Matteo Mt 5,20-26

Va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello.

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 

«Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

Avete inteso che fu detto agli antichi: “Non ucciderai”; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinèdrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.

Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.

Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!».

«Se tu presenti la tua offerta all’altare… » Gesù sta parlando della preghiera con la quale si rende culto a Dio. La liturgia non può essere staccata dalla vita concreta perché la relazione con Dio s’interseca con quelle fraterne. La giustizia non può ridursi al semplice rispetto delle regole ma deve coniugarsi con il rispetto dell’altro come persona, chiunque esso sia, anche il fratello con il quale si sono interrotti i rapporti a motivo di qualche dissidio. 

Il comandamento «non ucciderai» non ha solo la funzione di vietare l’omicidio ma anche il compito di educare la coscienza a non vedere il fratello né come una preda da cacciare, né come una minaccia da eliminare. Le ferite della paura e della rabbia generate da qualche ingiustizia, inducono a gestire il conflitto con l’aggressività del pensiero prima e poi delle parole e gesti offensivi. Si contravviene al precetto del «non uccidere» quando si rimuovono le persone dal cuore, non si curano i traumi del conflitto o, peggio ancora, quando essi vengono coperti dalle pratiche religiose. 

Ma è proprio la liturgia il luogo nel quale scoprirsi e mostrarsi feriti ricordando i conflitti e le persone coinvolte. Questa operazione non serve certamente per presentarsi al Signore come vittime innocenti della malvagità degli altri, ma per assumerci la responsabilità di dare il proprio contributo per sanare le ferite del conflitto. La preghiera non è la coperta che nasconde tutto sotto il manto della misericordia, ma è l’occasione per metterci a nudo davanti a Dio, rimetterci in cammino verso il fratello e porci al suo fianco nel comune itinerario di purificazione. 

L’offerta gradita a Dio è il sacrificio che facciamo nel ristabilire relazioni d’amore con i fratelli sforzandoci di guardarli con gli occhi di Dio e amarli con i suoi stessi sentimenti. 

Leggi la preghiera del giorno.

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna