don Antonino Sgrò – Commento al Vangelo di domenica 14 Maggio 2023

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6a Domenica di Pasqua

Il cammino dello Spirito nel cuore umano

Gv 14,15-21

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: 15 «Se mi amate, osserverete i miei comandamenti; 16 e io pregherò il Padre ed egli vi darà un altro Paràclito perché rimanga con voi per sempre, 17 lo Spirito della verità, che il mondo non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce. Voi lo conoscete perché egli rimane presso di voi e sarà in voi. 18 Non vi lascerò orfani: verrò da voi. 19 Ancora un poco e il mondo non mi vedrà più; voi invece mi vedrete, perché io vivo e voi vivrete. 20 In quel giorno voi saprete che io sono nel Padre mio e voi in me e io in voi. 21 Chi accoglie i miei comandamenti e li osserva, questi è colui che mi ama. Chi ama me sarà amato dal Padre mio e anch’io lo amerò e mi manifesterò a lui».

Le parole di Gesù, tratte dal primo dei tre discorsi d’addio pronunciati durante l’ultima cena, si aprono e chiudono col riferimento all’amore e all’osservanza dei comandamenti. Esse sembrerebbero due realtà inconciliabili, in quanto siamo abituati a pensare che l’amore appartenga alla dimensione dei sentimenti e della libertà, mentre i comandamenti a quella della volontà e dell’obbedienza. In realtà è Cristo a conciliare gli opposti, facendo riferimento non alle prescrizioni minuziose della Legge, che i farisei imponevano soffocando il popolo, bensì al duplice comandamento dell’amore, che costituisce la naturale propensione di un cuore abitato dallo Spirito. Infatti subito dopo il Maestro annuncia il dono del Paraclito; esso ha delle caratteristiche precise: conoscerle significa per noi disporci alla sua accoglienza, o meglio alla sua ‘inabitazione’ in noi.

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Lo Spirito è anzitutto dono del Padre, che lo invia proprio perché noi amiamo Gesù e osserviamo i suoi comandamenti. Già questo fuga ogni dubbio sullo stile della sequela, che deve essere vissuta nella gioia di sentirsi amati e rispondere con generosità a tale dono gratuito. L’appartenenza a Cristo non può essere caratterizzata da alcuna rigidità di costumi o condotte collaterali; difatti gli istituti apostolici che nel corso della storia della Chiesa hanno manifestato una durezza oltre ogni limite, qualche volta camuffavano dietro tale perfezionismo la corruzione dei loro membri e persino dei fondatori.

Ancora, lo Spirito è Paraclito, letteralmente ‘chiamato accanto’, il difensore che in tribunale suggeriva all’imputato cosa dire, colui che parla all’orecchio rivelando la verità. Egli rimane «per sempre», perché l’amore non ha mai scadenza, è l’unica cosa che resiste alla prova del tempo, se è vero amore. Difatti la caratteristica successiva è la verità, che nel quarto vangelo definisce anche Cristo, ‘via, verità e vita’. Ora, la verità del Figlio è, come lo Spirito, di essere Paraclito, ossia avvocato presso il Padre. Siamo in presenza di una rivelazione giovannea della Trinità, che si manifesta al credente ma non al mondo; quest’ultimo «non può ricevere perché non lo vede e non lo conosce». Vi è quindi un’opposizione tra il discepolo e chi è pervaso dallo spirito mondano il quale, dominato dalla menzogna, non riconosce l’amore e la verità dello Spirito.

Quante volte noi non ci vediamo dalla rabbia o dalla tristezza; qui Gesù sembra dire che la peggiore cecità è misconoscere la verità, perché evidentemente si è abitati da altre verità. Ricordo la presunzione con cui in occasione di una festività patronale si volevano ammantare di religioso alcune manifestazioni propriamente civili, anzi pagane. Ecco la peggiore manipolazione della verità: presentare come proveniente dallo Spirito di Dio ciò che invece deriva dallo spirito del mondo. La conoscenza del Paraclito avviene per connaturalità: lo Spirito «rimane presso di voi», informerà del suo stile mite, delicato, generoso tutto il vostro agire, vi renderà la sua presenza nel mondo.

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C’è un’effusione costante dello Spirito che si attua mediante la vita di coloro che, nutriti della Parola e dei sacramenti, diventano una benedizione per i fratelli. La benedizione richiama la trasmissione del dono da padre in figlio; infatti subito dopo Gesù aggiunge: «Non vi lascerò orfani». È grazie alla presenza dello Spirito in noi che possiamo percepirci figli di Dio. Oggi riflettiamo poco sul dono di essere figli. Non è una condizione come le altre, ma la ragione stessa del nostro esistere. Se non sei figlio, non sai da dove vieni e dove vai; se è più facile conoscere le nostre radici, perché hanno il volto dei genitori, più difficile è immaginare il volto del Padre al termine di questa vita terrena. Lo Spirto ci aiuta a desiderarlo ed essere certi che ci attende. Questo è accaduto per gli apostoli quando Gesù è asceso al cielo; la sua assenza fisica è stata colmata dall’anelito di ritrovarlo un giorno alla destra del Padre; la medesima certezza abita in noi, se non dimentichiamo che siamo destinati a dimorare nel seno della Trinità.

Ritorna il tema dell’amore che si esprime nell’osservanza dei comandamenti. Gesù non ci assegna una legge esterna che si impone alla nostra libertà, ma adesso la legge dell’amore è frutto di un cammino di crescente consapevolezza di un dono che viene dal Padre, ci suggerisce la verità, ci preserva dalla falsità del mondo, è fedele e ci ricorda che siamo figli. L’itinerario è completo: a noi l’impegno e la gioia di percorrerlo fino in fondo, fino al Padre.

Testo tratto (per gentile concessione dell’autore) dal libro “Parole che si vivono. Commenti ai Vangeli della Domeniche dell’Anno A” disponibile presso:

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