don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 23 Aprile 2023

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3a Domenica di Pasqua

Una novità che ti cammina accanto

Lc 24,13-35

13 Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due [dei discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, 14 e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. 15 Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. 16 Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo. 17 Ed egli disse loro: «Che cosa sono questi discorsi che state facendo tra voi lungo il cammino?». Si fermarono, col volto triste; 18 uno di loro, di nome Clèopa, gli rispose: «Solo tu sei forestiero a Gerusalemme! Non sai ciò che vi è accaduto in questi giorni?». 19 Domandò loro: «Che cosa?». Gli risposero: «Ciò che riguarda Gesù, il Nazareno, che fu profeta potente in opere e in parole, davanti a Dio e a tutto il popolo; 20 come i capi dei sacerdoti e le nostre autorità lo hanno consegnato per farlo condannare a morte e lo hanno crocifisso. 21 Noi speravamo che egli fosse colui che avrebbe liberato Israele; con tutto ciò, sono passati tre giorni da quando queste cose sono accadute. 22 Ma alcune donne, delle nostre, ci hanno sconvolti; si sono recate al mattino alla tomba 23 e, non avendo trovato il suo corpo, sono venute a dirci di aver avuto anche una visione di angeli, i quali affermano che egli è vivo. 24 Alcuni dei nostri sono andati alla tomba e hanno trovato come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno visto». 25 Disse loro: «Stolti e lenti di cuore a credere in tutto ciò che hanno detto i profeti! 26 Non bisognava che il Cristo patisse queste sofferenze per entrare nella sua gloria?». 27 E, cominciando da Mosè e da tutti i profeti, spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui. 28 Quando furono vicini al villaggio dove erano diretti, egli fece come se dovesse andare più lontano. 29 Ma essi insistettero: «Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto». Egli entrò per rimanere con loro. 30 Quando fu a tavola con loro, prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. 31 Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero. Ma egli sparì dalla loro vista. 32 Ed essi dissero l’un l’altro: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via, quando ci spiegava le Scritture?». 33 Partirono senza indugio e fecero ritorno a Gerusalemme, dove trovarono riuniti gli Undici e gli altri che erano con loro, 34 i quali dicevano: «Davvero il Signore è risorto ed è apparso a Simone!». 35 Ed essi narravano ciò che era accaduto lungo la via e come l’avevano riconosciuto nello spezzare il pane.

Nella comunità dei credenti non si parlava di altro in quei giorni, come nella ‘comunità mediatica’ al tempo del Coronavirus non si è parlato di altro che non fosse contagio, riapertura, precauzioni. Tuttavia il distanziamento sociale, che ai nostri giorni si è reso necessario per difendere la vita, è ben diverso dal distanziamento spirituale dalla Chiesa delle origini, foriero di morte, che diversi discepoli manifestarono non reggendo allo scandalo della morte cruenta del Maestro. I due diretti ad Emmaus sono figura di un cristianesimo rassegnato, sfilacciato fino alla divisione, estinto, che non crede alla vittoria della vita.

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Eppure quanto sono umani i sentimenti di tristezza e smarrimento di questi due viandanti, come umanissima era stata la sofferenza di Cristo sulla croce! Possibile quindi che la condivisione di un medesimo dolore non crei un’occasione di incontro, non tracci la linea di una qualche speranza? La fuga dei due da Gerusalemme ci dice che, senza la presenza di Dio, il dolore ti pone in stato di perenne fuga da tutto ciò che te lo ricorda, e ciò significa vivere perennemente da fuggiaschi, perché il passato non può essere semplicemente rimosso. Cadi tu e cadono gli altri accanto a te, ossia la possibilità di una relazione piena e vivificante.

La novità viene proprio mentre scappi, prendendo la forma di passi e parole che si fanno vicini e discreti nello stesso tempo; la novità ti cammina accanto, se sei disposto ad ascoltare qualcosa di diverso dalla tua rabbia e dal senso di sconfitta che sembra insuperabile. Il Risorto c’è, anche se non viene subito riconosciuto; Lui però ci conosce e ci parla. Non pronuncia parole di condanna per la nostra incredulità o trattati di teologia per convincerci della sua onnipotenza, ma semplici domande: ‘Che hai, come stai? Perché questa faccia e queste brutte parole?’. Quando qualcuno ci ha chiesto qualcosa di simile, sapevamo bene che si interessava a noi, tuttavia, come i due discepoli, abbiamo risposto irritati perché veniva toccato un nervo scoperto: ‘Che me lo chiedi a fare, lo sai, è scontato!’.

È qui che si innesta invece la novità: se ti apri alla visita di Dio, nulla è scontato, neanche che il malessere ti faccia scivolare verso il baratro! Da fine pedagogo, Gesù fa tirare fuori ai discepoli ciò che li tormenta; il loro racconto è però soltanto ciò che gli occhi umani hanno visto, un necrologio. Hanno smarrito la memoria di fede, non ricordano che il Maestro, insieme alla passione e alla morte, aveva preannunciato la risurrezione. La storia è sempre quella per credenti e atei, la differenza sta in ciò che vuoi vedere; la vita è sempre quella per buoni e cattivi, la differenza sta in ciò che sei tu dentro. Non credono alle donne perché stanno ascoltando solo se stessi; sappiamo bene invece come la verità sia un concetto relazionale, non te la dai da solo, hai bisogno di riceverla da qualcuno.

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Occorre allora un cambio di passo che un altro ti può dettare, uno sguardo più attento; occorre la sapienza divina contenuta nella Scrittura per illuminare il presente e trasformarlo da fuga in cammino di libertà. Dopo che le parole di Dio hanno scaldato il cuore, sei pronto a ricevere il farmaco d’immortalità, il pane di una ritrovata comunione con Colui che ti ha mostrato una verità diversa e ti ha aperto nuovamente alla speranza. Il Risorto viene riconosciuto in un gesto consueto, quello del pane spezzato; non è solo il potere evocativo di un segno, ma l’Amore che, donandosi, ti nutre, e ti cura.

Accade adesso la complicazione in una storia che, dopo tante vicissitudini, sembrava volgersi verso un lieto fine. Perché «egli sparì dalla loro vista», proprio ora che era stato riconosciuto, che avrebbero potuto celebrare insieme la gioia del ritrovamento e davvero l’inizio di una nuova vita? Che bello pensare che Egli non è più accanto a loro perché è dentro di loro, nascosto in quel pane appena ricevuto, nell’Eucaristia.

È lì che oggi è possibile incontrare il Vivente, nella Parola che te lo annuncia e nel Pane che te lo comunica. «Partirono senza indugio» come tutti coloro che nella Bibbia hanno incontrato Dio, diventando portatori dell’unica verità capace di trasformare i cuori e dare gioia. Nasce la Chiesa, perché si trasmette la fede come una storia che racconti in quanto tu, e altri prima di te, l’hanno vissuta. Solo il Vivente ci riporta in vita e ci interroga profondamente sulla vitalità delle nostre comunità: siamo in cammino verso Lui, con Lui, o lontano da Lui? Lasciamoci incontrare da Colui che è pellegrino con noi.

Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si vivono. Commenti ai Vangeli della Domeniche dell’Anno A” disponibile presso:

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