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don Pasquale Giordano – Commento al Vangelo del 23 Dicembre 2023

Commento al brano del Vangelo di: Lc 1, 57-66

Tempo di custodire e coltivare i segni della speranza

Dal libro del profeta Malachìa Ml 3,1-4.23-24

Prima del giorno del Signore manderò il profeta Elìa.

Così dice il Signore:

«Ecco, io manderò un mio messaggero a preparare la via davanti a me e subito entrerà nel suo tempio il Signore che voi cercate; e l’angelo dell’alleanza, che voi sospirate, eccolo venire, dice il Signore degli eserciti.

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Chi sopporterà il giorno della sua venuta? Chi resisterà al suo apparire? Egli è come il fuoco del fonditore e come la lisciva dei lavandai. Siederà per fondere e purificare l’argento; purificherà i figli di Levi, li affinerà come oro e argento, perché possano offrire al Signore un’offerta secondo giustizia. Allora l’offerta di Giuda e di Gerusalemme sarà gradita al Signore come nei giorni antichi, come negli anni lontani.

Ecco, io invierò il profeta Elìa prima che giunga

il giorno grande e terribile del Signore:

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egli convertirà il cuore dei padri verso i figli

e il cuore dei figli verso i padri,

perché io, venendo,

non colpisca

la terra con lo sterminio».

Elia e il nuovo esodo

Il libro del profeta Malachìa è l’ultimo dell’Antico Testamento che si chiude con la promessa del ritorno di Elia. Nel testo della liturgia odierna la figura del profeta è associata a quella del messaggero che prepara l’avvento del Signore. Il linguaggio apocalittico, che caratterizza la parte centrale dell’oracolo profetico, descrive la visita di Dio con immagini che richiamano il giudizio finale con il quale si concluderà la storia di questo mondo per inaugurare un tempo nuovo.

La missione di Elìa è assolta da Giovanni Battista, il precursore di Gesù. Egli è l’angelo che guida il nuovo popolo d’Israele nell’esodo per introdurlo nella nuova alleanza con Dio. Il sangue di Cristo sulla croce ha la forza di purificare dai peccati e riconciliare con il Signore.

Dal Vangelo secondo Luca Lc 1,57-66

Nascita di Giovanni Battista.

In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva manifestato in lei la sua grande misericordia, e si rallegravano con lei.

Otto giorni dopo vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo con il nome di suo padre, Zaccarìa. Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».

Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. All’istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.

Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Tutti coloro che le udivano, le custodivano in cuor loro, dicendo: «Che sarà mai questo bambino?». E davvero la mano del Signore era con lui.

Tempo di custodire e coltivare i segni della speranza

Per Elisabetta il tempo dell’attesa è terminato e giunge finalmente quello in cui poter contemplare negli occhi del bimbo l’infinita misericordia di Dio. La nascita del bambino diventa motivo di gioia anche per i vicini e i parenti, i quali vorrebbero imporre al bambino il nome del padre, Zaccaria, per garantire il perpetuarsi del suo ricordo anche dopo la sua morte.

Le attenzioni sono concentrate su Zaccaria come lo erano state su Elisabetta quando si era accorta di essere in attesa di un figlio, quasi che il bambino fosse una sorta di premio di consolazione dopo le tante sofferenze e i tanti servizi offerti al tempio. Essi non hanno colto che quel bambino non è in funzione della felicità dei suoi anziani genitori, ma la sua nascita è preludio dell’avvento del Messia, che sarebbe venuto nel mondo dopo di lui. Elisabetta e Zaccaria sono concordi nel chiamare il bambino Giovanni, che significa “Dio usa misericordia”.

Se Zaccaria era diventato muto perché non aveva creduto alle parole dell’angelo, adesso la sua lingua si scioglie, vengono meno tutti i dubbi e le domande inutili. Quando, mettendo da parte ogni pretestuosa scusa che cela la nostra connaturale diffidenza, con scelte concrete confermiamo la parola di Dio, le nostre parole comunicano gioia, lode e benedizione.

La gioia della fede non nasce dall’aver ricevuto quello che ci si aspetta, ma dal riconoscere che non si è in balia del caso o di un cieco destino e che siamo sotto la potente mano di Dio che ci protegge, ci accompagna e ci guida sempre. Se lo cerchiamo per stringerci a lui soprattutto nel tempo della prova non rimarremo delusi.

Egli come un sapiente agricoltore sa custodire e coltivare in noi i semi della speranza. La nascita di Giovanni è segno che a Dio nulla è impossibile e che mantiene sempre le sue promesse. Coltiviamo questa speranza e confidiamo in Lui nei momenti più difficili della nostra vita?

Commento a cura di don Pasquale Giordano
Vicario episcopale per l’evangelizzazione e la catechesi e direttore del Centro di Spiritualità biblica a Matera

Fonte – il blog di don Pasquale “Tu hai Parole di vita eterna

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