don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 3 Gennaio 2022

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“Giovanni vedendo Gesù venire verso di lui…”. È una delle primissime immagini restituiteci dal vangelo: un Dio in cammino, e passo dopo passo si fa più vicino, viene verso di me, proprio verso di me. Abbiamo un terreno comune: ci muoviamo su strade destinate a incrociarsi. Strade, le nostre, che molto spesso registrano i segni di un allontanamento, di una distanza.

Dio si fa ricerca. E come? Non certo come il conquistatore, ma come l’ultimo nato del gregge, l’agnello appunto. Non porta il verdetto del giudice ma viene come l’animale per i sacrifici. È quanto il Battista attesta di lui: “Ecco l’agnello di Dio”. Gesù è colui che prende su di sé e toglie il peccato del mondo.

Sono le parole che in ogni Eucaristia vengono ripetute prima di accostarci a ricevere il sacramento, a testimoniare il Dio con cui ci apprestiamo a entrare in comunione. Se in tutte le religioni il sacrificio consiste nell’immolare qualcosa nei confronti della divinità, nel cristianesimo accade il contrario: è Dio che si immola per noi.

Continua il paradosso del vangelo che già nei giorni scorsi ci è stato consegnato. Qui tutto è capovolto: invece di chiedere sacrifici, Dio sacrifica se stesso.
È attraverso la croce che l’agnello porta a compimento l’opera di assumere e togliere il peccato del mondo. L’agnello traduce per noi uno stile e un orientamento.

Il Battista attesta che “questi è il Figlio di Dio”, cioè, così, non diversamente. Cioè in che modo? È la prima immagine che il vangelo di Giovanni ci consegna del Dio che nessuno ha mai visto e che solo il Figlio ha rivelato. Un Dio che si mette in fila con i peccatori, ultimo della fila, un Dio che china il capo, solidale con noi anche là dove noi non siamo solidali con noi stessi. Un Dio che accetta e assume la condizione di limite, di peccato e di morte, che diventa tutto ciò che noi siamo e non vorremmo essere, che è il contrario della proiezione dei nostri desideri. La vicenda di Gesù, e in modo particolare il suo venire al Giordano da Giovanni, mette in crisi ogni idea religiosa su Dio. Ci si rivela un Dio impensabile, scandaloso per tutti.

Il Dio che Gesù presenta è la liberazione da quel diabolico che da Adamo in poi tutti ci immaginiamo, piegandoci o ribellandoci a lui.
Ci si rivela un Dio che ha simpatia per l’uomo, ogni uomo, per quanto lontano, e si mette nella sua condizione per stare con lui: “questi è il Figlio di Dio”, così, non diversamente.

Capiamo perché Giovanni dica: “io non lo conoscevo”, cioè, non me lo immaginavo così. Il problema infatti è il riconoscerlo. È diverso il riconoscere dal semplice conoscere, come è diverso il vedere dal comprendere. Riconoscere colui che ci viene incontro per rivelarci la passione di Dio per ogni creatura.

È il Dio che ci battezza in Spirito Santo. Cosa vuol dire? È il Dio che ci immerge nello Spirito Santo, che ci immerge nella vita stessa di Dio. Il Dio che ci permette di assumere in noi i suoi stessi sentimenti. Comprendiamo così come la vita cristiana non sia questione di osservanze esteriori, ma sia una vita nello Spirito, una vita guidata dallo Spirito di Dio.

Di ciascuno di noi deve potersi dire: “questi è il Figlio di Dio”. Da che cosa poterlo riconoscere? Non certo da un rito compiuto un giorno lontano nel battesimo, ma da una vita che continuamente traduca lo stile della vita del Figlio. Di un Figlio che si avvicina ad una umanità che è segnata dal male e non fa su questo male delle discettazioni, ma lo assume, se ne fa carico.

Comprendiamo come l’opera dell’agnello che toglie il peccato del mondo sia un’opera mai conclusa. Tutte le volte in cui anche noi entriamo nelle situazioni per assumerle, per farle nostre, continua quel processo di chi si fa carico del male del mondo.

Gesù ha tolto, caricandosi sulle spalle. Dobbiamo riconoscere che non siamo molto credibili quando denunciamo, ma i pesi non sappiamo sfiorarli nemmeno con un dito. Caricarsi del peso, per condividerlo.


AUTORE: don Antonio SavoneFONTE CANALE YOUTUBETELEGRAM