don Antonio Savone – Commento al Vangelo del 15 Agosto 2020

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“Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente…”. Così Maria proclama mentre si lascia andare al cantico che rilegge l’amorevole opera di Dio per l’umanità. Tuttavia, mentre riconosceva quanto Dio aveva già compiuto in lei (permettere a Dio di assumere la nostra carne), non sapeva che il Signore avrebbe continuato a compiere in lei e per lei ancora altro (far sì che  sua carne stesse per sempre accanto a Dio). Che cos’è la sua gloriosa Assunzione se non l’ultima grande cosa compiuta in lei dall’Onnipotente in ordine alla sua vita terrena? Non poteva conoscere l’esperienza della corruzione chi aveva generato il Signore della vita.

Dio assume accanto a sé colei la cui esistenza è tutta racchiusa nell’ordine del fidarsi e del fare spazio: ha offerto, infatti, ospitalità al Signore stesso nel mistero dell’Incarnazione e ai suoi fratelli nella disponibilità della carità.

Dio assume accanto a sé tutto ciò che sulla terra già riluce di bellezza.

La festa dell’Assunzione di Maria ci ricorda che è degno di stare accanto a Dio tutto ciò che celebra già qui, già ora la vittoria sul nostro egoismo mentre è soggetto a corruzione tutto ciò che ha a che fare con il peccato, ossia con la decisione libera e consapevole di prescindere da Dio, di fare come se Egli non ci sia, rincorrendo un’autonomia tanto spesso declinata come capriccio e arbitrio.

Nessuno di noi potrà impedire che il nostro corpo conosca la naturale corruzione della morte ma ciascuno di noi può far sì che non si corrompa la propria anima.

Nel vangelo Gesù ci mette in guardia quando ci ricorda di temere colui che ha il potere di far perire e il corpo e l’anima nella Geenna (cfr. Mt 10,28). Che cosa accade quando a corrompersi è la nostra anima prima ancora che il nostro corpo? Accade che si smarrisce il senso di Dio e si perde quello della propria identità di creature e della propria dignità di figli. Quando ciò avviene ci si ritrova vittime di una sorta di indolenza che tutto giustifica senza avvertire alcuna capacità di indignazione e, perciò, di capacità di reagire. La corruzione interiore finisce per convincerci di una sorta di soddisfazione che talvolta può essere coniugata anche con una vita religiosa tutta esteriore. La corruzione interiore, quasi per un istinto di sopravvivenza, finisce per farci vivere la relazione con l’altro come un ostacolo e non come una responsabilità e una opportunità.

Se così stanno le cose, ci verrebbe da gridare con san Paolo: “Sono uno sventurato! Chi mi libererà da questo corpo votato alla morte?” (Rm 7,24). A noi che sperimentiamo tutta la fatica nel riuscire a compiere il bene, viene svelato che possiamo essere liberati solo dallo Spirito del Signore. È lui, infatti, che plasma ogni giorno di più l’uomo nuovo pensato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera. Chi più di Maria si è lasciata guidare dall’azione dello Spirito? Ha vissuto sulla terra ma radicata nella relazione con il suo Dio che le ha consentito di riconoscere i vari appelli nascosti in eventi che non poche volte avevano tutto il carattere del drammatico e del contraddittorio. Quando a guidarci non è più lo Spirito del Signore nulla ha più l’eloquenza di un senso, tutto si equivale, eventi luttuosi ed eventi lieti.

Nel contemplare Maria assunta in cielo è come se fossimo aiutati a vivere davanti alla porta dell’eternità.

Se non smarriamo la meta che ci sta davanti possiamo vivere il tempo che ci è dato nella dedizione e nella fiducia.

Se non smarriamo la bellezza per cui siamo fatti, difficilmente saremo catturati da ciò che è effimero.

Se non smarriamo la destinazione verso cui siamo incamminati, scopriremo che nulla e nessuno può colmare la nostra sete di grandezza, nulla è talmente piccolo da essere irrilevante e nulla è talmente vile da non conoscere perdono.

Se non smarriamo l’approdo da raggiungere, la vita non sarà mai un pellegrinaggio senza meta o una navigazione senza porto.


AUTORE: don Antonio Savone
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