don Francesco Pedrazzi – Commento al Vangelo del giorno – 15 Febbraio 2022

688

LA FORTEZZA CHE VINCE LA PAURA

A Brescia e in provincia oggi si celebra la festa dei Santi patroni martiri Faustino e Giovita. È interessante mettere in relazione queste figure con i testi della Parola della liturgia feriale.

San Giacomo scrive: «Beato l’uomo che resiste alla tentazione perché, dopo averla superata, riceverà la corona della vita, che il Signore ha promesso a quelli che lo amano… Nessuno, quando è tentato, dica: “Sono tentato da Dio”; perché Dio non può essere tentato al male ed egli non tenta nessuno». La parola “tentazione” traduce un termine di greco, che troviamo anche nel Padre nostro, e che può essere tradotto anche con “prova“. È proprio a partire da queste parole di san Giacomo che Benedetto XVI ha contestato la vecchia versione del Padre nostro nel suo libro Gesù di Nazareth (cfr. Gesù di Nazareth, 2007, pp. 118-121), chiedendo una nuova traduzione italiana.

Nella prova siamo chiamati a “resistere” tramite la virtù della fortezza, che è una delle quattro virtù cardinali, cioè presenti in ogni essere umano; al tempo stesso è un dono dello Spirito Santo che riceviamo tramite la preghiera. Le prove e le tentazioni non sono volute direttamente da Dio ma da Lui permesse per la nostra crescita spirituale. Senza il suo aiuto siamo destinati a soccombere e, d’altra parte, Egli non può soccorrerci se non glielo chiediamo. Questo è il significato delle parole del Padre nostro: «Non abbandonarci alla tentazione».

La Legenda maior racconta che i Santi Faustino e Giovita affrontarono con fermezza a più riprese la più dura delle prove: quella in cui dovevano scegliere tra la propria vita e il prestare culto agli idoli pagani, venendo meno alla fedeltà a Cristo e al primo comandamento.

L’imperatore Adriano in prima persona chiese ai due giovani di adorare il dio sole ma essi si rifiutarono. Ordinò perciò che fossero dati in pasto alle belve del circo e ma le fiere rimasero mansuete e si accovacciarono ai loro piedi. Il miracolo ebbe come effetto la conversione di molti spettatori, tra cui anche la moglie del governatore Italico, Afra che diverrà un giorno anche lei martire e sarà proclamata santa. Venne ordinato che i giovani fossero scorticati vivi e messi al rogo. Ancora una volta, come i giovani di cui parla il Libro di Daniele, affrontarono senza perdersi d’animo questa terribile prova. Il martirologio racconta come il fuoco non toccò nemmeno le vesti dei due condannati e le conversioni in città ebbero ancora più larga diffusione. Furono infine condannati a morte e decapitati a Brescia e il 15 febbraio, di un anno vicino al 130 d. C.,

Tutto questo ci ricorda che la fede in Dio è il primo rimedio a ogni paura e ogni ansia, dalle paure più grandi, come quella della morte, alle forme di agitazione relative ai problemi quotidiani, come nell’episodio narrato nel vangelo odierno. Gesù rimprovera i discepoli perché si lasciano prendere dall’affanno e dell’agitazione e discutono tra di loro, accusandosi a vicenda, per il fatto che «avevano dimenticato di prendere dei pani e non avevano con sé sulla barca che un solo pane». Dice loro: «Perché discutete che non avete pane? Non capite ancora e non comprendete? Avete il cuore indurito? Avete occhi e non vedete, avete orecchi e non udite? E non vi ricordate, quando ho spezzato i cinque pani per i cinquemila, quante ceste colme di pezzi avete portato via?».

Qualche anno dopo lo Spirito Santo avrebbe dato loro la fortezza per vincere anche la paura della morte.

O Maria, Regina dei martiri, aiutaci a vincere ogni ansia e inquietudine e insegnaci a confidare nella Bontà del Padre nostro quando siamo nella prova. Amen.

Fonte