Don Luciano Labanca – Commento al Vangelo del 27 Marzo 2022

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La festa del ritorno

La musica e le danze della festa, organizzata dal padre al ritorno del suo figlio, sembrano trovare eco nel clima liturgico e spirituale di questa IV domenica di Quaresima,  solitamente detta “la domenica Laetare”, dalle parole latine dell’antifona iniziale della Messa: “Rallégrati (Laetare), Gerusalemme, e voi tutti che l’amate, riunitevi.

Esultate e gioite, voi che eravate nella tristezza: saziatevi dell’abbondanza della vostra consolazione”. Il clima di gioia per il ritorno del peccatore offre un certo sollievo nel percorso penitenziale della Quaresima, facendo sperimentare un assaggio della gioia pasquale. La conversione, infatti, è un’esperienza pasquale di ritorno alla vita dopo la morte, di ritrovarsi ed essere accolti dall’amore misericordioso del Padre, dopo essersi perduti nelle paludi del peccato.

Guardando con più specificità il brano di questa domenica, tratto dal capitolo 15° del Vangelo di Luca, quello che alcuni hanno definito “il Vangelo nel Vangelo”, veniamo immediatamente messi di fronte a due possibili atteggiamenti, impersonati da una parte da pubblicani e peccatori, che si avvicinano per ascoltare il Maestro con cuore umile e assetato, e dall’altra da farisei e scribi, che, al contrario, mormorano.

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Troppo spesso anche per noi la mormorazione, la lamentela e il pregiudizio diventano un modo di chiudere il canale dell’ascolto, precludendo la possibilità di riconoscere il modo di agire di Dio. Ed è proprio questa “fotografia” del cuore di Dio a rappresentare il messaggio principale della parabola. Egli è un Padre premuroso e rispettoso, capace di un amore così intenso da lasciare il figlio libero di partire e allontanarsi da Lui. Dio prende estremamente sul serio la nostra libertà. Non si impone mai, sebbene Egli continui a fissare quella strada in attesa del nostro ritorno.

Gli basta infatti vederci sulla via, sebbene da lontano, per capire che abbiamo scelto la strada di casa e riversare su di noi l’abbondanza del suo amore misericordioso. La riconciliazione con il Padre non è come quella umana o istituzionale, che ha bisogno di garanzie, negoziazioni e trattati bilaterali, in cui gli interessi di tutte le parti devono essere perfettamente bilanciati. Dio ama senza misura!

A Lui basta un segno di pentimento e di ritorno, per riconciliarsi con noi. La maggior parte dell’opera la fa Lui, come ci ricorda bene san Paolo nella Lettera ai Romani: “Dio dimostra il suo amore verso di noi nel fatto che, mentre eravamo ancora peccatori, Cristo è morto per noi” (Rm 5,8).

Quello da cui non può prescindere è la nostra volontà di ritornare, di abbandonare la via del male e del peccato! Senza pentimento e cambiamento, non può mai esserci la misericordia. La musica e le danze della festa, tuttavia, possono anche risultare moleste per qualcuno. È il caso del figlio maggiore, che – guarda caso – può essere proprio la personificazione degli scribi e dei farisei, impegnati nel mormorare piuttosto che nell’ascoltare.

Anche a questo figlio indignato il padre è pronto ad offrire attenzioni, supplicandolo insistentemente di entrare alla festa. La sua ostinazione e durezza, però, non gli fanno apprezzare il dono che ha sempre avuto: l’essere con il padre e l’essere parte della sua casa. Abbiamo tanto da riflettere su questa pagina evangelica oggi: dove possiamo collocarci?

Ci rivediamo di più in quel figlio che si allontana dal Padre in modo eclatante e rumoroso oppure in quello che, pur rimanendo apparentemente vicino, è lontano da Lui con il cuore? Di fronte a quest’Amore smisurato, qual è il nostro atteggiamento?

Siamo più come gli ammalati che hanno bisogno del medico, mendicando la sua Parola, oppure come quelli che presumono di essere sani e preferiscono spendere il loro tempo e le loro energie nella mormorazione, nel pregiudizio e nella critica distruttiva? In questo amore smisurato c’è spazio per tutti. L’invito alla festa vale per ciascuno, sempre!


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