Il Vangelo di questa domenica ci porta nel cuore di una delle grandi illusioni del nostro tempo: quella secondo cui la sicurezza della vita dipende da ciรฒ che si possiede. Un uomo si avvicina a Gesรน con una richiesta apparentemente legittima: che il Maestro intervenga per dirimere una questione ereditaria.
Ai tempi, i rabbini erano spesso interpellati per risolvere dispute familiari, eppure Gesรน sorprende: si sottrae, prende le distanze e rifiuta di essere coinvolto. Qual รจ la ragione di questo atteggiamento di Gesรน? Egli non si lascia strumentalizzare. Non รจ venuto per distribuire beni, ma per rivelare il Padre; non per soddisfare desideri materiali, ma per spalancare orizzonti eterni. Il Maestro coglie lโoccasione per smascherare la radice piรน profonda del problema: non รจ questione di giustizia civile, ma di aviditร del cuore.
โGuardatevi e tenetevi lontani da ogni cupidigia, perchรฉ anche se uno รจ nellโabbondanza, la sua vita non dipende da ciรฒ che egli possiedeโ (v. 15). ร una parola profetica che taglia in profonditร . Lโuomo pensa di vivere meglio se possiede di piรน, ma Gesรน ribalta la logica: la vera vita, quella che ha valore davanti a Dio, non si misura dalla quantitร di beni accumulati, bensรฌ dalla capacitร di amare, condividere e donarsi. La parabola che segue specifica ancora meglio.
Il protagonista รจ un uomo ricco, benedetto da un raccolto abbondante. Nulla di male, a prima vista. La benedizione non รจ peccato. Il problema nasce perรฒ nel cuore: questโuomo non vede altro che se stesso. Il suo sguardo non รจ su Dio e gli altri, ma solo su se stesso. Non pensa a ringraziare, non condivide, non si interroga sul senso di quel dono. Pensa solo a sรฉ, ai suoi magazzini, al suo futuro, al suo piacere: โmangia, bevi, godiโ. ร vittima di un edonismo autoreferenziale che chiude la vita in un orizzonte angusto e sterile, che oggi รจ molto diffuso, anche in noi e nel modo di pensare della nostra epoca.
Il monologo del ricco รจ rivelatore: usa sempre la prima persona โ โio, i miei raccolti, i miei magazzini, la mia animaโ. Non cโรจ spazio per Dio nรฉ per gli altri. Il suo errore non รจ nel non riconoscere e nel non condividere. ร un cuore isolato, che misura tutto secondo criteri mondani, e che dimentica la dimensione ultima dellโesistenza: la morte, che puรฒ arrivare โquesta notteโ (v. 20), quando meno lo si aspetta. Alla fine, Dio lo chiama โstoltoโ, perchรฉ ha vissuto senza sapienza, come se fosse padrone della propria vita, come se potesse garantirsi lโeternitร con i beni della terra.
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La conclusione รจ una sentenza che interpella ciascuno di noi: โCosรฌ รจ di chi accumula tesori per sรฉ, e non si arricchisce davanti a Dioโ. Viviamo, molte volte, come quellโuomo. Non riconosciamo i doni ricevuti. Non ci chiediamo da Chi e per chi ci siano stati dati. Accumuliamo, rincorriamo sicurezze materiali, trascurando ciรฒ che conta davvero: la relazione con Dio, la capacitร di amare, di servire, di guardare oltre noi stessi.
Arricchirsi davanti a Dio significa abitare la vita come responsabili di un dono, non come padroni. Significa apertura, gratitudine, libertร interiore, costruire relazioni fondate non sul profitto ma sulla comunione, sul dono, sul Vangelo. In un mondo dominato dalla logica del profitto, questa parola di Gesรน รจ piรน che mai necessaria: ci invita a fare un esame di coscienza radicale sullโeconomia del nostro cuore.
Cosa ammassiamo? Dove cerchiamo sicurezza? Cosa lasciamo quando ce ne andremo? Sappiamo che non siamo eterni? Che lo Spirito ci conceda la grazia di essere ricchi davanti a Dio, e poveri di tutto ciรฒ che ci rende ciechi al dono e sordi allโamore.
Per gentile concessione di don Luciano Labanca, dal suo sito.
