don Giacomo Falco Brini – Commento al Vangelo di domenica 19 Marzo 2023

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QUEL LUMINOSO GIUDIZIO CHE CI SALVA

Il racconto che la liturgia di questa domenica mette sotto i nostri occhi รจ il celebre episodio della guarigione del nato cieco. La densitร  simbolica del segno che Gesรน compie รจ molto importante. La lunghezza narrativa e le varie le chiavi di lettura possibili ne sono la prova. Mi limito a commentarlo sulla falsariga delle antitesi verbali โ€œsapere/non sapereโ€ e โ€œvedere/non vedereโ€ che percorrono il cuore del racconto. Il cieco nato viene graziato dal Signore mentre i discepoli gli pongono una domanda che riflette il pensiero religioso piรน comune: se uno si trova addosso una menomazione avrร  sicuramente peccato o ereditato il peccato da qualche familiare, allora dicci come stanno le cose per costui. Questo modo di parlare e vedere la condizione di un uomo menomato viene capovolta da Gesรน (Gv 9,3). E qui cโ€™รจ giร  tutta la sfida della fede. Vedere qualcosa che ci ha fatto male o comunque che ci ha segnato, non piรน come un errore da cancellare, ma come luogo in cui Dio ci vuole parlare, un luogo in cui si vuole rivelare. E dunque venire a contatto con una sapienza nuova.

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La vicenda si complica a causa delle varie reazioni dei vicini e dei farisei che si imbattono nellโ€™uomo guarito dalla sua cecitร . Cโ€™รจ chi lo riconosce e chi non lo riconosce, cโ€™รจ chi si interroga e cโ€™รจ chi si incarta nelle proprie convinzioni, negando di trovarsi di fronte a un miracolo. Inizia un dissenso tra le persone che per prime si trovano a interrogare lโ€™ex-cieco. Questo perรฒ gli permette di raccontare come sono andate le cose. Ma alla domanda che chiede dove si trovi Gesรน, suo benefattore, egli non sa rispondere. รˆ il primo di una serie di โ€œnon soโ€ che compare sulle labbra dellโ€™uomo guarito (Gv 9,12). Penso che persino Socrate si sarebbe decisamente interessato di costui e della sua testimonianza, se come uomo e filosofo diceva che lโ€™unica cosa certa che sapeva, era โ€œsapere di non sapereโ€.ย E poi, davanti a un uomo che ha recuperato la vista, non si dovrebbe partire dal bene insperato che egli ha ricevuto? Noi esseri umani siamo spesso degli animali strani. Se qualcosa non rientra subito nella nostra logica siamo capaci di chiuderci nelle nostre 3-4 convinzioni, arrivando a sconfessare persino lโ€™evidenza:ย ma i Giudei non credettero di lui che fosse stato cieco e che avesse acquistato la vista.ย E si va a caccia di un sostegno alle proprie orgogliose (e quindi stupide) tesi, tormentando anche lโ€™anima di chi potrebbe godere con lโ€™interessato di quanto accaduto. Come quella dei genitori di quellโ€™ex-cieco che, sottoposti al pressante interrogatorio dei giudei, vengono sopraffatti piรน dalla paura che dalla sorpresa di ritrovare il proprio figlio guarito (Gv 9,19-23). Ma nemmeno la sincera confessione di costoro scalfisce la loro presunzione. Nel religioso รจ nascosto il volto piรน nauseante del potere. Che perรฒ non potrร  restare a lungo nascosto.

Nellโ€™ultimo interrogatorio infatti, esce allo scoperto: da gloria a Dio! Noi sappiamo che questโ€™uomo รจ un peccatore (Gv 9,24). Ecco la sicurezza (falsa) di chi vive la religione con il suo sapere per dominare sulle coscienze, pronto a giudicare sempre tutto e tutti, elevandosi sugli altri fino al disprezzo e allโ€™arroganza di escluderli dalla comunitร  (Gv 9,25-34). Tuttavia, la finissima ironia dellโ€™evangelista mette in risalto, per contrasto, cosa significhi la condizione di quellโ€™uomo beneficato da Dio che non si capacita delle continue interrogazioni a cui รจ sottoposto: egli che ha accolto il suo dono, anche se dichiarandosi insipiente sullโ€™identitร  del benefattore, giร  ne condivide il destino sofferente rimanendo lucido (= nella luce) nel suo ragionamento. Ogni uomo che incontra la bontร  di Dio e si incammina nella sua conoscenza, sperimenta subito lโ€™opposizione e lโ€™esclusione del mondo. Chi infatti serve le logiche della mentalitร  di questo mondo, non sa rallegrarsi del bene altrui, nรฉ lo persegue. Anzi, lo sente come una minaccia e non puรฒ accettarne la testimonianza: sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi? (Gv 9,34)

Il finale del vangelo ci aiuta a comprendere cosa cโ€™รจ in ballo per uno che vuole occuparsi seriamente della fede in Cristo. In ballo cโ€™รจ unโ€™immagine di Dio e unโ€™immagine dellโ€™uomo, il servire/amare Dio o un sistema religioso satanico, la sapienza di questo mondo o la sapienza della croce, conoscere realmente chi รจ Dio o conoscere soltanto le nostre idee su di Lui, credere o non credere al Signore Gesรน. Oppure, come direbbe lo stesso Giovanni evangelista, scegliere la luce o preferire le tenebre (cfr. Gv 3,19) Egli infatti, dopo aver completato la sua opera nel raggiungere il cuore dellโ€™uomo guarito con ben altra domanda (Gv 9,35), non lascia adito a dubbi su ciรฒ che le sue opere compiono tra gli uomini, al di lร  del bene immediato che procura: รจ per un giudizio che io sono venuto in questo mondo, perchรฉ coloro che non vedono, vedano; e quelli che vedono, diventino ciechi (Gv 9,39). Un giudizio misericordioso quello di Dio, anche se a una prima lettura di questi versetti puรฒ sembrare il contrario. Perchรฉ solo chi ammette di non vedere puรฒ permettere alla luce di fargli vedere. Ma a chi si dichiara vedente mentre vive nelle tenebre, il miglior servizio che gli possa fare la luce รจ quello di accecarlo. Forse allora, con il tempo e in libertร , scoprirร  di essere spiritualmente cieco dalla nascita e sceglierร  la luce. Come avvenne un giorno a Saulo di Tarso sulla via di Damasco. Diversamente, come ci dice Gesรน, il peccato rimane in chi preferisce restare nelle tenebre e non lasciarsi guarire (Gv 9,41).


AUTORE: d. Giacomo Falco Brini
FONTE: PREDICATELO SUI TETTI