Di nuovo… รจ imbarazzante. Almeno nel Vangelo di Giovanni il primo miracolo รจ simpatico. Trasformi lโacqua in vino a un matrimonio e raccontandolo si rischia di vincere Italiaโs Got Talent. In quello di Marco prima cโรจ uno che nella sinagoga urla che Ti conosce, poi a casa di Simone va a finire che gli guarisci la suocera, che poi si mette a servire.
Che non รจ tanto per le brutte barzellette che questa guarigione ha propiziato. Oggi il problema รจ che rischiamo che qualcuno interrompa la messa accusandoci di essere i soliti maschilisti patriarcali. Allora bisogna che iniziamo col dire che il Vangelo di Marco usa solo cinque volte il verbo โservireโ: la prima in riferimento agli angeli. La seconda per questa anziana suocera senza nome. Poi Gesรน lo dice due volte di sรฉ – non sono venuto per essere servito ma per servire -.
Infine lo riferisce alle donne sotto la croce che – lo seguivano e lo servivano -. Quindi ci avviciniamo al brano di oggi in punta di piedi. Accompagnati da un avverbio particolarmente caro a Marco: subito. Cโรจ un urgenza bella che pervade tutto il Vangelo – quello che fa Gesรน -. E purtroppo una cattiva – la reazione degli scribi -.
La malattia della suocera non รจ di quelle che si curano con una pastiglina. Se da guarita si mette al servizio, la sua รจ la malattia dei discepoli che poi nella stessa casa litigheranno su chi รจ il primo. Con la differenza che questโanziana viene guarita โsubitoโ e diventa di fatto il prototipo dei discepoli cosรฌ come dovrebbero essere. Questo grazie al fatto che Pietro e colleghi Ti parlano di lei. Tu la rialzi, la resusciti, prendi il governo delle sue mani, del suo operare.ย
La scena successiva, con tutta la cittร che presenta ogni malato e ogni posseduto dal demonio – non spaventatevi: in tutto il Vangelo di Marco ce nโรจ solo uno che viene descritto in questo modo, a Gerasa – di nuovo cโinnervosisce: vengono presentati โtuttiโ e guariti โmoltiโ. Ci piacerebbe che i due gruppi coincidessero ma purtroppo non รจ cosรฌ.ย
ร sera, un tempo delicato della giornata. Siamo stanchi, nel Vangelo รจ il momento in cui attraversando il mare arrivano le tempeste. Ma anche lโora in cui ci si siede a tavola con Te per la Cena Pasquale. Quando Tu Ti sei cinto del grembiule e Ti sei messo a servire. ร ovvio che non permetti ai demoni di parlare. Loro Ti conoscono come Dio potente, di Te hanno paura. Non รจ questa la pubblicitร che cerchi, quella che nasce dalla paura. Non sono i demoni quelli che desideri che Ti annuncino.ย
Ultima scena: รจ mattina, ancora buio, Ti alzi – un altro verbo che troveremo la mattina di Pasqua -. Esci – quello che poi spiegherai essere il motivo della Tua venuta -. Vai in un luogo appartato – รจ dove ci si confronta con se stessi, dove sei stato tentato e dove incontriamo il Padre – e preghi. Cioรจ tiri fuori quello che vuoi, la radice di ogni desiderio.
Ti relazioni, Ti poni davanti al Padre. Offri a Lui la Tua volontร e fai Tua la Sua. La preghiera, sempre, in ogni tempo e in ogni religione รจ questo. Noi spesso la riduciamo al โdire le preghiereโ, ripetere formule care e consolatorie. Ma โpregareโ non รจ la voce: รจ il respiro, la vita che la genera. ร comunione. Tu accogli la volontร del Padre e sai che Lui accoglie la Tua. Cosรฌ รจ per noi. Solo che non ci siamo ancora arrivati.
Siamo lรฌ con Pietro che ti dร la caccia, col panico per averti perso, e tutta la liste di richieste di chi Ti attende. Tu sei oltre: predichi, annunci la buona notizia di un Dio che si รจ posto dalla nostra parte e scacci la confusione che ottenebra le nostre menti.
don Claudio Bolognesi
