don Cristiano Mauri – Commento al Vangelo del 7 Settembre 2020

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Il commento al Vangelo del giorno di don Cristiano Mauri.

Note per la comprensione del brano.

Gesù sfrutta di nuovo l’occasione del sabato per insegnare in sinagoga.

Dopo avervi in precedenza incontrato un tale posseduto da uno spirito immondo, stavolta si imbatte in un uomo dalla mano “secca”. Si tratta probabilmente di una paralisi alla mano destra, quella che simboleggia l’azione, il lavoro e anche la forza.

Non c’è nessuna richiesta di guarigione, nemmeno da parte dell’infermo. C’è solo la tensione creata dall’aspettativa maligna degli scribi e dei farisei.

La malattia di quell’uomo anziché essere oggetto delle loro attenzioni, è solo vista come una possibile trappola, un’occasione per aggiungere male al male che già c’è.

Tutto ciò è già paradossale in generale, ma lo è ancor più in un contesto in cui la malattia non era considerata una sventura individuale ma collettiva.

Essa aveva ha che fare con il peccato, perciò la presenza di un malato nella comunità indicava la presenza del male in senso proprio. Il popolo eletto doveva invece essere un popolo sano perché ciò era garanzia di libertà anche dal peccato. La malattia del singolo era dunque della comunità intera e il comportamento di scribi e farisei è, in questo senso, davvero inspiegabile.

Ad aggravare ulteriormente il loro atteggiamento è l’uso manipolatorio del sabato che, dal punto di vista delle loro trame maligne, dall’essere giorno della gioia, della liberazione, della salvezza e della comunione con Dio diviene strumento per colpire l’avversario e occasione per manipolare il sofferente.

Gesù, che legge i cuori, affronta la questione di petto, curando il male fisico dell’infermo e il male interiore dei suoi avversari.

La domanda che volge a questi ultimi sposta il piano della questione: non c’è in gioco una diatriba su un precetto, bensì una vita umana. Il piano non è giuridico ma morale. Il tema, infatti, non è esercitare la medicina o meno, ma fare del bene o fare il male e ad essere chiamati in causa sono proprio gli scribi e i farisei che si preoccupano della liceità di una guarigione ma non dei sentimenti omicidi che albergano nei loro cuori.

La formulazione della domanda è come una strettoia: non potranno rispondere che di sabato è lecito «distruggere» una persona o «condurla alla perdizione», ma nemmeno diranno mai che è lecito guarire.

Guarendo il malato, Gesù riafferma il vero significato del sabato come giorno di liberazione e salvezza, quelle operate dall’amore di Dio. L’obbedienza al comando dell’amore è dunque il vero compimento del sabato.

Se la terapia sulla mano del malato porta i suoi frutti, non altrettanto capita a quella sui cuori di scribi e farisei. Dopo il miracolo, una «follia» – così alla lettera – rabbiosa e accecante si impadronisce di loro facendoli andare fuori di sé. È il mistero sconcertante dell’amore che trova come risposta la violenza.

Spunti per la riflessione sul testo.

È sempre scioccante scoprire i lati oscuri delle persone che si stimano ed è tanto più sconvolgente quanto più grandi e luminose sono state le loro opere buone e le loro qualità positive.

È un’esperienza che credo a nessuno venga risparmiata, che riconosciamo senz’altro – se siamo onesti – anche in noi stessi e che ci riporta alla verità del fatto che l’animo umano è un abisso insondabile.

Come è possibile che in noi abitino contemporaneamente volontà, desideri, ispirazioni di una bellezza e di una nobiltà abbaglianti, insieme a pensieri e istinti distruttivi, progetti maliziosi se non addirittura malvagi?

In che modo capita che nutriamo sincere aspirazioni di bene e allo stesso tempo alimentiamo odiosi pensieri maligni? Perché in molte occasioni siamo capaci di grande sensibilità e in altre non ci tocca minimamente il destino dell’altro, nemmeno di fronte a un serio pericolo?

Che paradosso inspiegabile. Ma è un fatto. A volte ce ne accorgiamo e ne soffriamo drammaticamente. Altre ne siamo consapevoli e ci giustifichiamo. In moltissime situazioni non ne abbiamo nemmeno coscienza.

Se le tentazioni ci dicono qualcosa dell’umanità del Figlio di Dio, allora anche Gesù ha provato sulla sua pelle quanto il cuore umano – anche il suo cuore di uomo! – possa essere attratto dal buio quanto dalla luce.

E quella cha dà a scribi e farisei non è affatto una lezione, ma solo una mano tesa a chi è in balia delle contraddizioni dell’animo, dalle quali Gesù stesso non può non essere passato prendendole così su di sé.

La fede in questo Cristo ce la giochiamo anche nell’accogliere senza moralismi e nell’affrontare senza volontarismi il mistero di luci e ombre che è il cuore di ognuno di noi.

[…] Continua qui…

Fonte: il sito di don Cristiano

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